BUDAPEST
La città moderna sul Danubio sorta dall'unione di tre città distinte Buda, Obuda, in collina sulla destra del fiume, e Pest, in pianura, ha conglobato così anche l'area dell'antica Aquincum (v.), la capitale della Pannonia, già centro celtico Akink (per altre località archeologiche e relative raccolte v. pannonia).
1. Museo di Aquincum. - Si trova nel centro dell'area archeologica di Aquincum (v.), ma funzionalmente è una dipendenza del Dipartimento Storico delle Antichità del Museo Nazionale di B.; venne creato nel 1894 come un edificio di cinque ambienti nei quali si raccolsero gli oggetti minuti reperiti negli scavi (iniziati attorno al 1879); ampliato nel 1929 con un lapidarium che raccoglie un migliaio di pezzi. L'iscrizione più anticà datata risale all'anno 19-20 d. C. e testimonia la costruzione, in quello anno, dell'accampamento ausiliario di Obuda; forse la più importante è quella del legionario comasco L. Castricius, della fine del I sec. d. C., con bassorilievo di stile provinciale. Vi sono sarcofagi della fine del II sec. d. C., mediocri dal punto di vista artistico, ma con caratteristiche locali. Alcune sculture di tipo ellenistico-romano, certamente importate, fra le quali una statua di Giove rinvenuta recentemente. Altari con dediche a divinità locali: Epona, Saleciae, Sucellus. Frequenti, dalla fine del II sec. in poi, i resti di monumenti del culto di Mitra, del quale nella sola città civile furono trovati cinque santuarî. Si hanno vetri di importazione dall'Italia e, dal II sec., anche dalle province renane e orientali, ma non mancano tracce dell'esistenza di officine locali. Numerosi sono i frammenti di terra sigillata di età Antonina oltre ai pezzi di fabbricazione renana e gallica. Nel museo si conservano i i resti originali e la costruzione di un organo, con congegni in bronzo, trovati nella Schola dei Vigili e che costituisce un prezioso cimelio per la storia della musica. Si hanno frammenti di intonaci parietali dipinti e mosaici (a motivi geometrici), di tipo italico, del II sec. d. C. Notevole una statuetta in bronzo rappresentante un negretto, di tipo alessandrino.
(A. Kiss)
2. Museo Nazionale e Storico. - La collezione archeologica del Museo Storico nel Museo Nazionale Ungherese trae origine dalla donazione del conte Ferenc Széchenyi (novembre 1802) che gettò le basi del primo museo in Ungheria. Nel 1836 si iniziò, secondo i progetti di Mihály Pollack, la costruzione della sede attuale del museo, che doveva ospitare le sezioni di archeologia, numismatica, storia, etnografia, scienze naturali, nonché la biblioteca nazionale. Più tardi il notevole aumento del materiale rese necessario di sistemare le prime in un edificio a parte; la collezione storica e la biblioteca sono rimaste nella vecchia sede. Gli scavi iniziati dal museo nel 1847 aumentarono nel modo scientificamente più redditizio le collezioni. Più tardi fu sentita la necessità di separare il materiale relativo all'antichità classica da quello venuto in luce dal suolo ungherese e di collocarlo nel Museo di Belle Arti.
Il materiale archeologico vero e proprio del Museo Storico appartenente all'età preistorica, romana, e dell'alto Medioevo (età della migrazione dei popoli) è sistemato parte in depositi di studio dove è ordinato secondo criterî tecnici, e parte nelle sale di esposizione. Il lapidario riempie i corridoi del pianterreno, l'atrio ed i due cortili.
Parte del materiale più cospicuo merita attenzione per la somiglianza o l'imitazione delle opere classiche greche o romane; un'altra parte, invece, si segnala perché, sorta da radici locali, rivela le caratteristiche del gusto, conservatosi per varî secoli, della antica popolazione del bacino dei Carpazî, della Pannonia e poi dell'Ungheria.
Nel territorio ungherese le prime tracce di attività artistica risalgono all'Età Neolitica. I nostri idoli neolitici di terracotta, e specialmente la cosiddetta Venere di Kökénydomb proveniente dalla regione ad E del Tibisco, è uno degli esemplari più importanti della plastica neolitica europea (v. antropoidi, vasi).
Gli influssi ed i motivi provenienti, attraverso i Balcani, da territorî appartenenti all'ambito della civiltà micenea si presentano nell'Età del Bronzo, tra l'altro, nei dischi di osso e d'oro che, pur appartenendo cronologicamente ad un'epoca posteriore, appaiono sotto l'influenza di quella civiltà (v. materiale di Vattina, Füzesabony, Tiszafüred, ecc.). Anche il bracciale di Magyarbénye terminante in una doppia voluta rivela affinità con gli elementi decorativi della regione ellenica.
Gran parte dei tesori d'oro dell'antichità ritrovati in Ungheria risale alla prima Età del Ferro. La questione dell'origine delle civiltà della prima Età del Ferro in Ungheria non è ancora del tutto chiarita. E certo tuttavia che nei primi tempi esisterono rapporti commerciali tra l'Italia settentrionale e il bacino dei Carpazî: e lo attestano le urne tipo Villanova e le 15 ciste di bronzo del grande tesoro proveniente da Kurd, di fattura italica.
Intorno al 6oo a. C., appare nel bacino dei Carpazî un popolo nomade dell'Oriente: gli Sciti (v. scitica, arte). Tra gli avanzi della loro civiltà materiale, i più notevoli sono i cervi d'oro provenienti da Tópiászentmórton e da Zöldhalompuszta, che rivelano le caratteristiche dell'oreficeria della regione del Ponto. Entrambi sono venuti alla luce da una tomba principesca.
L'elemento etnico predominante della tarda Età del Ferro in Ungheria è quello dei Celti, venuti dall'Occidente. La loro ceramica prodotta col tornio ha rivoluzionato l'arte locale dei vasai; i loro utensili agricoli di ferro mostrano affinità persino con gli arnesi usati dai piccoli agricoltori dei tempi nostri. Nel territorio d'Ungheria furono essi a coniare le prime monete. In base agli esemplari della loro produzione artistica in possesso del museo possiamo rilevare due tipi: quello del gruppo degli oggetti eseguiti sotto l'influsso dell'antica arte celtica importata dall'Occidente, patria d'origine dei Celti; l'altro - di cui le ricerche non hanno finora potuto chiaramente individuare lo sviluppo - nato dall'influenza traco-illirica, e poi etrusco-italica, riscontrabile nella civiltà pannonica dei Celti. Quest'ultima si manifesta specialmente nella loro oreficeria.
Legami greco-etruschi sono individuabili nei tesori celtici scoperti a Szárazd-Regöly e conservati nella raccolta del Museo Nazionale, consistenti in grandi perle d'oro con raffigurazioni di maschere (I sec. a. C.). I rapporti con l'artigianato greco-etrusco si rivelano anche nella decorazione a filigrana ed a granulazioni delle perle, decorazione aliena all'arte formatasi nella terra d'origine del popolo celtico. Tale tecnica si era diffusa invece nei territorî traci ed illirici della penisola balcanica, nella toreutica risorta a nuova prosperità.
Un altro oggetto celtico artisticamente degno di rilievo è un riflesso della modellazione importata dall'occidente e nello stesso tempo dell'antica religione celtica. È una statua di bronzo proveniente da Báta, che raffigura un cinghiale, simbolo della divinità venerata nella Gallia: il cinghiale Mocco. L'artista, con gusto astratto, ha sottolineato le caratteristiche della figura dell'animale ed i particolari, come la criniera e le zanne, sono appena accennati con volute sottilmente stilizzate.
Nel I sec. d. C. avvenne quel grande cambiamento che inquadrò il territorio della Pannonia, la regione transdanubiana ungherese, nell'organismo dell'Impero romano, determinando per varî secoli le prospettive dello sviluppo della civiltà materiale e spirituale di questa zona.
I monumenti dell'età romana venuti alla luce dal suolo della Pannonia sono veramente ricchi di valori artistici, ma può forse avere un interesse anche maggiore osservare le impressioni che ispirano la creazione dei singoli oggetti d'arte. Nella Pannonia, situata nel centro della rete stradale dell'Impero romano e quasi nel centro dell'Impero stesso, ritroviamo nei prodotti d'arte i rappresentanti delle varie correnti stilistiche dell'Occidente, dell'Oriente e del Sud. Naturalmente, nel corso delle varie epoche e in seguito agli avvenimenti storici, prevaleva ora l'una ora l'altra di tali correnti.
Dell'immenso materiale archeologico provinciale in possesso del Museo Nazionale Ungherese non ci è consentito di ricordare in questo luogo che un numero esiguo.
Nel villaggio di Egyed del comitato di Sopron sono stati ritrovati cimeli consistenti in una hydrìa e in una patera. I due oggetti superano il livello medio dei cimeli comuni per la bellezza delle forme e l'alto pregio artistico. La funzione della hydrìa ornata di intarsi d'argento e raffigurante il mondo delle divinità egiziane è da ricercarsi nel culto di Iside. La parte interna della patera è riccamente decorata di intarsi d'oro e di argento; entro la cornice ornamentale è ritratta una scena col Nilo. I due vasi sono prodotti dell'oreficeria ellenistica d'Alessandria, in età augustea.
Un altro campo delle relazioni orientali dell'arte pannonica è illustrato da una statuetta d'avorio rappresentante Dioniso fanciullo e proveniente da Szombathely-Savaria; questo notevole esemplare costituisce, secondo le ricerche più recenti, una importante manifestazione dell'arte ellenistica siriaca del II sec. d. C.
La Pannonia è particolarmente ricca di reliquie di carri. I carri funebri avevano un ruolo importante specialmente nella fantasia religiosa della popolazione indigena. Tra i relativi monumenti il più bello è l'acroterio di carro a tre figure e palmette rinvenuto a Somodor. In mezzo una figura dionisiaca, forse il dio stesso; ai due lati la figura di Pan e quella di un satiro. La composizione del gruppo e i gesti delle figure rivelano uno spiccato senso artistico. Le recenti ricerche suppongono che le raffigurazioni dionisiache d'oltretomba provenienti da territorî traci e quelle bacchiche dei carri funebri della Pannonia siano sempre in relazione con il rito trace.
La statua di Atena scoperta a Tamási è forse il monumento che più si accosta all'antico ideale classico della divinità. Il suo modello è da ricercare nell'Atena del tempio di Afaia di Egina. L'arcaismo severo della figura e delle vesti, la modellazione ellenistica della testa attestano il carattere eclettico dell'opera. La statuetta è un prodotto della prima epoca antoniniana intorno alla metà del II sec.
I prodotti più caratteristici dell'artigianato della tarda età pannonica sono le lastrine di bronzo che ricoprivano gli scrignetti di legno per gioielli o articoli di toletta. L'esemplare di Pécs è forse storicamente significativo per le sue raffigurazioni, mentre la scena di tiaso sulla lastra di Kisárpás è un riflesso artistico della gioia di vivere e della religione degli antichi.
L'elmo ricoperto di lamine dorate d'argento e ornato di pietre, conosciuto come "elmo di Budapest - Eskü tér", è un prodotto dell'artigianato della tarda romanità che ha ormai abbandonato le forme e l'ornamentazione romane. La forma dell'elmo è di origine sarmatica, mentre nelle decorazioni appaiono già anche elementi germanici.
A Szekszárd, nell'Alizka dell'età romana, la scoperta notevole di una tomba paleocristiana dette una coppa di vetro del tipo dei vasi diatreti (v.). Nella parte inferiore sono scolpite tre chiocciole e tre pesci: sopra di essi gira una cornice fine, merlata e trapunta e con gli orli inclinati come petali, con sopra una scritta greca: "Sacrifica al pastore, bevi, e vivrai". È interessante osservare che anche altri vasi di vetro dimostrano stretti rapporti tra l'arte dei vetrai della Pannonia e della regione renana.
Risalgono al tempo paleocristiano e hanno nello stesso tempo qualche valore artistico i due frammenti di orli di piatti di marmo venuti alla luce a Csopak presso il lago Balaton e che chiariscono anche alcuni problemi dell'arianesimo della Pannonia.
Le devastazioni degli Unni che minacciavano sempre più e infine invasero il territorio dell'Impero romano decadente e delle sue province distrussero a poco a poco i monumenti dell'arte e della cultura romana per instaurare in loro vece una cultura del tutto nuova, di carattere barbaro e nomade.
(E. B. Thomas)
3. Museo di Belle Arti: Collezioni di antichità. - Le collezioni orientali del Museo di Belle Arti comprendono circa 2300 oggetti. Tavolette fittili di età sumerica e persiana con iscrizioni cuneiformi, sigilli (in gran parte sassanidi), piccoli bronzi, formano la sezione mesopotamica. Le collezioni egiziane, riordinate nel 1949, sono raccolte in due ambienti. Nel primo sono riuniti i monumenti funerarî, tra i quali sono di particolare interesse il frammento di una stele databile al Regno Antico, trovata ad Aquincum; la stele di Nōferhaut; alcuni canopi; numerosi sarcofagi lignei dipinti, tra i quali due del Nuovo Regno; quattro maschere funerarie di stucco dipinto; sei ritratti di mummia dipinti. Il secondo ambiente contiene i monumenti non funerarî, tra i quali sono particolarmente notevoli una statua di faraone del Medio Regno; un ritratto maschile di calcare del Nuovo Regno, la statua del principe Shoshenq inginocchiato, del periodo libico; alcuni rilievi provenienti da un tempio di età tolemaica; statuine lignee, piccoli bronzi, amuleti, scarabei, ed un gran numero di terrecotte.
Il nucleo delle collezioni greco-romane è composto da 135 sculture e 650 terrecotte acquistate, sotto la direzione di A. Hekler, tra il 1908 e il 1913 dalla Collezione Arndt, ampliato successivamente sino a comprendere circa 3200 oggetti mediante acquisti fatti sul mercato antiquario. Fra il 1943 e il 1952 sono state riunite dagli altri musei dell'Ungheria tutte le antichità provenienti da località dell'antichità classica, fra queste la collezione acquistata in Italia alla metà del sec. XIX dal pittore A. Haan e le antichità cartaginesi della Collezione F. Hopp. Sono state inoltre acquistate due notevoli collezioni private, quella di materiali raccolti dall'Ing. P. Gerster in occasione dei lavori del canale di Corinto e quella di antichità cipriote del conte F. Zichy. Gli oggetti sono stati riordinati dopo la guerra in quattro sale aperte al pubblico nel 1955. I materiali preistorici sono rappresentati da due idoletti cicladici, da un vaso cipriota a forma di toro della prima metà del II millennio, da numerose ceramiche micenee e cipriote. La cultura figurativa di età arcaica è documentata da ceramiche geometriche, rodie, protocorinzie e corinzie, attiche a figure nere, da numerose terrecotte votive, da un torso di koùros proveniente da Perinto databile nel secondo quarto del VI sec. Tra gli oggetti più notevoli del museo bisogna ricordare la cosiddetta oinochòe Grimani, capolavoro della tecnica del bronzo della seconda metà del V sec. a. C. La ceramica attica a figure rosse è rappresentata da numerosi esemplari, alcuni dei quali attribuiti ai Pittori di Brygos, di Villa Giulia, di Telefo. Alcune stele funerarie attiche, le copie di età romana dei ritratti di Tucidide, di Euripide, e della Tyche di Antiochia, un pregevolissimo originale del III sec. a. C. rappresentante una danzatrice, completano insieme a numerose terrecotte ed oreficerie il panorama del mondo greco di età classica ed ellenistica. Vasi di bucchero, bronzi etruschi, ceramiche àpule, lucane e campane ed un rilievo di calcare tenero da Lecce, databile al III sec. a. C., testimoniano la cultura figurativa della penisola italiana.
La scultura romana è rappresentata da numerosi ritratti di età repubblicana e imperiale, dal rilievo con Augusto e l'Apollo aziaco, da alcuni capitelli di pilastro del tempio di Vespasiano a Brescia. All'arte delle province appartengono un notevolissimo ritratto di filosofo della seconda metà del II sec., proveniente dall'Asia Minore e da un sarcofago di fabbrica attica con scene di caccia, rinvenuto a Salona. Completano le collezioni romane numerosi rilievi decorativi, alcune lastre fittili del tipo "Campana", frammenti di mosaico, bronzi, terrecotte e lucerne.
Una raccolta di circa 500 calchi di sculture antiche non è stata ancora esposta al pubblico per mancanza di spazio.
(J. Gy. Szilágyi)