bue
. Ricorre solo nella Commedia. In Pg X 56 Era intagliato lì nel marmo stesso / lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa, la scena, ricca di particolari, s'ispira a II Reg. 6.
In tutti gli altri casi la parola è adoperata come termine di un paragone: If XVII 75 Qui distorse la bocca e di fuor trasse / la lingua, come bue che 'l naso lecchi (il gesto di disprezzo, ma non il paragone, pare essere stato suggerito dalla Scrittura: cfr. Is. 57, 4); XXVII 7 Come 'l bue cicilian che mugghiò prima / col pianto di colui... / che l'avea temperato con sua lima / ... così...: il rumore confuso in cui si convertono i suoni emessi dalla fiamma dentro cui era rinchiuso Guido da Montefeltro viene paragonato ai muggiti bovini prodotti dalle vittime rinchiuse nel b. bronzeo di Falaride (v.); Pg XII 1 Di pari, come buoi che vanno a giogo, / m'andava io con quell'anima carca; XXXII 145 Le prime [teste] eran cornute come bue; nella descrizione della trasformazione in mostro del carro simboleggiante la Chiesa, D. si è ispirato al drago dalle sette teste e dalle dieci corna dell'Apocalisse (12). Il paragone come bue è solo suo.
Accanto a queste cinque occorrenze dantesche si possono ricordare alcuni versi di un sonetto scherzoso di Cecco Angiolieri all'indirizzo del poeta (Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo), in cui D. stesso viene paragonato a un b.: " E se di questo vòi dicere piùe, / Dante Alighier, i' t'averò a stancare, / ch'eo so' lo pungiglion e tu se' l bue ".