buffa
. Compare, in rima, in due luoghi dell'Inferno; in XXII 133 ha l'evidente valore di " beffa ", " burla ": Irato Calcabrina de la buffa, / volando dietro li tenne. Il termine è variamente interpretato in VII 61, dove Virgilio ammonisce D. de la corta buffa / d'i ben che son commessi a la fortuna. Il Torraca, il Casini e nel 1969 A. Sergi (Note dantesche, in " Mem. e Rendiconti Accad. Sc. Lett. Acireale " VII [1969] 225) spiegano b. come " soffio di vento " e, per traslato, come " vanità ", " instabilità " dei beni della fortuna (in questo caso, annota il Mattalia, corta risulterebbe pleonastico, perché l'idea di labilità è già implicita nell'espressione precedente). Il Del Lungo e il Parodi (Lingua 278), seguiti dalla maggior parte dei moderni, per analogia con If XXII 133 e con frequenti esempi nella letteratura precedente (Iacopone, Dottrinale di Iacopo Alighieri, Dittamondo di Fazio degli Uberti), preferiscono il valore di " inganno ", " gioco " di breve durata.