BULLA
Il nome b. designava presso i Romani ogni specie di oggetti di forma arrotondata, in apparenza gonfi, come una bolla d'acqua, ed anche alcuni ornamenti di mobili e di utensili d'uso che presentavano un somigliante aspetto. Si avvicinavano per la forma anche ad una specie di conchiglia che non si trova nel Mediterraneo e che arrivava quindi in quelle regioni per vie commerciali. Lo stesso nome designava una specie di capsula, di cuoio o di metallo, che veniva passata al collo. Il suo iniziale valore di amuleto si mutò poi in quello di un gioiello, usato dagli Etruschi presso i quali faceva parte dell'abito dei re e dei lucumoni. Tra i Romani, la b. era designata con l'àppellativo di Etruscum aurum. Dagli Etruschi l'uso della b. passò ai Romani, che l'usarono fino al IV sec. dell'Impero (v. Macrob., Sat., 1, 6, 9; Plin., Nat. hist., xxviii, 39; xxxiii, 84).
Questo oggetto era composto di due lamine metalliche, ordinariamente rotonde e lenticolari, unite e saldate l'una all'altra per i rispettivi orli. Esse contenevano normalmente amuleti per difendere dalle forze soprannaturali. I Romani le destinarono specialmente per i giovinetti, i quali le deponevano poi insieme con la pretesta, giunti alla età virile, e la offrivano agli dèi Lari al diciassettesimo anno di età. Esse rappresentavano il segno della nascita in condizione non servile (insignia ingenuitatis, Val. Max., v, 6, 8; signum libertatis, Schol. Iuv., 5, 164); ma furono poi concesse anche ai figli dei liberti.
In origine la b. aurea era usata dai ricchi, più tardi da tutti coloro che erano nati liberi. Anche le fanciulle pare abbiano portato la b. sino al matrimonio. Sembra che la b. fosse parte dell'abbigliamento sacro, di derivazione etrusca, del trionfatore. In Etruria si trovano bulle bronzee già in tombe del Periodo Geometrico e statuette di fanciulli portanti la bulla.
Parecchie sono le bulle conservate: ve ne sono di rotonde, a forma di cuore o di mezzaluna. Talune sono lisce, altre decorate con graffiti o rilievi (specialinente tra le etrusche) ottenuti a sbalzo su foglia d'oro.
Bibl.: A. Mau, in Pauly-Wissowa, s. v.; H. Gerstinger, in Reallex. Antike u. Christentum, II, 1954, s. v.; G. Becatti, Oreficerie antiche dalle minoiche alle barbariche, Roma 1955, con bibl. precedente.