MONALDESCHI, Buonconte
– Nacque nella seconda metà del XIII secolo, presumibilmente a Orvieto da Ugolino di Buonconte.
La frequente sovrapposizione dello stesso onomastico nei diversi rami dei Monaldeschi rende talvolta assai difficile determinare l’attribuzione delle testimonianze, tanto più quando esse sono isolate. Le diverse attestazioni risalenti agli anni 1351-1367 sarebbero da attribuire a un altro Buonconte, forse nipote del M., al quale andrebbero invece riferite le attestazioni risalenti al periodo tra il 1299 e il 1325.
Il nonno del M. fu tra i prigionieri rilasciati da Siena nel 1235 insieme con altri esponenti della famiglia. Presente a più riprese in atti e negozi anche fuori della città di origine – ad esempio, fu senatore di Roma nel 1255 –, nel 1269 è attestato tra i rettori del Comune di Orvieto e, l’anno seguente, concessore di una notevole somma allo stesso Comune, per pagare debiti contratti per vicende belliche. Il padre del M., Ugolino, è invece attestato nell’ultimo quarto del secolo XIII e nei primissimi anni del XIV, impegnato in transazioni riguardanti i rapporti tra Comune e contado e in incarichi che lo portavano fuori dei confini del territorio orvietano.
Agli inizi del Trecento il M. divenne protagonista diretto delle vicende politiche orvietane, in un momento in cui, dopo decenni di progressivo consolidamento del partito guelfo, iniziavano ad acuirsi le differenze e le tensioni, che sfociarono anche in violenti spargimenti di sangue, tra i vari rami dei guelfi Monaldeschi. Il ramo della famiglia cui apparteneva il M. era quello che si sarebbe denominato della Vipera.
Secondo Cipriano Manente, unica fonte per la ricostruzione di queste vicende, comunque successive all’ultima attestazione relativa al M., che risale al 1325, un ramo dei Monaldeschi scelse come simbolo un cervo, da cui la denominazione Cervara per indicarlo. Successivamente un ramo rivale della famiglia scelse il Cane, indicando così la volontà di perseguitare gli appartenenti al primo ramo. Sorsero quindi un terzo ramo, quello della Vipera, animale in grado di uccidere i primi due e, infine, un quarto, dell’Aquila, rapace in grado di attaccare gli altri tre. Sebbene tale divisione nella famiglia esplodesse in modo virulento intorno agli anni Trenta del Trecento, di certo già all’epoca del M. le tensioni tra le diverse parti in Orvieto erano arrivate a incrinare pesantemente una solidarietà della dinastia dei Monaldeschi, probabilmente anche in virtù della prolificità di vari suoi esponenti.
Il M. ebbe almeno quattro fratelli, Neri, Cittadino, Giovanni e l’arciprete Monaldo. Sempre per quanto le fonti lasciano trasparire, il M. ebbe quattro figli: Ugolino, che avrebbe ricoperto un ruolo assai importante nelle vicende orvietane, Monaldo, Benedetto, che sposò Violante Orsini, e Vanne, illegittimo.
In questo contesto di conflitti interni alla città di origine e alla stessa famiglia di appartenenza, il 22 apr. 1310, il M. fu nominato miles insieme con il fratello Giovanni; nel 1313 era uno dei Cinque, la commissione istituita per rafforzare e sfruttare a pieno la vittoria guelfa, in sostituzione della precedente istituzione dei Sette. I componenti della commissione erano in origine tutti nobili, esponenti di spicco delle famiglia guelfe: tra queste, i Monaldeschi esprimevano due o tre nomi, in considerazione di una loro primazia ma anche, possiamo supporre, di un’articolazione interna.
Il 14 ott. 1313 il M. era presente al momento della conferma degli accordi tra Orvieto e Perugia, stipulata a Città della Pieve. Nel 1314, stando a Luca di Domenico Manenti, fu tra i condottieri dei cento cavalieri che la città mandò a sostegno dei fiorentini contro Uguccione Della Faggiuola. Sempre nell’ambito del sostegno dato da Orvieto a Firenze, nel 1315 il M. fu tra coloro i quali offrirono denaro nella raccolta organizzata dal Comune.
Il M. era, dunque, nelle posizioni dominanti della vita pubblica orvietana e disponeva di notevoli patrimoni terrieri e monetari: nel 1317 risulta fideiussore con altri, a favore di Vanni del fu Galasso e del fratello, i quali ricevevano dal Comune i castelli di Bisenzio e di Capodimonte con i loro territori, affinché li tenessero a vantaggio di Orvieto; secondo Luca Manenti, nel 1319 il M. e Francesco di Ciarfaglia Monaldeschi erano «scindici de Orvieto» (L. di Domenico Manenti, Cronaca, p. 347).
Al 1325 risale l’ultima attestazione relativa al M., di cui si ignora la data della morte. L’episodio si inscrive all’interno del primo scontro tra i vari rami dei Monaldeschi, che trovò la sua origine in un evento accaduto dieci anni prima.
Il conte Cecco Montemarte era stato ucciso dal viterbese Silvestro Gatti nella battaglia di Montefiascone: da ciò era nata un’inimicizia profonda tra le due famiglie. Un figlio di Silvestro, Giovanni, aveva sposato una figlia del M.; un giorno dell’aprile del 1324, mentre girava per le vie di Orvieto in compagnia di Ugolino, suo cognato in quanto figlio del M., Giovanni subì un agguato da parte di due Montemarte: il Gatti fu ucciso, mentre Ugolino e un Montemarte rimasero feriti. Il clima in Orvieto e tra gli stessi Monaldeschi peggiorò gradualmente: un anno dopo, il ramo al quale appartenevano i figli di Pietro Novello si schierò dalla parte dei Montemarte, in rottura con il ramo al quale apparteneva il Monaldeschi. A seguito di ulteriori scontri il Comune prese speciali provvedimenti: il M., con il figlio Ugolino, il fratello Monaldo e i suoi figli e, sul fronte opposto, tre figli di Pietro Novello e vari esponenti dei Montemarte, furono confinati nei propri palazzi.
Negli anni successivi crebbe in Orvieto il ruolo del figlio del M., Ugolino, il quale, se da un lato fu tra i principali protagonisti, nel 1330, di una riconciliazione fortemente voluta dal Comune tra le due parti in conflitto, dall’altro non esitò, pochi anni dopo, a prendere con risolutezza le parti dell’altro collaterale Ermanno, destinato a divenire signore di Orvieto, dopo che per anni non era invece corso buon sangue tra i due rami ai quali appartenevano. Proprio Ugolino fu tra i principali responsabili dell’assassinio di Napoleone di Pietro Novello che spianò la strada alla signoria di Ermanno. Ugolino rivestì inoltre un ruolo importante nei primi mesi del nuovo regime, ma la morte improvvisa, avvenuta nel 1335, ne interruppe l’ascesa.
Fonti e Bibl.: Cronaca del conte Francesco di Montemarte, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 5, pp. 217-222, 224; Luca di Domenico Manenti, Cronaca, a cura di L. Fumi, ibid., pp. 353, 367, 434, 438-440; Codice diplomatico della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1887, pp. 411, 425, 432, 442, 444; J. Glénisson - G. Mollat, Gil Albornoz et Androin de la Roche (1353-1367), Paris 1964, p. 32; G. Pardi, La signoria di Ermanno Monaldeschi in Orvieto, Roma 1895, pp. 9, 12; Id., Comune e Signoria a Orvieto, Todi 1907, pp. 57, 65, 70 s., 74, 76 s., 98; D. Waley, Medieval Orvieto. The political history of an Italian City-State, 1157-1344, Cambridge 1952, pp. 87, 94, 122, 130, 138, 141.