BUONO (fr. bon; sp. bono; ted. Anweisung; ingl. order)
Termine generieo che designa un documento nominativo o al portatore con cui si autorizza a ricevere una determinata somma o merce. Fra i tipi più caratteristici di buoni meritano di essere segnalati i buoni fruttiferi, i buoni del tesoro e i buoni di consegna.
Buono fruttifero.
Il buono fruttifero (fr. bon à intérêts; sp. bono fructífero; ted. Zinsschein; ingl. interest-bearing security) è un titolo contenente l'obbligazione da parte d'una banca di rimborsare, a scadenza determinata, una somma ricevuta in deposito. L'operazione ha quindi la stessa natura economica dei comuni depositi a risparmio rappresentati dai libretti; ne differisce soltanto per gli elementi formali, quali la scadenza fissa e il titolo rappresentativo, il quale è negoziabile e girabile.
I buoni fruttiferi possono essere nominativi o al portatore, la scadenza di essi è variabile da un minimo di tre o quattro mesi a un massimo di cinque anni. S'intende che l'interesse corrisposto dalla banca è in relazione alla scadenza, ossia è tanto più elevato quanto più la scadenza medesima è lontana; esso viene corrisposto quasi sempre posticipatamente. Per le banche l'operazione presenta, da un lato, il vantaggio di assicurare la disponibilità di somme per un periodo stabilito, di modo che la banca possa con tranquillita impiegare i fondi provenienti dall'emissione dei buoni fruttiferi, a una scadenza la quale sia in armonia con quella dei buoni medesimi; ma dall'altro lato, essendo l'interesse del buono fruttifero fisso nella sua misura per tutta la durata del buono, la banca può correre anche l'alea di dover corrispondere un interesse maggiore di quello normale. Ond'è che l'emissione dei buoni fruttiferi dipende sempre dalle speciali contingenze della banca e dalle condizioni del mercato monetario.
Buono del tesoro.
Il buono del tesoro (fr. bon du trésor; sp. bono del tesoro; tedesco Schatzkammerschein; ingl. treasury bond) è la forma tipica e più conosciuta del debito fluttuante. L'origine dei buoni del tesoro va ricercata in Francia nei biglietti della Cassa di prestiti emessi nei 1707 e in Inghilterra nei primi bills dello Scacchiere (treasury bills) che comparvero nel 1696 (fino al 1877 si dissero exchequer bills, poi exchequer bonds) con scadenza variabile da sei a dodici mesi.
I buoni del tesoro sono assegni dell'amministrazione finanziaria sulla cassa dello stato, o meglio vere obbligazioni fruttifere con le quali il tesoro, banchiere dello stato, per supplire ai momentanei o duraturi bisogni di cassa che si verificano nel corso dell'esercizio finanziario, anche negli stati più saggiamente amministrati, si procura delle somme per farne restituzione a determinate scadenze. Si dividono a seconda di queste in: a) buoni ordinarî, emessi per sopperire a momentanee esigenze di cassa, con scadenze variabili a mesi interi, in Italia da tre a dodici mesi; b) buoni straordinarî o poliennali a lunga scadenza (in Italia da tre a nove anni), emessi dallo stato per provvedere in via provvisoria ai disavanzi effettivi del bilancio o a spese straordinarie per le quali non bastino le disponibilità normali del fondo di cassa e dell'esercizio in corso.
a) I buoni ordinarî del tesoro in tempi normali vengono emessi nei momenti dell'anno finanziario in cui le spese superano le entrate e sono rimborsabili nei momenti in cui le entrate superano le spese, poiché, anche quando lo stato è in grado di contenere i pagamenti entro i limiti delle riscossioni, l'equilibrio non può essere mantenuto giorno per giorno, né mese per mese, ma tutt'al più anno per anno. I buoni del tesoro formano, in altre parole, la saldatura fra i mesi di magra e i mesi di piena delle casse statali. Non possono pertanto superare un certo limite, desunto empiricamente dallo scarto massimo fra le spese e le entrate previste entro l'anno e fissato annualmente dalla legge che approva lo stato di previsione dell'entrata o da leggi speciali. Questo limite normale dell'emissione prima della guerra mondiale ammontava per l'Italia a 300 milioni di lire; per la Germania a 450 milioni di marchi; per la Francia a 500 milioni di franchi. Tali limiti vennero ovunque elevati per i bisogni della guerra che costrinsero i belligeranti tutti a emettere una quantità di buoni del tesoro di gran lunga superiore a quella rimborsabile anno per anno. Da ciò sostanzialmente un debito a lunga scadenza, mascherato da debito a breve scadenza, periodicamente rinnovantesi. Nel nostro paese al triplice controllo del parlamento, riguardante il limite massimo, l'ammontare degli interessi e le variazioni mensili dell'emissione, esercitato per mezzo dell'approvazione dello stato di previsione dell'entrata e del rendiconto generale cui viene annesso il conto movimento dei buoni nell'esercizio passato, si aggiunge il sindacato della Corte dei conti, non potendo i buoni essere emessi, pagati o rinnovati senza il suo preventivo intervento espresso dall'apposizione del visto.
Fissata la misura dell'emissione dei buoni, lo stato procede al loro collocamento all'interno o all'estero a mezzo di banche, oppure a mezzo delle tesorerie o delle intendenze di finanza incaricate di ricevere dai privati le somme e di far loro consegna dei buoni.
In Italia i capitalisti impiegano in buoni ordinarî del tesoro le somme che avrebbero depositato in conto corrente nelle banche e dalle quali sarebbero rifluite a vantaggio delle industrie. Il successo è poi maggiore se la scadenza è abbandonata all'arbitrio del capitalista, nazionale o straniero, che ne richiede l'acquisto.
Quanto alla forma tecnica per ciò che concerne la pratica italiana, i buoni, nominativi o al portatore, rappresentano sempre il valore reale per il quale si emettono; si distinguono in otto serie, contrassegnate con una lettera dell'alfabeto nel seguente modo: A da L. 500; B da L. 1000; C da L. 2000; D da L. 5000; E da L. 10.000; F da L. 50.000; G da L. 100.000; H da L. 500.000; gl'interessi decorrono dal giorno in cui la somma per l'acquisto dei buoni è versata in tesoreria, sono pagati contemporaneamente alla restituzione del capitale, e variano a seconda delle condizioni del mercato, dei bisogni della cassa, e delle epoche del rimborso.
Nel riguardo economico e finanziario i buoni del tesoro sono altamente raccomandabili agli stati moderni. Essi servono a eccitare il risparmio dei privati fornendo loro il mezzo di collocare, a breve termine e al sicuro da forti oscillazioni di corsi, i capitali che da un momento all'altro si rendono disponibili, e a procurare allo stato, a un saggio d'interesse modico, ordinariamente di molto inferiore all'interesse corrente, somme notevoli che difficilmente si otterrebbero, a parità di condizioni, dalle altre forme del debito fluttuante.
I buoni ordinarî del tesoro, oltre all'ufficio normale di coprire le deficienze momentanee di cassa, ne hanno uno eccezionale e la cui importanza finanziaria nei momenti difficili, contrassegnati dal costante aumento del saggio dell'interesse, è ora generalmente riconosciuta, e cioè di provvedere nei tempi di crisi economiche e finanziarie e soprattutto in momenti di guerra, in via provvisoria, ai disavanzi effettivi di bilancio, ai bisogni correnti imperiosi, evitando allo stato, che in simili circostanze non può attendere, i danni e le perdite derivanti dalla stipulazione del debito consolidato. In tal caso una larga emissione di buoni del tesoro ordinarî, in confronto alla stipulazione di un prestito redimibile o perpetuo, risparmia all'erario le perdite derivanti dal basso corso dei titoli emessi nei momenti difficili per l'economia nazionale e mai compensate, o dal minor interesse che lo stato dovrebbe pagare su questi rispetto a quello elevato convenuto per i buoni del tesoro eccezionali a breve scadenza. I buoni del tesoro vengono poi, dato il loro ingente ammontare che esclude ogni rimborso integrale e a breve scadenza, al momento favorevole estinti, riassorbiti mercé la loro conversione in prestiti redimibili a lunga scadenza o addirittura in consolidato irredimibile o perpetuo.
Così avvenne in Italia, dove il tesoro per provvedere ai bisogni della guerra europea elevò gradatamente l'emissione dei buoni ordinarî con scadenza massima di un anno, da 287 milioni (30 giugno 1913) alla cirra vertiginosa di 25 miliardi e 525 milioni (30 giugno 1922), ridotta successivamente, con lievi rimborsi o trasformazioni in titoli pluriennali, a 16.210 milioni di lire (30 giugno 1926) scadenti tutti nel giro di un anno. I buoni ordinarî del tesoro imposti dalla finanza bellica, ormai stazionarî, vennero poi convertiti forzosamente dal r. decr. 6 novembre 1926, con speciali compensi per i portatori, in consolidato 5% lordo (prestito del Littorio), all'uopo nuovamente emesso. E così scomparvero insieme buoni ordinarî del tesoro normali ed eccezionali. La conversione forzosa liberando il tesoro dalle domande incalzanti di rimborso avanzate dalle banche, grandi detentrici di buoni, rimborso effettuabile soltanto stampando di punto in bianco una cifra sbalorditiva di carta moneta, rese all'ultimo possibile la salvezza della lira e quindi quella stessa dell'economia nazionale. Gli stessi possessori dei buoni sottratti in tal modo a rimborsi in carta svalutata ne ebbero grande vantaggio. Sono però, questi, provvedimenti coattivi, ammissibili "in momenti del tutto più che straordinarî" e soltanto per i buoni ordinarî bellici, forme apparenti del vero debito fluttuante. "La conversione forzosa dei buoni ordinarî - così il ministro delle Finanze Mosconi nel suo discorso alla camera dei deputati del 18 giugno 1929 - non fu che una di quelle rarissime eccezioni che valgono solo a confermare la regola".
b) Al consolidato redimibile appartengono i buoni del tesoro straordinarî o poliennali, a lunga scadenza, nominativi o al portatore, emessi di solito sotto la pari dallo stato per coprire disavanzi di bilancio, estinguere parzialmente il debito della cassa, riscattare titoli pubblici onerosi, coprire spese straordinarie per costruzione o riscatto di ferrovie e, durante la guerra, per fronteggiare gli oneri del conflitto. Il duplice vantaggio del premio, del rimborso e della data certa di questo ne spiegano il successo. Le prime emissioni risalgono in Italia alla legge 21 marzo 1891, n. 191, che creò i buoni quinquennali dando facoltà al tesoro di emetterne per 300 milioni in sostituzione dei redimibili 3,50 e 3 per cento netto autorizzati da precedenti leggi per provvedere a spese straordinarie delle ferrovie statali. Durante la guerra e per i bisogni derivanti da essa si emisero dal tesoro buoni triennali e quinquennali (1916), buoni settennali a premio (1920 e 1922) e buoni novennali a premio (1923, 1924, 1925) al saggio del 5 e del 4,75 per cento per l'importo complessivo di 7640 milioni. I soli buoni poliennali rimasti in circolazione dopo la conversione coattiva dei buoni biennali, quinquennali e settennali in prestito del Littorio sono quelli novennali per i quali la conversione era facoltativa e che rappresentavano, alla fine del 1928, appena un settimo del debito pubblico italiano.
Bibl.: Per la bibliografia si vedano i trattati generali di scienza delle finanze e le opere speciali sul debito fluttuante, sul consolidato redimibile e sulla contabilità di stato indicate alle voci rispettive. Per la pratica italiana v. Legge e regolamento per l'Amministrazione del Patrimonio e per la Contabilità generale dello stato, Libreria dello stato, Roma 1924, n. 63, pp. 237-247; e Ministero delle finanze, Nota sul conto del tesoro, del dott. Pace, Roma 1924, p. 46.
Buono di consegna.
Il buono di consegna (fr. ordre de livraison; sp. orden de entrega; ted. Lieferungschein; ingl. delivery order), spesso designato nell'uso col termine inglese di delivery order, è un titolo alla riconsegna della merce da parte del capitano della nave, creato dalla pratica mercantile; di origine anglosassone, introdotto presso di noi particolarmente per i carichi di carbone e di grano.
La riconsegna della merce deve avvenire in base alla polizza, o alle polizze di carico che rappresentano la totalità, o una determinata parte, della merce imbarcata sulla nave; ma la merce rappresentata da un'unica polizza può essere dal possessore della polizza venduta durante il viaggio, o prima della riconsegna, comunque destinata ripartitamente a più persone, donde la necessità di attribuire a ciascuna di queste persone un titolo idoneo alla riconsegna della merce e anche all'ulteriore negoziazione delle frazioni di carico rappresentate dal titolo medesimo.
Il ritiro della polizza di carico da parte del vettore, o di chi per esso (agente, raccomandatario, o capitano), e l'emissione, o semplice sottoscrizione, da parte di costoro, dei buoni di consegna complessivamente rappresentanti la totalità del quantitativo di merce indicato nella polizza, permettono la sostituzione della polizza stessa per mezzo di diversi titoli frazionarî, strumenti efficaci per la negoziazione della merce viaggiante.
Come sostitutivo e titolo frazionario della polizza di carico, il buono di consegna attirò in Italia l'attenzione dei giuristi e dei pratici verso il 1900. Dapprima sorsero dei contrasti nella giurisprudenza e nella dottrina, circa il valore giuridico di esso (Bruschettini), ma, sulla scorta d'una parte autorevole della dottrina stessa (Vivante), non si dubitò più della virtù rappresentativa del buono di consegna per la merce descritta e della possibilità di trasmettere mediante tale titolo e a mezzo di girata, il possesso della merce al compratore, o al creditore pignoratizio, e in genere di attribuire al legittimo possessore un diritto autonomo e letterale (v. articoli 396, 341, 455 cod. comm. del 1882).
Il decr.-legge 11 marzo 1916, n. 247 (legislazione di guerra, disposizioni per il commercio dei grani) menziona il buono di consegna fra gli altri titoli rappresentativi della merce. Tra gli usi riconosciuti, si vedano gli usi approvati nel 1924 dalla camera di commercio di Genova (carboni fossili, pubblicazione della detta camera di commercio 1926, p. 14 nn. 5 e 6).
Oggi pertanto questa pratica mercantile può dirsi divenuta un vero e proprio uso, di fronte al vettore marittimo, ed è in Italia riconosciuta dalla giurisprudenza anche di fronte al compratore di merci contro documenti, in specie alle condizioni CIF (costo, assicurazione, nolo), in modo da permettere di riconoscere nel buono di consegna un valido documento nell'esecuzione della vendita; la giurisprudenza inglese non ha ancora riconosciuto la possibilità, nell'esecuzione della vendita CIF, di consegnare al compratore un buono di consegna anziché una polizza di carico.
La riconsegna della polizza di carico al vettore o raccomandatario per l'emissione in sua vece dei buoni di consegna, toglie la polizza di carico dalla circolazione, ma non ne abolisce l'efficacia come prova del contratto di trasporto nel regolare i rapporti tra le parti, per quanto concerne il nolo, le stallie, le controstallie e le altre clausole di polizza. L'emissione dei buoni di consegna presuppone l'esistenza della polizza, e il semplice riferimento alla polizza stessa implica la conservazione delle condizioni in essa dichiarate, sostituendosi unicamente più creditori nuovi all'antico creditore, mediante una delegazione novativa attiva (Brunetti). Spesso, oltre al semplice riferimento alla polizza di carico, può esser fatto esplicito richiamo alle condizioni della polizza, o anche del contratto di noleggio; qualche altra volta possono essere inserite nel buono di consegna delle clausole e condizioni diverse, come per quanto concerne il pagamento del nolo. Sorgono in tali casi delle questioni analoghe a quelle che si discutono nei confronti del portatore di una polizza di carico, la quale, anziché ripetere le condizioni del trasporto che interessano la riconsegna, faccia semplice richiamo alle condizioni del contratto di noleggio, o contenga clausole che da questo differiscano (v. polizza di carico).
Più recente è l'apparizione del cosiddetto buono di consegna improprio o irregolare, cioè del buono di consegna sfornito della accettazione da parte del vettore, capitano o raccomandatario, e che tende a divenire nella pratica mercantile ancora più frequente dei buoni di consegna muniti di tale accettazione. Infatti frequentemente si riproducono le circostanze che rendono necessaria o utile questa forma dei buoni di consegna, particolarmente nell'esecuzione delle vendite alla condizione di pagamento contro documenti, e la giurisprudenza ebbe più volte a riscontrare l'esistenza di un uso interpretativo della volontà delle parti, nel senso di comprendere tali titoli nel termine documenti in tal sorta di vendite. Questi buoni di consegna vengono emessi dal caricatore, il quale così fraziona il diritto alla riconsegna del carico, depositando la polizza presso uno spedizioniere o una banca, e facendo riferimento alla polizza stessa nel contesto dei buoni. Talvolta nella stessa polizza di carico viene annotato il fatto della emissione di tali titoli frazionarî. È vivo il dibattito dottrinale sulla natura rappresentativa di tali documenti, se cioè essi costituiscono o no un titolo letterale e autonomo nei confronti del vettore alla riconsegna della merce (da ricordarsi, pro e contro l'efficacia rappresentativa del buono di consegna, particolarmente lo Sraffa e il Brunetti).
Si osserva contro l'efficacia di tali titoli che non è ammissibile una menomazione del diritto del possessore di buona fede della polizza di carico all'ordine, onde non potrebbe essere valido un uso che avesse come conseguenza una siffatta menomazione contraria alle norme fondamentali sulla circolazione dei titoli all'ordine. Ma, mentre non vi può essere difficoltà ad ammettere l'esistenza di un uso interpretativo della volontà delle parti, nel senso anzidetto di comprendere anche questo buono di consegna improprio fra i documenti da consegnarsi dal venditore, in esecuzione di una vendita con pagamento contro documenti, quanto alla efficacia del medesimo buono di consegna improprio nei confronti del capitano, per costituire il diritto alla riconsegna delle merci, le difficoltà sono generalmente superate dalla pratica mediante il suaccennato deposito della polizza di carico. Se la polizza è depositata presso uno spedizioniere, sarà questi che ordinariamente effettuerà il ritiro della merce, presentando la polizza di carico al capitano e dividendo poi il carico tra i varî ricevitori dei buoni di consegna già da lui firmati. In altri casi la polizza viene depositata presso una banca o altro ente, in modo che il capitano possa controllare tale deposito (per lo più per mezzo dell'agente della nave che viene avvisato dalla banca, che ha vistato i buoni di consegna, del deposito fatto presso i proprî uffici della polizza di carico); il capitano può pertanto consegnare la merce ai portatori dei singoli buoni di consegna, perché è garantito, in modo ritenuto in commercio sufficiente, dal fatto che la polizza possa esser messa ulteriormente in circolazione. Basta invero la semplice presentazione della polizza per il ritiro del carico (art. 557 cod. comm. del 1882), se pure nella pratica e negli altri casi la polizza viene riconsegnata al capitano; e anche nell'ipotesi fatta dei buoni di consegna improprî la riconsegna della polizza avverrà, ma quando, ultimata la consegna del carico ai varî portatori dei buoni, la polizza venga ad essere esaurita. Altre volte la riconsegna si effettua dopo che i portatori dei buoni di consegna abbiano ottenuto dall'agente della nave dei nuovi buoni di consegna sul capitano.
Col nome di buoni di consegna si designano anche i cosiddetti ordini di sbarco o ordini di consegna in dogana, che vengono dati dal capitano al presentatore della polizza di carico e previo ritiro di questa, affinché il ricevitore che abbia adempiuto alle condizioni della polizza sia abilitato a ritirare la merce già depositata in dogana, giustificando con essi il proprio diritto di fronte alle autorità doganali; oltre alla data e alla firma, questi buoni di consegna contengono l'indicazione del nome del vapore, la sua provenienza e la descrizione della merce.
Bibl.: (per le opere generali vedasi la voce polizza di carico). Monografie e note: L. Abello, Documenti rappresentativi e specificazione, ecc., in Dir. Commerciale, II (1923), p. 199; G. Berlingieri, Delivery Orders, in Dir. Marittimo, 1911, p. 401; A. Brunetti, Ordini di consegna propri ed impropri, in La Corte di Cassazione, 1925, p. 515; V. Bruschettini, in Foro Italiano, I (1909), p. 1104; D. Guidi, Il giuoco documentale nella vendita CIF contro doc., in Riv. di diritto e pratica comm., II (1926), p. 57; U. Grasso, In tema di Delivery Order improprio, in Temi genovese, (1927), p. 209; E. Greco, Tradizione di merce con Delivery Orders, in Diritto e pratica comm., II (1923), p. 36; C. Persico, il buono di consegna nella vendita CIF, in Temi genovese, 1927, p. 214; A. Ramella, Delivery Orders sforniti di accettazione del raccomandatario, in Dir. Maritt. (1921), n. 180; id., Sull'opponibilità al possessore del Delivery Order delle clausole di polizza, ibidem 1925, p. 86; A. Sraffa, Specificazione di merci viaggianti e buoni di consegna, in Riv. di Dir. Comm., II (1923), p. 184, e in Foro Ital. 1927, p. 130; G. Valeri, Alcune questioni di Giur. Maritt., in Riv. Dir. Comm. I (1916), pp. 464, 472; id., Figure proprie ed improprie di Delivery Orders, in Foro toscano 1926, p. 497; C. Vivante, Sull'efficacia dei Delivery Orders, in Riv. di Dir. Comm. 1910, pp. 2, 228.