Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il termine amministrazione designa l’insieme delle attività indirizzate al perseguimento di compiti e scopi considerati di pubblico o comune interesse in un ordinamento statale. In corrispondenza il termine “burocrazia” definisce il complesso dei pubblici uffici e dei pubblici funzionari cui sono demandati l’esecuzione operativa e il controllo amministrativo. Il complesso di tali strutture, pur trovandosi in posizione variamente subordinata rispetto alle strutture politiche e di governo, rappresenta una realtà organizzativa da queste distinta, con personale scelto in ragione del possesso di competenze tecniche e impiegato in modo professionale e continuativo (corpi burocratici). Di qui il potere dei burocrati.
L’organizzazione amministrativa
L’esistenza di complessi apparati amministrativi e burocratici è questione antica. Il perfetto esempio della storia antica è sicuramente quello dell’Egitto faraonico. Qui all’amministrazione era demandata una vasta attività di misurazione e valutazione dei terreni e delle coltivazioni, di controllo e prelievo fiscale, di reclutamento di manodopera, di realizzazione dei grandi lavori collettivi. L’amministrazione del Celeste Impero viene ricordata soprattutto per il lungo e complesso tirocinio cui erano sottoposti i suoi funzionari. Durante la formazione degli Stati europei l’amministrazione e la burocrazia hanno svolto un ruolo in una certa misura progressivo, poiché sono divenuti gli strumenti che hanno sostituito regolamenti particolari con regole impersonali e universali, favorendo l’integrazione politica ed economica.
Nel tempo il profilo prevalente dell’amministrazione è divenuto quello organizzativo che, mentre assume propri caratteri strutturali, conserva e rafforza i legami di dipendenza di questa dalla dirigenza politica. Le strutture si vengono così ordinando secondo il modello ministeriale e all’interno di ciascun ministero si articolano in modo da favorire la direzione e il controllo quotidiano da parte dei responsabili politici sulle attività amministrative. È noto che all’interno delle strutture ministeriali centrali e periferiche la distribuzione del lavoro amministrativo si realizza progressivamente mediante la formazione di un ordine scalare di competenze interne, dalla più generale alla più specifica, ordine che comporta per la competenza di grado superiore e per chi ne sia titolare la possibilità di intervenire o di sostituirsi nell’esercizio della competenza di grado inferiore.
Nello stesso tempo, le diverse competenze sono individuate in maniera che a ciascuna di esse corrisponda il compimento o la preparazione di una o più attività di esecuzione normativa. La conseguenza è che, in tal modo, si sopprime qualsiasi rapporto di responsabilità diretta fra personale agente e scopi dell’organizzazione. Disciplinando uniformemente l’attività o il segmento di attività a ciascuna unità organizzativa affidato, ci si garantisce, per altro verso, un facile controllo e una non meno agevole possibilità di trasmettere volta per volta i comandi e gli indirizzi di vertice.
Fin dagli inizi del XX secolo si afferma in modo sempre più ampio il ricorso a enti e aziende autonome, a mano a mano che all’intervento pubblico vengono annessi nuovi campi di azione e si pongono nuove esigenze di promozione operativa nei diversi settori economico-sociali. L’organizzazione interna di tali strutture non si differenzia peraltro sostanzialmente da quella ministeriale, di cui riproduce le principali disfunzioni senza assicurare i vantaggi desiderati in ordine o a una maggior rispondenza politica o a una maggiore efficienza amministrativa.
I caratteri distintivi della burocrazia
In un tale contesto evolutivo dell’amministrazione i caratteri distintivi di una burocrazia sono: una gerarchia d’autorità stabile e ben riconoscibile, resa visibile da simboli appropriati; una specializzazione funzionale dei compiti molto avanzata; un personale tecnicamente qualificato e scelto in base alla sua competenza specifica; l’impiego costante di procedure formali per la condotta dell’ufficio; i diritti e i doveri di ogni posizione, quindi di ogni persona ammessa a occupare quella posizione, sono codificati in dettaglio; l’autorità è limitata; ogni sovraordinato è anche un subordinato, praticamente fino all’estremo vertice dell’organizzazione e ognuno è sottoposto a una rigorosa disciplina d’ufficio e a regolari controlli; i compensi sono differenziati secondo le posizioni e sono normalmente fissi, cioè sono indipendenti dalle oscillazioni del volume di prestazione; i componenti dell’organizzazione svolgono i loro compiti senza considerazione per la persona cui l’attività si riferisce, ma unicamente con riguardo alla situazione tecnica considerata; i mezzi materiali dell’attività amministrativa sono nettamente separati dalle proprietà personali; la comunicazione scritta è particolarmente importante, in quanto è essenziale la conformità agli atti dell’organizzazione, e gli atti devono perciò essere scritti, depositati nella “memoria” dell’organizzazione; infine, le norme disciplinari sono strettamente e stabilmente correlate alla natura e all’entità dell’infrazione, in vista degli scopi dell’organizzazione. Vi sono naturalmente burocrazie in cui uno o più di questi caratteri sono assenti, o sono presenti con intensità minore che in altre.
Nell’epoca contemporanea il maggior fattore di espansione e di rafforzamento della burocrazia è stato il crescente intervento dello Stato in sempre nuove sfere della vita sociale. Questo fattore ha parecchie componenti, che convergono tutte nel favorire l’aumento dei pubblici uffici, dei pubblici funzionari e delle materie da essi amministrate e controllate. Attraverso la nazionalizzazione, la costituzione di grandi aziende a partecipazione statale, le trattative per la costituzione di comunità economiche sovranazionali, i programmi di sviluppo regionale, le riforme per facilitare l’accesso alla casa, all’istruzione, all’assistenza medica, gli Stati pervengono a gestire direttamente un vasto settore dell’economia, in misura sconosciuta per il passato, il che ha richiesto l’ampliamento dei ruoli dell’amministrazione e della burocrazia a ciò preposta. In secondo luogo il governo ha assunto in misura crescente il ruolo di mediatore e di arbitro fra i diversi gruppi di interesse e gruppi di pressione; e ogni attività mediatrice o arbitrale richiede nuovi uffici, ai quali i gruppi di interesse e i gruppi di pressione sono in seguito portati a rivolgersi, contribuendo ulteriormente a ingrandirli e rafforzarli. In terzo luogo, le materie da sottoporre a legislazione sono divenute talmente numerose e complesse da superare le possibilità di lavoro e le competenze tecniche di qualsiasi corpo legislativo. Di conseguenza questi si limitano dovunque a legiferare su un ristretto numero di materie di maggior rilievo, e a formulare provvedimenti affatto generali (leggi delega, leggi quadro) che devono successivamente essere tradotti in norme operative mediante l’intervento di largo numero di funzionari specializzati.
L’espansione dello Stato e dei suoi compiti ha reso sempre più inapplicabile un’immagine della pubblica amministrazione come piramide centralizzata, facendo parlare piuttosto di reticoli frammentati. Il principio gerarchico è stato messo sempre più in discussione dai mutamenti intercorsi nella struttura dell’amministrazione pubblica, con una crescita di enti pubblici di vario tipo e l’intreccio tra strutture piramidali gerarchiche e strutture di coordinamento orizzontali. L’esito di queste trasformazioni è stata un’accresciuta frammentazione dei sistemi amministrativi che perdono quel carattere di macrosistemi organizzativi relativamente compatti che possedevano in passato. Insieme alle dimensioni, cresce anche la complessità, con un intreccio di enti pubblici eterogenei e spesso in reciproca competizione.
Questa complessa articolazione organizzativa ha aumentato l’autonomia della burocrazia, sottraendo molti organi al controllo gerarchico centralizzato tipico del passato. La pubblica amministrazione del XXI secolo si presenta come una costellazione di apparati semiautonomi, debolmente connessi, dotati di forme giuridiche, logiche d’azione e finalità profondamente differenziate. Tra le riforme sviluppatesi a partire dagli anni Ottanta del Novecento, vi è infatti la creazione di agenzie, come unità organizzative più snelle e semi indipendenti rispetto alla classica struttura dei ministeri.
Negli anni più recenti, una riforma della pubblica amministrazione è stata sollecitata da una serie di sviluppi, in parte indipendenti l’uno dall’altro. In primo luogo, in risposta alla crescita del debito pubblico, si è avuta una revisione non solo delle politiche sociali, ma anche delle strategie di intervento dello Stato sul mercato. Al bisogno di risparmio, si è comunque affiancata una richiesta di migliore qualità di servizi da parte dei cittadini, oltre che di maggiore partecipazione alle scelte della pubblica amministrazione. Le recenti riforme nella pubblica amministrazione si sono rivolte in due direzioni principali.
Da un lato, si è puntato a una deregolamentazione, con conseguente riduzione delle formalità amministrative, e alla privatizzazione, come limitazione di fini e funzioni del settore pubblico, attraverso una riduzione dei servizi pubblici e una vendita – in tutto o in parte – di beni e imprese dello Stato. La riduzione dell’intervento dello Stato sui mercati non ha comunque portato a una limitazione del ruolo della burocrazia, ma ne ha anzi, in un certo senso, accentuato l’importanza, privilegiando le competenze tecniche e manageriali rispetto a quelle più politiche. Questa tendenza è particolarmente visibile nella creazione delle cosiddette autorità indipendenti – o autorità garanti – nate nella maggior parte dei casi come istanze di difesa dell’interesse collettivo in relazione alla privatizzazione di una serie di servizi e compiti un tempo gestiti dallo Stato. Dall’altro lato, si è affermato il principio di una trasparenza dell’azione dell’amministrazione pubblica di fronte ai cittadini, ai quali è stato riconosciuto non solo il diritto di essere informati su quello che gli amministratori fanno, ma anche quello di partecipare a una serie di decisioni pubbliche attraverso procedure di consultazione e di concertazione.