Vedi Burundi dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Burundi, dilaniato da tredici anni di guerra civile all’interno del più ampio e più lungo scontro tra l’etnia maggioritaria Hutu e la minoranza Tutsi fino al 2005, si trova oggi a un crocevia: da una parte il consolidamento delle istituzioni democratiche e l’integrazione regionale nell’ambito della Comunità dell’Africa orientale (Eac); dall’altra il rischio che una fase politica confusa, accompagnata al malcontento popolare, ceda nuovamente il campo alla violenza. Il presidente Pierre Nkurunziza, appartenente al Conseil national pour la défense de la démocratie-Forces pour la défense de la démocratie (derivante da un’ex formazione ribelle hutu), è alla guida del paese dalle elezioni del 2005. Nell’estate del 2010, Nkurunziza è stato rieletto per altri cinque anni. Tuttavia i candidati dell’opposizione hanno boicottato le elezioni, non riconoscendone l’esito. Nel marzo 2013, sotto l’egida delle Un, governo e principali partiti di opposizione hanno acconsentito ad incontrarsi allo scopo di stabilire un percorso comune verso le elezioni presidenziali del 2015. In seguito a questo incontro, due dei tre leader dei principali partiti di opposizione hanno fatto rientro nel paese, dopo averlo lasciato temendo per la loro incolumità. Inoltre, Agathon Rwasa, leader delle Fln (Forces nationales de libération), principale movimento di opposizione extraparlamentare pro-hutu, ha posto fine all’esilio presso una località segreta in cui si trovava da prima delle elezioni del 2010, affermando che si candiderà alle presidenziali.
Sul piano regionale, il Burundi ha intensi legami politico-economici con i vicini della regione dei Grandi Laghi, rafforzati dalla comune partecipazione all’Eac. Tuttavia, nell’agosto 2013, i rapporti con la Tanzania si sono incrinati a seguito dell’espulsione di 25.000 rifugiati burundesi dal paese, molti dei quali aventi regolare cittadinanza tanzaniana. Il Burundi è membro dell’Unione Africana (Au) e negli ultimi anni sta continuando ad aumentare il numero delle proprie truppe inviate in missioni di peacekeeping, nonostante le numerose perdite subite in territorio somalo all’interno di Amisom.