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BERKELEY, Busby

di Marco Pistoia - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Berkeley, Busby

Marco Pistoia

Nome d'arte di William Berkeley Enos, coreografo e regista cinematografico e teatrale statunitense, nato a Los Angeles il 29 novembre 1895 e morto ivi il 14 marzo 1976. Fu il maggiore creatore di numeri musicali degli anni Trenta e diresse alcuni importanti titoli della stagione classica del musical, contribuendo a definire il modello di commedia musicale che sarebbe stato seguito nei decenni successivi. Le sue coreografie, considerate inimitabili per precisione geometrica, raggiunsero risultati di alta qualità artistica e furono spesso caratterizzate da un gusto astratto che combinava referenti realistici, quali, per es., spaccati di città, con linee e forme stilizzate. Sia come coreografo sia come regista, B. seppe imprimere alla macchina da presa una straordinaria mobilità, che fece scuola.

Figlio degli artisti teatrali Francis Enos e Gertrude Berkeley, di cui adottò il cognome, fu educato ‒ tra il 1907 e il 1914 ‒ alla Mohegan Military Academy di Peekshill (New York). Allo scoppio della Prima guerra mondiale partì come volontario per la Francia e alla fine della guerra ebbe l'incarico di organizzare parate e spettacoli per le truppe di stanza in Europa. Questa esperienza si rivelò determinante per la sua carriera, ponendo le basi di un'estetica fondata su immagini di ordine e simmetria. Successivamente, tra il 1919 e il 1927, lavorò come attore, organizzatore e, soprattutto, coreografo teatrale. Nel 1928 firmò a Broadway la regia di A night in Venice e nel 1930 fu chiamato dal produttore Samuel Goldwyn a curare i numeri musicali del film Whoopee di Thornton Freeland. Dopo le prime prove, si affermò definitivamente con 42nd Street (1933; Quarantaduesima strada) di Lloyd Bacon: B. creò balletti per i quali si rese necessaria una grande mobilità della macchina da presa, ma frequenti sono anche le composizioni geometriche, accentuate da inquadrature 'in picchiata'. Questi procedimenti definirono lo stile di B., che nello stesso anno firmò i capolavori coreografici di Gold diggers of 1933 (1933; La danza delle luci) di Mervyn LeRoy; in questo film riflessi della società contemporanea si combinano trovando riscontro in splendidi numeri, come My forgotten man, doloroso canto blues che una donna intona per il suo uomo, reduce di guerra dimenticato da tutti. Per questa canzone B. ideò un numero di grande effetto, culminante in un'inquadratura di soldati che vanno e vengono dal fronte, ripresi come silhouette che attraversano tre linee di archi semicircolari sullo sfondo. Completamente diversa l'atmosfera evocata da We're in the money, scatenato numero coreografico in cui le ballerine sono avvolte da migliaia di dollari ondeggianti, e da The shadow waltz, uno dei più eloquenti esempi della sensibilità decorativa e spettacolare di B., con sessanta ragazze che suonano violini bianchi con archetti che si illuminano nell'oscurità, finché non diventano un unico grande strumento. Costante fu in B. la scelta di un impianto coreografico importante, che condiziona la stessa composizione dell'inquadratura e rivela il suo spiccato gusto per le grandi costruzioni e gli effetti teatrali. Così accade anche in Footlight parade di Bacon (1933; Viva le donne!), nel numero sulla canzone By a waterfall, in cui si sviluppa il più tipico movimento 'alla Berkeley', con il ricorso a inquadrature spericolate che combinano riprese dall'alto su una grande piscina con altre che rivelano il dettaglio dei corpi e dei loro movimenti.

Agli anni in cui B. lavorò per la Warner Bros. (1933-1939) sono da ascrivere le sue prime regie ‒ tra cui, in particolare, quella di Gold diggers of 1935 (1935; Donne di lusso) ‒ per le quali curò anche le coreografie. Nel 1939 B. passò alla Metro Goldwyn Mayer, per la quale diresse Babes in arms (1939; Ragazzi attori), primo di tre film che avevano per protagonisti adolescenti avviati alla carriera teatrale e trampolino di lancio del giovanissimo duo Mickey Rooney-Judy Garland. In questo caso, per lasciare spazio alle performances della nuova coppia, B. scelse soluzioni più austere ed essenziali. Il trittico proseguì con Strike up the band (1940; Musica indiavolata) e si concluse con Babes on Broadway (1941; I ragazzi di Broadway). Con la Garland, B. lavorò ancora per le coreografie di Ziegfeld girl (1941; Le fanciulle delle follie) di Robert Z. Leonard, omaggio alle Ziegfeld Follies, nel quale le scalinate diventano il fulcro della coreografia, e soprattutto in For me and my gal (1942), da lui stesso diretto, che segnò l'affermazione di un'altra futura star, Gene Kelly, qui al suo esordio cinematografico. L'ultima prova significativa di regia e coreografia fu costituita da The gang's all here (1943; Banana split) con Carmen Miranda, in numeri nei quali la consueta fantasia caleidoscopica di B. produce composizioni in Technicolor di mirabolante kitsch; tra tutte si ricorda quella sulle note di The lady in the tutti frutti hat. Infine è da citare il suo ultimo film da regista, Take me out to the ball game (1949; Facciamo il tifo insieme), interpretato da Frank Sinatra, Esther Williams e Gene Kelly; quest'ultimo collaborò anche alle coreografie assieme a Stanley Donen. Nel corso degli anni, B. diradò molto la sua attività, ma vanno ricordati almeno i numeri circensi di Billy Rose's jumbo (1962; La ragazza più bella del mondo) diretto da Charles Walters.

Nel 1971 B. tornò trionfalmente a Broadway per dirigere una ripresa di No, no, Nanette, celebre spettacolo degli anni Venti, per il quale chiamò la fedele Ruby Keeler, star del musical del periodo classico, tra i protagonisti di Footlight parade. Ormai le sue creazioni avevano lasciato un segno sui maggiori coreografi delle generazioni successive, dal suo allievo Dave Gould a Stanley Donen e Gene Kelly, da Jerome Robbins a Bob Fosse, e avevano influenzato anche gli europei, si pensi alle coreografie di The boy friend (1971; Il boy friend) di Ken Russell. Costituisce un omaggio alla carriera del grande coreografo il film Busby Berkeley (1974) di Russ Jones, con interviste ad amici e collaboratori e sequenze tratte da alcuni dei suoi più celebri lavori.

Bibliografia

A. Sarris, Likable but elusive, in "Film culture", 1963.

P. Jenkinson, The great Busby, in "Film", Spring 1966.

R.C. Roman, Busby Berkeley, in "Dance", February 1968.

B. Pike, D. Martin, The genius of Busby Berkeley, Reseda 1973.

A. Knight, Busby Berkeley, in "Action", May-June 1974.

M. Tessier, Busby Berkeley 1895-1976, in "L'avant-scène du cinéma", avril 1978.

J. Delamater, Dance in the Hollywood musical, Ann Arbor (MI) 1981, passim.

R. Durgnat, Busby Berkeley: filmed theatre and pure theatre, in "Film", January 1982.

A. Morsiani, Il grande Busby, Modena 1983.

R. Altman, The American film musical, Bloomington 1987, pp. 70-74, 227-30 e passim.

J. Feuer, The Hollywood musical, London 1993², passim.

M. Rubin, Showstoppers: Busby Berkeley and the tradition of spectacle, New York 1993.

Vedi anche
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