BUSCHETO
(o Buschetto)
Architetto della cattedrale di Pisa, città in cui visse e operò nella seconda metà del sec. 11° e agli inizi del 12°; morì il 21 settembre del 1110 o di uno degli anni immediatamente successivi. Di lui, investito con altri della carica di operarius Sancte Marie, serbano memoria due documenti (Pisa, Arch. di Stato) del 2 dicembre 1104 e 2 aprile 1110 (Pecchiai, 1905, pp. 61-63). Figura inoltre come figlio quondam Iohannis in due pergamene (Pisa, Arch. Capitolare) del 13 febbraio e 23 luglio 1104 (Tirelli Carli, 1969, pp. 47-51). Il suo nome è celebrato per l'edificazione della cattedrale nell'epigrafe sepolcrale in distici che si trova ivi murata, nella prima arcata cieca della facciata, sopra il sarcofago strigilato antico contenente le sue spoglie, sul quale si legge al centro, in cartella, un elogio poetico ripetuto successivamente su lastra marmorea aggiunta tra l'urna e l'epitafio: "Quod vix mille boum possent iuga iuncta movere / et quod vix potuit per mare ferre ratis, / Busketi nisu, quod erat mirabile visu, / dena puellarum turba levabat onus". Dalle due iscrizioni si desume che B. fu particolarmente apprezzato dai contemporanei non solo per la bellezza del monumento che il suo genio architettonico seppe esprimere ("Non habet exemplum niveo de marmore templum / quod f[it] Busketi prorsus ab ingenio"), ma anche per la mirabile perizia tecnica con cui fu capace di sollevare enormi pesi con minimo sforzo, chiaro accenno alle colonne monolitiche del tempio, la cui immensa mole è pure sottolineata nell'epitafio. Tali virtutes lo rendono degno d'esser paragonato, rispettivamente, a due personaggi paradigmatici del mondo antico: Dedalo, il supremo architetto, e Ulisse, simbolo dell'umana calliditas, confronto da cui, tuttavia, B. esce vincente. Se si dà credito, poi, alla testimonianza dell'erudito Giovanni Dondi dall'Orologio, venuto a Roma intorno al 1375, sull'obelisco vaticano - allora denominato columna Iulia e ubicato ancora nella sua sede originaria, a sinistra della basilica costantiniana - si leggeva un'epigrafe poetica (Valentini, Zucchetti, 1953, p. 68) magnificante, con la stessa immagine delle dieci fanciulle, un intervento di B. per rimettere in piedi il monolito ("[...] bis quinque puelle / appositis manibus hanc erexere columnam"; ma la circostanza, non altrimenti attestata, suscita qualche perplessità.La forte personalità artistica e tecnica di B. lo colloca tra i maggiori architetti ed esperti di arti meccaniche del suo tempo.G. ScaliaL'aspetto a prima vista omogeneo dell'edificio e l'iscrizione metrica in lode dell'architetto hanno sempre fatto considerare la cattedrale di Pisa come interamente progettata e innalzata da B., che ne avrebbe dunque seguito i lavori per più decenni (1064-1110 ca.).Le irregolarità leggibili nella struttura, rilevate per la prima volta nel secolo scorso (Rohault de Fleury, 1866), hanno tuttavia suggerito anche l'ipotesi di un'edificazione in più fasi della stessa basilica: una prima avrebbe previsto la chiesa priva di cupola e limitata a tre navate più brevi delle attuali (Dehio, Bezold, 1892; Guyer, 1932; Burger, 1961), o a cinque (Salmi, 1939), prolungate nel corso del sec. 12°, e una seconda la chiesa attuale, esclusa l'addizione delle tre ultime campate verso O e la facciata, le cui differenze con il resto della costruzione erano peraltro già state notate all'inizio dell'Ottocento (Ciampi, 1810). Si è supposta conseguentemente una dilatazione dei lavori nel tempo oltre l'arco di attività di B., malgrado si sia ribadita la sostanziale fedeltà della costruzione all'iniziale progetto buschetiano (Supino, 1904; Thümmler, 1939; Sanpaolesi, 1975; Caleca, 1989). Un modello sotto certi aspetti intermedio (Boeck, 1981) suppone differenti stadi esecutivi di un progetto di massima buschetiano, ravvicinati nel tempo ma solo in parte direttamente riconducibili all'operato di B., al quale, viceversa, si è giunti ad assegnare l'ampliamento della costruzione a O fino alla facciata (Caleca, 1989).Alla morte di B. l'edificio, prossimo alla consacrazione (1118-1121), era con buona probabilità pressoché concluso nel capocroce, compresa la cupola, mentre il corpo longitudinale, compiuto nella parte inferiore fino alla linea della facciata primitiva, era forse ancora in corso di completamento verso O (matronei e cleristorio).Il progetto attribuibile a B. presuppone una vastissima cultura architettonica basata sulla conoscenza delle diverse regioni del mondo mediterraneo, nonché un gusto decorativo peculiare e già maturo.Lo spirito di emulazione nei confronti della Roma imperiale può essere riconosciuto alla base dell'ideazione del duomo nel voler ricreare una basilica a cinque navate rivestita di marmo e dotata di colonne monolitiche con capitelli corinzi o compositi di riutilizzo o di imitazione classica. Il rimando alle basiliche paleocristiane romane, specialmente a quella di S. Paolo, presso il porto fluviale frequentato dai mercanti pisani, è dichiarato anche dalle monumentali dimensioni che il nuovo edificio - di fatto la più grande chiesa romanica d'Italia - andava ad assumere. Al tempo stesso, lo schema desunto dalle costruzioni paleocristiane è arricchito dal doppio livello del matroneo, paragonato anche recentemente a quello di S. Demetrio a Salonicco (Peroni, 1990), e dall'inserimento del transetto a tre navate, quasi una basilica autonoma (Sanpaolesi, 1975), compiuto secondo uno schema planimetrico simile a quello attuato negli stessi anni a Cagliari nell'ampliamento di S. Saturno. Il transetto si apre sul presbiterio con un monumentale prospetto riecheggiante la Chalké costantinopolitana o la moschea di Damasco, al pari della cupola ellittica, raccordata da cuffie che hanno fatto pensare alle chiese armene, ma che sono elemento non raro nell'Occidente romanico. Alle sale di preghiera islamiche, tra cui quella della Grande moschea di Córdova, rimandano poi gli archi trasversi bicromi su colonne. Per quanto riguarda la decorazione, alle citazioni di tipologie tardoantiche rappresentate dai capitelli compositi e dalle arcature esterne continue si uniscono il partito decorativo costantinopolitano delle fasce bicrome e quello islamico dei campi a intarsio marmoreo rettilineo e delle losanghe, mentre poi l'intero tessuto murario veniva arricchito di frammenti antichi, ma anche altomedievali, di riutilizzo.L'omogeneità e l'originalità dell'edificio risultano anche dimostrate dall'ordine proporzionale e geometrico che l'intera costruzione e le sue parti assumono: la pianta inscrivibile entro un quadrato - a parte il successivo prolungamento -, l'allineamento per file oblique delle colonne all'interno, i ritmi dei sostegni in alcune parti, recentemente individuati (Peroni, 1990). La fondamentale coerenza progettuale e decorativa dell'edificio e le sue nobili e classicheggianti proporzioni ne hanno determinato anche la singolare fortuna critica - a cui ha contribuito l'errore di Vasari che, male interpretando l'iscrizione in facciata, credette B. un architetto greco - per cui la cattedrale pisana viene indicata nei testi dell'età neoclassica e della critica preromantica (Milizia, 17813; Séroux d'Agincourt, 1824) come un felice episodio di bellezza architettonica e abilità tecnica in mezzo alla decadenza gravante su tutto l'Occidente romanico.La cattedrale innalzata da B., prototipo indiscusso di tutta l'architettura prodotta nei territori controllati da Pisa o comunque influenzati dalla cultura pisana, è stata posta in relazione con le pregresse o contemporanee realizzazioni architettoniche in loco solo in tempi recenti (Burger, 1961; Sanpaolesi, 1975). Rimane, però, al momento insoluta la questione degli eventuali legami di B. e dei suoi collaboratori con i cantieri di altri edifici religiosi pisani o della Toscana occidentale, per es. quelli di S. Frediano a Pisa, delle pievi di Calci, Vicopisano, S. Maria del Giudice presso Lucca, del duomo di Lucca o di quello di Pistoia, dove un Buscheto è documentato nel 1076 e 1078 (Chiappelli, 1932).V. Ascani
Bibl.:
Fonti. - ICUR, I, 1857-1861, p. 330; C. Lupi, Le antiche iscrizioni del duomo di Pisa, Pisa 1877; M. Tirelli Carli, Carte dell'Archivio Capitolare di Pisa, IV, (1101-1120) (Thesaurus ecclesiarum Italiae, VII, 4), Roma 1969; Bernardo Maragone, Gli Annales Pisani, a cura di M.L. Gentile, in RIS2, VI, 2, 1930-1936, p. 4; Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti (Fonti per la storia d'Italia, 99), Roma 1963, pp. 24-25; Giovanni Dondi dall'Orologio, Iter Romanum, in R. Valentini, G. Zucchetti, Codice topografico della città di Roma, IV (Fonti per la storia d'Italia, 91), Roma 1953, pp. 65-73: 68; Vasari, Le Vite, II, 1967, pp. 25-26; F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, Parma 17813, p. 112; A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, 3 voll., 1787-1793 (18122, I, pp. 119, 147-148, 175, 362).
Letteratura critica. - S. Ciampi, Notizie inedite della sagrestia pistoiese de' belli arredi del Campo Santo pisano e di altre opere di disegno dal secolo XII. al XV., Firenze 1810, pp. 15-16; G.B. L.G. Séroux d'Agincourt, Storia dell'arte col mezzo dei monumenti dalla sua decadenza nel IV secolo fino al suo risorgimento nel XVI, I, Milano 1824, p. 64 ss.; R. Grassi, Descrizione storica e artistica di Pisa e dei suoi contorni, II, Pisa 1836, pp. 22-26, 124; G. Rohault de Fleury, Les monuments de Pise au Moyen Age, Paris 1866, pp. 48-50; S. Monini, Buscheto pisano, Pisa 1890; G. Dehio, G. von Bezold, Die kirchliche Baukunst des Abendlandes, I, Stuttgart 1892, pp. 230-232; P. Fontana, Alcune osservazioni intorno al Duomo di Pisa, Rassegna settimanale universale 3, 1898, pp. 409-413; I.B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, pp. 4, 20-22, 32, 37, 44; Venturi, Storia, III, 1904, p. 835 ss.; P. Pecchiai, L'Opera della Primaziale Pisana, Pisa 1905, pp. 20-22; I.B. Supino, Pisa (Italia artistica, 16), Pisa 1905 (Bergamo 19102), pp. 23-24; G. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi d'oltr'Alpe, Milano 1908, p. 300 ss.; G. Swarzenski, s.v. Busketus, in Thieme-Becker, V, 1911, p. 289; R.Papini, La costruzione del Duomo di Pisa, L'Arte 15, 1912, pp. 345-365; I.B. Supino, La costruzione del duomo di Pisa, Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze morali, 1912-1913, p. 95 ss.; P. Bacci, Le fondazioni della facciata del sec. XI nel duomo di Pisa, Il Marzocco, 2 settembre 1917, p. 2; P. Tronci, Il duomo di Pisa, a cura di P. Bacci, Pisa 1922; W. Biehl, Toskanische Plastik des frühen und hohen Mittelalters (Italienische Forschungen, n.s., 2), Leipzig 1926, pp. 31-36; M. Salmi, L'architettura romanica in Toscana, Milano-Roma [1926], pp. 11-13, 39-40 n. 26; Toesca, Medioevo, 1927, pp. 467, 548 ss., 660 n. 39, 1127; M. Salmi, La scultura romanica in Toscana (Studi d'arte medievale e moderna), Firenze 1928, p. 65; L. Chiappelli, Storia di Pistoia nell'Alto Medioevo, Pistoia 1932, p. 159; S. Guyer, Der Dom von Pisa und das Rätsel seiner Entstehung, MünchJBK, n.s., 9, 1932, pp. 351-376; M. Salmi, La genesi del duomo di Pisa, BArte, s. III, 32, 1938, pp. 149-161; H. Thümmler, Die Baukunst des 11. Jahrhunderts in Italien, RömJKg 3, 1939, pp. 141-226: 183-188; C.L. Ragghianti, Architettura lucchese e architettura pisana, CrArte, s. III, 8, 1949, pp. 168-176; P. Sanpaolesi, La facciata della cattedrale di Pisa, RINASA, n.s., 5-6, 1956-1957, pp. 248-394; id., Il restauro delle strutture della cupola della Cattedrale di Pisa, BArte, s. IV, 44, 1959, pp. 199-230; S. Burger, Osservazioni sulla storia della costruzione del duomo di Pisa, CrArte, n.s., 8, 1961, 43, pp. 28-44; 44, pp. 20-35; P. Sanpaolesi, Il duomo di Pisa, Firenze 1962; R. Barsotti, Buscheto e Rainaldo, in Cattedrale di Pisa. 1063-1963, cat., Pisa 1963, pp. 12-14; G. Scalia, Ancora intorno all'epigrafe sulla fondazione del duomo pisano, in A Giuseppe Ermini, II, SM, s. III, 10, 1969, 2, pp. 483-519: 513-519, tav. IV; P. Sanpaolesi, Il duomo di Pisa, rilievo a cura dell'Istituto di restauro dei monumenti, Univ. di Firenze, Pisa 1970; I. Belli Barsali, s.v. Buscheto, in DBI, XV, 1972, pp. 497-499; H.E. Kubach, Architettura romanica (Storia universale dell'architettura, 5), Milano 1972, p. 186; P. Sanpaolesi, Il Duomo di Pisa e l'architettura romanica toscana delle origini (Cultura e storia pisana, 4), Pisa 1975; U. Boeck, Der Pisaner Dom zwischen 1089 und 1120. Beobachtungen zu Bautechnik und Bauausführung der ersten Baustufe, Architectura, 1981, pp. 1-30; G. Scalia, Tre iscrizioni e una facciata. Ancora sulla cattedrale di Pisa, SM, s. III, 23, 1982, 2, pp. 817-859; S. Burgalassi, La piazza del duomo di Pisa. Enciclopedia teologico-simbolica di pietra e calendario 'cosmico', Pisa 1983; C. Casini, I restauri secenteschi del duomo di Pisa, Bollettino storico pisano 55, 1986, pp. 149-170; Il Duomo di Pisa e la civiltà pisana del suo tempo, Pisa 1986; U. Boeck, Der Pisaner Dom und seine Westfassade. Eine "Baunaht" als Vexierbild und die Folgen, in Baukunst des Mittelalters in Europa. Hans Erich Kubach zum 75. Geburtstag, a cura di F. J. Much, Stuttgart 1988, pp. 384-400; A. Caleca, Architettura e scultura romaniche, in Il duomo di Pisa. Il battistero - Il campanile, a cura di E. Carli (Chiese monumentali d'Italia), Firenze 1989, pp. 15-44; W. Haas, Chiese con gallerie longitudinali nel periodo di edificazione del Duomo di Modena, in Wiligelmo e Lanfranco nell'Europa romanica, "Atti del Convegno, Modena 1985", Modena 1989, pp. 135-140; A. Peroni, I colonnati e una base rilavorata nei matronei del duomo di Pisa, Artista 2, 1990, pp. 78-95.