BUSCIOLANO (Busciolani)
Famiglia di artisti del secolo XIX. Di essi Antonio, nato a Potenza il 15 genn. 1823 da Nicola Felice, contadino, e Anna Brienza, mostrò sin da ragazzo buona disposizione all'arte applicandosi a modellare, insieme con il fratello Michele, figurine di santi in creta. Rimasto orfano del padre, otteneva nel 1835 un sussidio per recarsi a studiare a Napoli, ove un anno dopo lo raggiungevano anche il fratello minore e la madre. A Napoli, grazie all'interessamento del concittadino Mauro Amati, veniva ammesso nel Reale istituto di belle arti e frequentava la scuola di scultura, divenendo in breve l'allievo prediletto del maestro Tito Angelini. All'Esposizione napoletana del 1843 Antonio otteneva una medaglia con il S.Giovannino dormiente, opera d'ispirazione canoviana donata poi dall'artista all'amico e protettore Mauro Amati (andata dispersa). Sempre per interessamento dell'Amati, al giovane scultore veniva concesso dal re Ferdinando II un sussidio di 15 ducati mensili per dimorare tre anni nel Reale pensionato di Roma e frequentare l'Accademia; dopo un breve soggiorno, nel 1850, egli tornava a Napoli per sposare Luisa di Leone, figlia di un bettoliere, dalla quale ebbe quattro figli (Giovanni, Luigi, David e Lucia), ma in seguito si separò.
A Napoli Antonio riprendeva a frequentare la scuola dell'Angelini, collaborando a realizzazioni del maestro e affermandosi con opere personali che risentono ancora della sua formazione accademica, come i due rilievi in gesso della Liberazione di S. Pietro e di Gesù e i fanciulli, presentati all'Esposizione napoletana del 1851, poi tradotti in marmo e donati alla famiglia Amati che li destinava al sepolcro di Mauro a Potenza. A questo periodo appartengono le opere più note dell'artista quali le statue dell'Immacolata (celebrata in versi dal poeta Nicola Sole nei Canti del 1857) e dei santi Pietro e Paolo sull'altar maggiore della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, la statua di Pier delle Vigne (1863) nel cortile dell'università partenopea, e l'altra statua dell'Immacolata (1859) della cappella annessa al palazzo Nunziante, eseguita in stile neo bizantino per espresso volere dei committenti, i quali si erano rivolti ad Antonio su consiglio del pittore Domenico Morelli incaricato di affrescare quella stessa cappella. In tutte queste opere si nota lo sforzo dello scultore nel tentativo di affrancarsi dalla cultura accademica per adeguarsi al nuovo ideale formale romantico-purista, cui si informava ormai un folto gruppo di artisti suoi condiscepoli alla scuola dell'Angelini, come i fratelli Calì, Pasquale Ricca, Tommaso Solari, l'Avellino, il Pasquarelli, Emanuele Caggiano e Michele Russo, dei quali egli condivideva anche il nuovo fervore patriottico, partecipando attivamente agli eventi politici del 1848, del 1860 e del 1866. Con essi lo scultore collaborava poi alla realizzazione del monumento commemorativo dei moti antiborbonici, la Colonna dei Martiri, eretta (1866-68) su disegno di E. Alvino nell'omonima piazza napoletana: è suo uno dei quattro leoni marmorei della base simboleggianti le rivolte popolari, e precisamente il Leone morente trafitto da una lancia rappresentante la sommossa del 1799 soffocata nel sangue (opera firmata e datata 1866).
Morì a Napoli il 10 ag. 1871 e venne sepolto in fossa comune nel cimitero di Poggioreale.
Artista di limitata cultura e scarsa fantasia, ma di notevole perizia tecnica, godette di una certa rinomanza nel suo ristretto ambiente, ma non lasciò significativa impronta nell'arte del tempo. Di carattere affabile e modesto, piuttosto incline al bere e alla compagnia femminile, si dilettò anche di musica e di pittura (suoi dipinti raffiguranti una Tempesta, una Marina e il Ritratto di Antonio Amati si conservano in casa Amati a Potenza).
Altre sue opere sono a Napoli: il Monumento funerario di Rocco Beneventani nel camposanto di Poggioreale, il Monumento dello storico Carlo Troya nella chiesa dei SS. Severino e Sossio, la statua di Flora (firmata e datata 1858) e forse altre due analoghe allegorie nella villa Laganà di Portici, due Angeli a sostegno dell'altare nella chiesa di S. Giuseppe a Chiaia e altri due Angeli nella chiesa di Piedigrotta; a Potenza: la statua di S.Gerardo nel monumento al santo sul Corso; e a Chiaromonte l'Angelo della custodia dell'altar maggiore della chiesa di S. Giovanni Battista.
Michele, fratello minore di Antonio, nacque a Potenza il 28 febbr. 1825. Seguì il fratello a Napoli e, con lui frequentò la scuola di scultura del Reale istituto di belle arti. Lavorò per un certo periodo a Napoli, ma poi, divisosi da Antonio, si ritirò a Potenza, ove visse e operò sino alla morte avvenuta l'8 apr. del 1894.
Fu mediocre e poco conosciuto scultore; la sua arte deriva in parte dall'Angelini in parte da Antonio, del quale tuttavia non raggiunse il livello tecnico e stilistico. Sue opere restano a Napoli il Monumento funerario del cardinal Carafa in duomo (e altri lavori per la facciata); a Potenza la statua di Mario Pagano nel palazzo del Tribunale e il medaglione in marmo con Ritratto di Francesco Amati in casa Amati; a palazzo San Gervaso (Potenza) il monumento funebre della famiglia d'Errico.
Nato a Napoli l'11 nov. 1851 da Michele e da Rosa Tripoli, Vincenzo, all'età di undici anni fu iscritto dal padre all'Istituto di belle arti di Napoli, ove si distingueva per passione e diligenza, soprattutto alla scuola del nudo e ai corsi di pittura tenuti da Domenico Morelli. Al concorso dell'Istituto del 1874 veniva giudicato secondo con il dipinto Musulmano dormiente e nel 1877 partecipava all'Esposizione nazionale di Napoli con l'Augure, opera passata poi in proprietà del marchese di Monteforte. Dal 1874 al 1885 esponeva con successo di critica alla Società promotrice (detta poi "Salvator Rosa"), e nel 1876 un suo dipinto intitolato Una povera Saffo veniva acquistato da Vittorio Emanuele II (oggi a Capodimonte). Altre sue opere note sono il Ritratto di Schumann nel conservatorio di S. Pietro a Maiella, l'Immacolata nella chiesa della Madonna delle Grazie, Nu pocode politica dopo magnato nel palazzo della Provincia a Napoli; Na fumata de pippa e Core contento nella collezione del duca di Melito. Lavorò quasi sempre a Napoli, ove morì in data non precisabile.
Sull'esempio del suo primo maestro, Domenico Morelli, Vincenzo si dedicò quasi esclusivamente alla pittura di figura e a scenette di genere, dando prova delle sue doti di disegnatore, ma restando sempre legato all'ambito culturale della sua scuola e del suo ambiente.
Fonti e Bibl.: Su Antonio, vedi E. Alvino, Il monumento in Piazza di S. Maria e Cappella, Napoli 1864; A. Galante, Guida sacra della città di Napoli, Napoli 1872, p. 122; G. Filangieri, Doc. per la storia,le arti e le industrie delle prov. nap., Napoli 1891, V, pp. 428 s.; P. De Grazia, Antonio B. scultore,con un'appendice su Michele e Vincenzo B., Potenza 1897; F. Colonna di Stigliano, Il borgo di Chiaia, in Napoli nobilissima, XIII (1904), p. 39; G. Ceci, in U. Thieme-C. Becker, Künstlerlexikon, V, Leipzig 1911, p. 285; N. Pollegiano, A. B., in Aspetti letterari, novembre-dicembre 1957, pp. 46 ss. Su Vincenzo, oltre al volume citato del De Grazia, pp. 48 ss., vedi F. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, p. 59; A. M. Comanducci, Dizionario ill. ... dei pittori... ital. moderni, I, Milano 1970, p. 466.