BUSTO
Originariamente la parola bustum (da buro, o uro, cfr. comburo, cui corrisponde τύμβος da τύϕω serviva ad indicare il luogo dove i cadaveri vengono bruciati e sepolti, mentre quella di monumentum specificava la parte esteriore della tomba, comprendente la statua o l'epitaffio posti sulla sepoltura. In senso traslato la parola "busto" fu usata per significare l'effigie di una persona non prima del Rinascimento, quando si incominciò a raccogliere in collezioni gli antichi ritratti e l'archeologia diede impulso ed ispirazione alle correnti artistiche del tempo.
Di fatto, però, il b., nel senso che noi diamo oggi a questa parola, è conosciuto ed usato presso i più antichi popoli mediterranei: gli Egiziani, infatti, che hanno peraltro creato b. veri e proprî fin dall'Antico Regno, erano soliti innestare sul volto delle mummie o sui coperchi dei sarcofagi delle maschere di cera, di legno o di cartapesta raffiguranti il volto del defunto. Lo stesso uso ci è attestato presso i Greci dalle maschere auree scoperte nelle tombe micenee. Si richiamano a questi tipi i canopi (v.) degli Etruschi, in cui con maggiore ricerca di tipizzazione sono ritratti i defunti: dapprima solo nel volto, poi a mezzo busto. Accanto ai canopi, i cippi funerarî ci presentano talvolta il ritratto rudimentale del defunto scolpito sulla colonnetta prima, modellato liberamente nella pietra poi, e in questo caso sostenuto da un piedistallo rettangolare sul quale spesso è inciso il nome (cfr. il cippo di Arnth Paipnas a Tarquinia, IV-III sec. a. C.). All'artigianato campano ci riportano invece le figure a mezzo busto modellate in terracotta che sono presenti quali veri e proprî ritratti nella produzione locale del II sec. a. C. Questa tendenza a conservare nel ritratto il ricordo vivo e reale della persona, quasi il volto ne fosse il compendio delle qualità morali e fisiche ed il capo la sede della sua anima, è caratteristica dell'ambiente italico, dal quale i Romani traggono le basi e l'esempio per lo sviluppo della loro ritrattistica. Degli antenati, infatti, essi conservavano nelle case gentilizie le maschere di cera (imagines maiorum), che incoronavano di alloro nei giorni festivi e che facevano portare nei cortei funebri; da queste maschere probabilmente si incominciò a tradurre in creta, in pietra, in bronzo i primi ritratti (v. ritratto).
La ritrattistica greca, rifuggendo da ogni artificiosa rottura della organicità naturalistica della figura umana, almeno sino alla piena età ellenistica, conobbe probabilmente un solo genere di monumenti iconici: la statua-ritratto, per cui sembra di poter affermare l'origine tipicamente romana del b. e sembra che anche il ritratto posto sulle erme sia sorto in ambiente ellenistico-romano (v. erma). Perdura ancora molta incertezza sull'origine dell'erma iconica, il cui uso vediamo in Grecia riservato agli dèi e solo tardi ammesso per l'effigie di uomini illustri: ne abbiamo l'esempio in età imperiale romana ad Atene nei ritratti dei magistrati dell'Efebia (cosmeti).
Nel mondo ellenistico il b., inclinato e sporgente in avanti, è spesso inserito al centro di nicchie o riquadri o medaglioni e si ottiene così quel tipo caratteristico di ritratto detto imago clipeata (v.). La sua origine è fatta risalire ai Cartaginesi, che pare usassero portare in guerra scudi dorati con sovrapposta una immagine (per il particolare significato che assunsero tali immagini, v. apoteosi). Anche a Roma si mantenne, sembra, quest'uso, se imagines clipeatae si trovano su scudi e patere di metallo prezioso (cfr. il ritratto in altorilievo al centro di una patera argentea di Boscoreale). Così, nell'ambito dell'arte romana repubblicana, attraverso la fusione di elementi etruschi, italici, greci, il b. ritratto si evolve, si libera dalla formula strutturale fissa per vivere nel gioco dell'anatomia del collo e delle spalle. Naturalmente il diffondersi della moda del ritratto in marmo ed in bronzo, che penetra in Roma attraverso i contatti della società romana con il mondo greco-asiatico, più intensi sul finire dell'età repubblicana, ha quale conseguenza uno sviluppo evolutivo del b., sviluppo che presenta le sue fasi più interessanti nel periodo che va dal I al III sec. d. C.
Nell'ultimo periodo repubblicano il b. è poco più di una testa-ritratto, giungendo appena sotto le clavicole. Nell'età giulio-claudia le dimensioni variano di poco ma il b. è chiuso in basso da una linea curva e sono impostati con forte evidenza il collo e le clavicole. È la forma che perdura anche in epoca flavia in singoli esemplari, costituendo quasi un attardamento; generalmente, infatti, il b. flavio comprende anche le spalle senza però giungere all'inizio delle braccia, il taglio verso il basso è più obliquo, in modo che la forma tende al triangolo ed assume un tono accentuatamente ornamentale, con eventuale drappeggio del manto sulla spalla sinistra e della bandoliera, che attraversa il torace e si appiattisce con poco rilievo sul petto. Se il b. è rivestito di corazza, essa aderisce alla struttura senza alcuna individualità. La sua accollatura, inoltre, è generalmente rotonda oppure tende all'ovale. Il trapasso da questa forma del b. ancora tettonicamente rigida e debole nel rilievo ad una esecuzione più naturalistica e plasticamente accentuata, avviene nel periodo di transizione tra la corrente d'arte flavia e quella traianea. I mutamenti sono dapprima poco visibili, ma poi la linea del contorno incomincia a muoversi nel modellato dei muscoli del torace, non scende severa ed obliqua verso il basso, ma si dilata in un respiro più ampio e si completa nella linea che scende dalle spalle per indicare l'inizio della braccia. Ma il contorno laterale rimane ancora in questa fase di effetto decorativo e rifugge da un più preciso rendimento del particolare.
Nello sviluppo completo del b. traianeo, l'attaccatura delle braccia è resa con un piccolo taglio di stacco e si manifestano già quegli elementi che porteranno allo studio e al rendimento delle muscolature del torace: i contorni hanno un movimento vivo e naturalistico, la carne è resa in tutta la morbida, ma elastica tensione dei muscoli; il panneggio, che scende più abbondante dalla spalla, sulla quale è spesso fermato da una fibula rotonda, è reso con maggiore dettaglio e si ravviva attraverso un gioco di pieghe più vibrante e pittoresco, la bandoliera acquista un efficace rilievo sul petto avendo i bordi ben pronunciati ed a volte scendendo ondulata; la linea di base del b. si allarga e l'insieme acquista un'impostazione poderosa ed animata. Si può dire così che durante l'età traianea il b. raggiunge la sua più naturale espressione. Lo attestano i ritratti dell'imperatore stesso, sicuramente datati dal confronto con le monete al decennale del suo principato nel 108 d. C., che segna l'affermarsi di questa nuova tipologia.
Nell'epoca adrianea le principali innovazioni comportano l'attaccatura delle braccia, più pronunciata e sporgente, il b. più espanso nella parte inferiore sì da perdere ogni carattere decorativo ed in genere il potenziamento di tutti quegli elementi imposti dal nuovo stile traianeo con i ritratti del decennale. Prevale generalmente il b. loricato avvolto nel paludamento, in cui di solito l'accollatura della corazza è listata ed il suo tipo ricco nei particolari degli spallacci e del gorgonèion.
Su questa base si sviluppano i busti del periodo antoniniano. Tra essi mancano del tutto i tipi interamente nudi, quelli ad egida, quelli con la semplice bandoliera o il panneggio sulla spalla e più che di b. si potrebbe quasi parlare di mezza figura, perché spesso si scende a riprodurre buona parte del corpo fino allo stomaco e più giù al basso ventre ed appaiono intere le braccia. La tunica riveste il corpo e spesso si snoda sopra di essa il paludamentum con pieghe ampie, profonde ed orlo a frange, o la toga che esce dalla zona intorno alla vita con uno sbuffo caratteristico detto umbo o sinus. Adorne di sbalzi e tutte squamose sono anche le corazze che rivestono le semifigure loricate e si notano già sulle effigi nella monetazione da Marco Aurelio in poi. Sia le figure togate che quelle loricate offrono così un insieme ricco di pittoricità, in cui prevale il giuoco del chiaroscuro adeguato al gusto dell'epoca.
Con l'avvento dei Severi la forma del b. ritorna in qualche caso a quella adrianea, ma il rendimento che ne risulta è freddo e convenzionale. Subentrano atteggiamenti ispirati al simbolismo orientale che irrigidiscono il ritratto: è nota, attraverso lo studio della numismatica, l'importanza che in quest'epoca assume il culto del Sole e come si identifichi con questo culto quello dovuto all'imperatore, così che nelle effigi egli compare cinto della corona radiata con il braccio destro piegato in alto nel gesto tipico del Sol Invictus, mentre i busti dell'imperatrice sono adorni del crescente lunare.
I busti togati in cui l'umbo si appiattisce in una larga piega rettangolare obliqua sul petto e dà vita alla cosiddetta toga contabulata, tipici della metà del III secolo, sono assai frequenti nelle imagines clipeatae che compaiono, contenute in ghirlande e medaglioni, sui sarcofagi e sui monumenti funerarî già a partire dall'epoca antoniniana.
Alla metà del III sec. d. C. riprende vigore il tipo dei piccoli busti pre-traianei che a volte si riducono, avvicinandosi nel IV sec., alla semplice impostazione della testa sul collo e sulla linea delle clavicole appena accennate, ma accanto a questi si sviluppa il tipo del mezzo b. che trova in età tetrarchica alcune tra le manifestazioni più caratteristiche.
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