BUTKARA I (Swat, Pakistan occidentale)
Dal nome della zona: area sacra buddistica nella valle del Jāmbīl, presso Mingora, scavata dalla Missione Archeologica Italiana dell'Ismeo (1956-1962). Entro un recinto irregolarmente quadrangolare (NS, m 75 × EO, m 65-80) con un ingresso conservato a S, il Grande Stūpa, a pianta circolare, domina l'area affollata di monumenti (in numero di 227) di varie dimensioni e forma: stūpa, vihāra e colonne. Il complesso ha subìto durante il trascorrere dei secoli (III sec. a. C.-VIII sec. d. C.) numerose vicende con continue distruzioni e ricostruzioni.
Il Grande Stūpa (= GSt.) si compone in origine (GSt. 1) di una grande cupola a blocchi di schisto (diametro m 11,44), racchiudente nel centro la cassetta-reliquiario, ed emergente da un terrapieno; questo sostituito poi da un cilindro di base (GSt. 2; diametro m 13,44) con nicchie sui punti cardinali. Viene quindi ricostruito (GSt. 3), inglobando i precedenti, nella forma di due corpi sovrapposti (l'inferiore diametro m 15,18; il superiore, arretrato, ornato di lesene corinzie di schisto verde, diametro m 12,84), su cui si imposta una nuova cupola, ora perduta, con gradinate nei quattro punti cardinali; il paramento è a blocchetti di talco. Di nuovo ampliato (GSt. 4; diametro m 17,52), mantiene la medesima struttura e adopera la medesima materia del precedente; è ornato di 16 nicchie con rilievi, dietro le quali sono ricavate delle cassette-reliquiario; possiede, al posto delle gradinate, sopraelevato sull'area circostante, un ambulacro (pradakṣiṇāpatha) sopraelevato sull'area che gira tutt'intorno ad esso, con monumenti che si dispongono a mano a mano sul bordo e con porte di accesso aperte tra essi, sempre nei punti cardinali, chiuse ad un dato momento, tranne quella di E. Sulle sue rovine poggia un'ultima ricostruzione (GSt. 5; diametro m 15,6o) a struttura semplificata con tecnica muraria a lastre e scaglie di schisto, e di fattura scadente. Sulla base delle monete la costruzione del monumento può essere assegnata al III sec. a. C. e le sue ricostruzioni al II sec. a. C. (GSt. 2), alla fine I sec. a. C.-inizî I sec. d. C. (GSt. 3), alla prima metà del IV (GSt. 4), alla fine del VII-VIII (GSt. 5).
La sicura successione di forme e di tecniche, precisata in termini di cronologia assoluta, costituisce una fondamentale acquisizione per la storia di questo tipo di monumento. La correlazione stratigrafica degli altri monumenti con la serie delle ricostruzioni del Grande Stūpa, oltre che mostrarci la trasformazione planimetrica dell'area, amplia notevolmente il quadro evolutivo tipologico e tecnico-struttivo dell'architettura buddistica. Da notare le colonne che, innalzate nei periodi più antichi, fanno corona al Grande Stūpa: dapprima massicce, dal plinto liscio, dalla base ionica gonfia, a blocchi di schisto, quindi più armoniche, eleganti, dal plinto con modanature, a blocchi di talco.
Con queste ultime si associano, alternandosi su una linea tangente a N, una serie di stūpa che conservano la decorazione architettonica di schisto verde (semicolonne, lesene, cornici). In uno di essi (n. 17) le tracce di fiori di loto azzurri e rossi dipinti sugli intonaci nella campitura delle pareti e la probabile doratura delle parti architettoniche mostrano la ricchezza e lo splendore di questo e di altri consimili monumenti. Il Grande Stūpa 4 ha sull'intonaco, che nasconde i pannelli di schisto, andati in gran parte perduti, una decorazione dipinta a festone continuo curvilineo con fiori di loto aperti nei campi delle sue curve; girali rossi si svolgevano sul pavimento di stucco. Oltre alla pittura, sia ornamentale che figurata, di cui qualche prezioso frammento ci è giunto, completano la visione monumentale la decorazione architettonica e i rilievi figurati di schisto verde, riadoperati nel tempo anche come materiale da costruzione, e quindi la decorazione a rilievo in stucco e le immagini di stucco, che si innalzavano nelle celle dei vihāra e lungo le pareti dell'ambulacro.
L'area sacra era connessa con un vasto abitato, di cui una piccola porzione è stata scavata, rivelante cinque periodi costruttivi sovrapposti. Esso si stendeva ampio lungo la confluenza delle valli del Jāmbīl e del Saidu, circondato lungo le pendici dei monti da altre aree di culto (tra cui Butkara II, Saidu Sharīf I, in corso di scavo, Kātelai). Ad esso doveva appartenere il centro fortificato (?) di Bārāma (in corso di scavo), situato sulla riva opposta del fiume Jāmbīl su una doppia piattaforma.
A E dell'Area Sacra una scultura su roccia con l'immagine di Avalokiteśvara segna il percorso che, risalendo la valle del Jāmbīl, dove si incontrano altri centri religiosi (tra cui Pānr, scavato dalla Missione Italiana) e stūpa, stele e rilievi su roccia, raggiunge agevolmente, oltrepassato il passo di Gokand, la regione del Buner e quindi l'Indo.
Questo centro, in base al riesame delle fonti cinesi e in base all'esplorazione del terreno e quindi agli scavi, si può identificare probabilmente (G. Tucci) con la capitale della regione (Mêng chie li; menzionata da Hsüantsang, 629-645 d. C.), già localizzata presso Manglāor (Foucher, Chavannes, Stein) e quest'area sacra con il santuario di T'o-lo, menzionato da Sung Yün (518-522 d. C.) come il più grande e il più ricco di tutta la regione.
Al di sotto dell'area sacra e dell'area abitata, separate da un alto strato sabbioso-argilloso alluvionale, è stato posto in luce nei profondi saggi un impianto abitato, con tracce di muri, con pozzi dalla bocca stretta e dal fondo ampio e piano, ricavati nel sottostante strato naturale di ciottoli e sabbia; impianto la cui datazione è ancora incerta, forse da collocarsi ad un periodo anteriore a quello a cui si attribuiscono le necropoli prebuddistiche.
Bibl.: Sir A. Stein, An Archaeological Tour in Upper Swāt and Adjacent Hill Tracts, in Mem. Arch. Sur. Ind., 42, 1930, p. 43; Survey of Pakistan Map, one inch, F. n. 43 B-5, N. W. Frontier Province, II ed., 1932; G. Tucci, Preliminary Report on an Archaeological Survey in Swat, in East and West, IX, 1958, pp. 285 ss.; id., La via dello Svat, Bari 1963; D. Faccenna, Mingora: Site of Butkara, I, IsMEO Reports and Memoirs, I, Roma 1962, pp.. 3 ss. (1956-57); pp. 83 ss. (1958); id., A Guide to the Excavations in Swāt (Pakistan) 1956-1962, Roma 1964, pp. 27 ss. (ivi bibl. prec. e notizie sulle mostre illustranti lo scavo). Per il materiale rinvenuto e in particolare per quello scultoreo, numerosissimo e di grande importanza ai fini dell'esame stilsitico e la datazione dell'arte del Gandhāra, oltre quanto citato in Faccenna, A Guide, cit.; M. Taddei, On a Hellenistic Model Used in Some Gandharan Reliefs in Swat, in East and West, XV, 1965, pp. 174 ss.; M. Bussagli, Arte del Gandāhra, in Forma e Colore, 1965; M. Taddei, Rilievi del Gandhāra, in Museo Civico di Torino: Sezione d'arte orientale, Torino, 1966, pp. 31 ss.; L. Petech, A Kharoṣṭhi Inscription from Butkara I (Swat), in East a West, XVI, 1966, pp. 80 ss.; R. C. Agrawala, An Interesting Relief from the Swat Valley (I), ibid., XVI, 1966, pp. 82 s.; M. Taddei, An Interesting Relief from the Swat Valley (II), ibid., pp. 84 ss.; G. Tucci, Il Trono di Diamante, Bari 1967; M. Hallade, Inde, Un millénaire d'art bouddhique, Parigi 1968. Per gli altri scavi della Missione Archeologica Italiana nelo Swāt, e per altro materiale da questo rinvenuto nella regione, v. D. Faccenna, A guide cit., e successivamente: per Bārāma: D. Faccenna, Results of the 1963 Excavation Campaign at Barama I (Swat-Pakistan). Preliminary Report, in East and West, XV, 1964-65, pp. 7 ss. Per il periodo pre-protostorico e in particolare per le necropoli: G. Stacul, Preliminary Report on the Pre-Buddhist Necropolises in Swāt (c. Pakistan), in East and West, XVI, 1966, pp. 37 ss.; id., Notes on the Discovery of a Necropolis near Kherai in the Gorband Valley (Swāt-West Pakistan), ibid., XVI, 1966, pp. 261 ss.; id., Excavations in Rock Shelter near Ghālīgai (Swāt-W. Pakistan). Preliminary Report, ibid., XVII, 1967, pp. 185 ss.; id., Discovery of Four Pre-Buddhist Cemeteries near Pācha in Buner (Swāt-W. Pakistan), ibid., XVII, 1967, pp. 220 ss.; E. Castaldi, La necropoli di Katelai I nello Swat (Pakistan). Rapporto sullo scavo delle tombe 46-80 (1963), in Memorie Lincei, s. VIII, XIII, fasc. 7, 1968, pp. 485 ss.; G. Stacul, Excavation near Ghālīgai (1968) and Chronological Sequence of Protohistorical Cultures in the Swāt Valley, in East and West, XIX, 1969, pp. 44 ss.; id., Discovery of a Protohistoric Cemeteries in the Chitral Valley (West Pakistan), ibid., XIX, 1969, pp. 92 ss.; Ch. Silvi Antonini, Swāt and Central Asia, ibid., XIX, 1969, pp. 110 ss., e quindi per l'esame antropologico e le analisi per mezzo del radio carbonio: G. Genna, First Anthropological Invsetigations of the Skeletal Remains of the Necropolis of Butkara II (Swāt, W. Pakistan), in East and West, XV, 1965, pp. 161 ss.; G. Alciati-M. Fedeli, On Some Traumatic Lesions in Human Bone Remains of the Necropolis of Butkara II (Swāt, W. Pakistan), ibid., XV, 1965, pp. 168 ss.; G. Alciati, I resti ossei umani delle necropoli dello Swat (W. Pakistan). Parte I: Butkara II, in IsMEO Reports and Memoirs, VIII, i, 1967; M. Alessio, F. Bella, F. Bachechi, C. Cortesi, Radiocarbon, 8, 1966, pp. 408 s. (Butkara II, Bārāna); 9, 1967, pp. 360 ss. (Kātelai I, Loebanr I); M. Alessio, F. Bella, C. Cortesi, B. Turri, ibid., 11, 2, 1969, pp. 482 ss. (Ghālīgai). Per le sculture e le iscrizoni provenienti da Uḍegrām v. G. Pugliese Carratelli, Greek Inscriptions of the Middle East, in East and West, XVI, 1966, pp. 35 s.; M. Taddei, A Problematical Toilettray from Uḍegrām, ibid., XVI, 1966, pp. 89 ss. Per le stele e le sculture su roccia lungo le vie di comunicazione, v. G. Tucci, An Image of a Dei Discovered in Swat and Some Connected Problems, in East and West, XIV, 1963, pp. 146-82.