Vedi BUTRINTO dell'anno: 1959 - 1994
BUTRINTO (Βουϑροτός, Buthrŏtum, alb. Vutrinto)
Città localizzata a poca distanza dal confine greco-albanese, quasi di fronte a Corfù, sulla riva occidentale del lago di Vivari (il lago Pelode degli antichi). Secondo la tradizione riferita da Virgilio, nel III libro dell'Eneide, B. era stata fondata dall'indovino Eleno, che aveva sposato Andromaca, vedova di Ettore. Ma, probabilinente, come provano frammenti di vasi corinzî; rinvenuti negli ultimi scavi sull'acropoli, B. è di fondazione corinzio-corcirese, come Durazzo e Apollonia, In età romana la città era ancora molto fiorente: era stata eretta a colonia fin dal periodo di Giulio Cesare; vi sorgeva la magnifica villa di Pomponio Attico, l'Amaltheion. L'antica B. era già stata rintracciata dall'anconetano Ciriaco de' Pizzicolli nel 1435. Fu scavata dalla missione archeologica italiana dal 1927 al 1940.
Gli scavi sono limitati all'acropoli e alla parte più alta della città, perché in quella bassa le infiltrazioni d'acqua li rendono impossibili.
Il complesso monumentale più imponente di B. è costituito dalle mura, che in Albania sono superate solo da quelle di Fenice, che era la rocca più munita dell'Epiro. Sono costruite con grandi blocchi squadrati, uniti mediante sagomature a incastro e grappe metalliche. Assai notevoli sono le sette porte delle quali alcune sono perfettamente conservate, altre meno, e di altre, infine, rimane solo la traccia. Tra le prime, la più degna di menzione, per la conservazione e la perfezione architettonica, è la Porta che l'Ugolini chiamò "Scea": molto probabilmente a questa allude Virgilio nel suo poema, quando narra la commozione di Enea nei vedere la porta che era tanto simile alle Scee di Troia. L'altezza attuale del suo vano è di 5 m, ma il piano scoperto, consistente in un irregolare lastricato, è bizantino: quello originario giace a un metro e mezzo al disotto. Notevolissima è la sua struttura. In alto, infatti, la piattabanda è sostenuta da una serie di mensoloni sagomati che, a loro volta, sostengono i conci di copertura. Uguale struttura si nota nella porta che è stata detta del Leone, nome che le deriva dalla decorazione dell'architrave, consistente in una lastra calcarea scolpita, sulla quale è rappresentato un leone che abbatte un toro, scultura di notevole potenza espressiva.
Negli scavi diretti dal Marconi, dopo la morte dell'Ugolini, è stata messa in luce una terza porta, detta "Porta a Mare". Essa differisce dalle altre, perché è costituita da due torrioni, uno a pianta quadrangolare e l'altro a pianta rettangolare terminante con un'abside, in modo che la sporgenza esterna assume l'aspetto di una torre semicircolare. Ambedue gli elementi avevano una copertura sostenuta da pilastri, parzialmente conservati. Lo spazio fra i due torrioni costituiva l'ingresso alla porta, e si chiudeva mediante una serranda che scorreva tra due guide visibili sui muri laterali.
Oltre alle mura, B. ci mostra resti di edifici di epoca ellenistica, ma più specialmente romana, e alcune vestigia dei periodi bizantino e veneziano. Il monumento più importante è il teatro. Esso, appoggiato alla retrostante collina dell'acropoli, è una costruzione non molto grande, ma assai armoniosa, i cui gradini sono quasi interamente conservati, senza restauri o modifiche d'età romana. Romana è invece la scena, in mattoni, il cui muro di fondo è adorno di arcate e nicchie, che ospitavano numerose statue, molte delle quali sono state ritrovate. Le pàrodoi, o uscite laterali, in età romana sono state munite di copertura a vòlta; il resto dell'edificio appartiene alla costruzione ellenistica originaria. Un gran numero di iscrizioni greche, ancora inedite, copre i muri delle pàrodoi. Una dedica è incisa su uno dei gradini della cavea. Purtroppo, varie lacune non permettono di individuare la divinità a cui essa si riferisce, che doveva essere certamente quella cui il teatro era dedicato e che, in questo caso, contrariamente all'uso comune, sembra non fosse Dioniso, ma Esculapio, divinità della quale è stato rimesso in luce un sacello, le cui strutture sono talmente vicine a quelle del teatro, da far quasi corpo con esso. Questo tempietto è d'età romana, ma costruito su uno preesistente, greco, del quale segue perfettamente le linee della pianta, ancora chiaramente visibili. E una costruzione un po' fuori dell'ordinario, perché le si è voluta dare l'apparenza di una grotta, e perciò ha una copertura a vòlta a botte, mentre il muro anteriore, nel quale, ai lati della porta, si aprono due finestre, si interrompe prima di giungere al soffitto. La costruzione è in piccoli blocchi calcarei, che hanno forma e dimensioni di mattoni. Nell'interno fu rinvenuta una statua panneggiata con un incavo per la testa: è probabilmente la statua del sacerdote eponimo. In una nicchia è stata trovata la stipe votiva, ricca di più di trecento doni dedicati al dio.
Sulle pendici dell'acropoli, al disopra del sacello di Esculapio, è il basamento di un altro tempietto di costruzione ellenistica, con pavimento a mosaico, d'età romana. Dietro al teatro sono i resti di un portico greco, con pilastri a grossi blocchi parallelepipedi; più lontano sono i ruderi di una casa romana. Di fronte al teatro è un edificio termale, e al di là di questo è stata riconosciuta l'area del Foro, che le infiltrazioni d'acqua non hanno permesso di scavare.
Poco lontano è una fonte, che un'iscrizione in greco c'informa che fu dedicata alle ninfe da Giunia Rufina. Altri monumenti importanti, che testimoniano della floridezza della città in età romana, sono un grandioso ninfeo, varî edifici termali, i resti dell'acquedotto, ancora visibili nella vicina pianura di Zara. Ma forse il monumento più caratteristico, e certamente il più famoso, è il battistero. Esso è costituito da una sala circolare, originariamente appartenente a un edificio termale. Al centro vi è stata scavata, nel IV o nel V sec., la colymbethra, o vasca battesimale per il rito della immersione, a forma di croce greca; il pavimento è costituito da un meraviglioso mosaico policromo, con motivi geometrici, elementi vegetali e animali, cui in età cristiana sono stati aggiunti due riquadri rappresentanti i simboli del Battesimo e dell'Eucarestia.
B. fu anche un possedimento veneziano. Tracce della dominazione sono rappresentate, oltre che da rifacimenti nelle mura, dai resti di un castello sull'acropoli, e da quelli di una grandiosa basilica, della quale non rimangono che i muri laterali ad arcate.
Varie sculture d'età classica sono state rinvenute a B., per lo più presso il teatro, di cui ornavano la scena. Ricorderemo tra queste la "Grande Ercolanese", buona copia del famoso tipo di statua femminile, ammantata e velata; la "Dea di B.", costituita da una testa, che è in realtà appartenente a un tipo di Apollo del IV sec. a. C., inserita su un corpo femminile panneggiato, copia da un originale postfidiaco; le due statue di guerrieri, di cui una è firmata da Sosikles ateniese, sono due statue molto simili fra loro, le quali nella posizione ricordano molto le figure dei Diadochi ellenistici, ma ambedue indossano la corazza di tipo ellenistico; le teste-ritratto di Augusto e Agrippa. Un pezzo di grande valore è un rilievo attico del V sec. a. C., rappresentante una Nike, trovato al di fuori della città, e che probabilmente adornava l'Amaltheion, la villa di Pomponio Attico. La Nike, alata e panneggiata, è rivolta verso destra; è scolpita in marmo pario. Secondo il Mustilli non sarebbe un originale greco, ma un'opera del I sec, a. C.
Bibl.: La bibl. e le fonti sono raccolte nei due volumi postumi di L. M. Ugolini: B., il mito di Enea, gli scavi, Roma 1937; Albania Antica, vol. III, L'Acropoli di B., Roma 1942. A questi aggiungi: D. Mustilli, Relazione preliminare sugli scavi in Albania, in Rendic. Accad. d'Italia, s. VII, vol. II, fasc. 12, 1941, p. 686; A. De Franciscis, Iscrizioni di B., in Rendic. della Reale Accademia Arch. di Napoli, vol. XXI, 1941, pp. 273-290; P. C. Sestieri, B., in Arte Mediterranea, I, 1941, n. 6, p. 26 ss.