BYŌBU
Paravento giapponese a più ante pieghevoli (due, quattro, sei, ma anche otto e dieci), recanti generalmente nel lato interno dipinti su carta o seta, foderati ai bordi da broccato montato entro cornici lignee, il b. era tradizionalmente adibito, come lo shoji, per creare elementi divisori nelle spaziose abitazioni nobiliari, a struttura architettonica aperta. Commissionato per lo più in occasione di ricorrenze speciali come matrimoni, nascite, funerali (in quest'ultimo caso i pannelli erano interamente bianchi) o cerimonie ufficiali, era accompagnato da preziose calligrafie. Era generalmente prodotto in coppia, e le dimensioni canoniche di ciascun elemento, riportate dai manuali di pittura, variano dai quattro agli otto shaku (1 shaku = 30 cm), ma le misure complessive più comuni sembrano quelle di sei shaku di altezza e dodici di lunghezza (180 X 360 cm). Quando le dimensioni erano minori poteva assumere funzioni particolari, come il makura b., alto meno di 5 shaku, che veniva posto accanto ai giacigli, e i piccoli paraventi a due ante per lo più non dipinte, furosaki-b. e kō-b., usati rispettivamente per le cerimonie del tè e dell'incenso.
Già noto nella Cina del II sec. a.C. (dinastia degli Han Anteriori), ove appare generalmente collocato in coppia ai lati dei seggi nobiliari e risulta spesso composto o guarnito di materiale metallico prezioso e giada intagliata, in Giappone il b. è menzionato per la prima volta dalla fonte storica del Nihon Shoki, che riporta l'elenco ufficiale dei doni offerti nel 686 dal regno coreano di Siila all'imperatore Tenmu. Fra i più antichi b. conservati in Giappone si può ricordare il paesaggio policromo con eremita visitato da accoliti, conservato al Tōji di Kyoto, paravento adibito a rituali buddhistici esoterici e tradizionalmente ritenuto come uno dei tesori riportati dalla Cina da Kōbo Daishi nell'806, anche se è ormai generalmente riconosciuto come tarda copia dell'XI secolo. Dato il materiale di fabbricazione estremamente deperibile, assai rari e per lo più frammentari sono gli esemplari di b. precedenti l'epoca Fujiwara (900-1189). Nei più antichi b. conservati in Giappone, come attestano i reperti del tesoro dello Shōsōin di Nara, le varie ante erano unite fra loro da lacci in cuoio (sessen), il che favoriva una netta divisione figurativa tra un riquadro e l'altro, secondo gli schemi originari cinesi. Anche nel periodo Heian (794- II86) continua a prevalere questo modello di b., come attesta il Ruiju zatsu yishō («Registro di vari oggetti»), che menziona il tipo zenigata b. (b. a forma di moneta), così chiamato per la forma dei singoli cardini della cerniera, che oltre a tenere unite le varie ante, proteggeva le cornici in legno laccato dall'inevitabile logoramento che le frequenti aperture e chiusure comportavano.
Bibl.: S. Noma, T. Shinichi (ed.), Nihon bijutsu jiten («Dizionario di arte giapponese»), Tokio 1970, s.v.; Heibonsha Daihyakka jiten - Encyclopaedia Heibonsha, XII, Tokio 1985, s.v..