C
È la terza lettera dell'alfabeto romano e di quelli derivati da esso; il suo nome, che era ce in latino, si è conservato in quasi tutte le lingue europee; in italiano è ci. La sua forma deriva da quella del gamma nell'alfabeto greco occidentale (calcidico) che fu modello del romano (v. alfabeto, II, p. 372). E in questo, infatti, la C rappresentò in origine il suono della velare sonora (G), come mostra, tra l'altro, il persistere delle sigle C. e Cn. quali abbreviazioni dei prenomi Gaius e Gnaeus. Più tardi, forse sotto l'influsso dell'etrusco che non distingueva le sorde dalle sonore, passò anche a rappresentare la velare sorda, con valore eguale a quello della K che appunto perciò scomparve a poco a poco quasi interamente dalla scrittura latina, mentre per rappresentare il suono g fu introdotta una lieve modificazione al segno originario, il quale assunse la forma G. La C mantenne tuttavia, nella serie alfabetica, il posto che occupava quando aveva ancora il valore antico. La forma della lettera, maiuscola e minuscola, ha cambiato pochissimo nello svolgimento della scrittura latina.
Il suono della c latina era originariamente soltanto velare (la cosiddetta c dura) e tale si mantenne per tutta l'età classica; in epoca imprecisata, fra il IV e il VI sec. d. C., si ha il fenomeno del passaggio della velare a palatale (la cosiddetta c molle o schiacciata) innanzi alle vocali e, i (vocali chiare), e questo duplice valore fonetico dell'unico segno C persiste tuttora nell'italiano e nel romeno (p. es. cinque, cinci), mentre in altre lingue neolatine (francese, spagnolo, portoghese) la c palatale presenta un altro svolgimento, passando attraverso l'affricata (z dura), a sibilante sorda (s): abbiamo così in francese (cinq) e in portoghese (cinco) il suono s, mentre lo spagnolo (cinco) presenta una spirante interdentale (come th nell'inglese thing).
Da questo variare dei suoni rappresentati dal segno C è sorta la necessità di distinguerli sia mediante l'aggiunta di altre lettere, sia mediante segni diacritici. Cosi in italiano e in romeno si hanno i gruppi ch e ci, che rappresentano i suoni velare e palatale rispettivamente innanzi a vocali chiare e cupe (china e ciancia); in spagnolo e portoghese il gruppo ch rappresenta il suono palatale; in francese, dove anticamente ch aveva questo stesso valore, si giunge alla pronunzia odierna (š). Le altre lingue, non neolatine, che accolsero l'alfabeto latino risentirono anch'esse l'influsso di tali variazioni: così la c inglese ha gli stessi valori di quella francese (ch vi si è conservata palatale, come in antico francese); in tedesco, innanzi a e, i, la c suona come z dura (e si usa solo in vocaboli di origine latina e neolatina, p. es. Citrone), mentre innanzi ad a, o, u si ha il suono velare (anche qui solo in vocaboli latini e neolatini, p. es. Couvert); nell'ortografia tedesca più recente è invalso il principio di sostituire alla c nel primo caso la z e nel secondo la k; nelle lingue slave ad alfabeto latino (croato, sloveno, cèco, polacco) la c ha dappertutto il valore di z dura.
Non soltanto la c ha diversi valori nelle singole lingue; ma essa entra anche, con diversa funzione, nella composizione di gruppi di consonanti che in realtà rappresentano un suono unico; si sono già visti gli esempî di ch e ci; in italiano sc (sci innanzi a vocali cupe) rappresenta la spirante linguale; in tedesco ch rappresenta un'aspirazione velare, sch la spirante linguale, tsch la palatale sorda (che in francese è resa con tch nella trascrizione di voci straniere); in polacco cz, in ungherese cs rappresentano la palatale sorda.
Analoga funzione hanno alcuni segni diacritici, collocati sotto la lettera, come la cediglia (dallo spagnolo cedilla, propriamente "piccola zeta"), che serve a indicare valori sibilanti della cc (lo spagnolo ne ha perduto l'uso; esso sussiste in portoghese e in francese innanzi ad a, o, u), ovvero collocati sopra, come il cèco č e il croato č e ć, che rappresentano suoni palatali. La trascrizione usata in linguistica, seguendo il principio di trascrivere con segno unico ciascun suono unico, ha introdotto il segno č per la palatale e usa la k per la velare.
Il passaggio di k, innanzi a vocali chiare, alla palatale sorda (con forme intermedie di intacco della velare) si riscontra anche in altre lingue non neolatine, p. es. nel greco moderno e in alcuni dialetti arabi. Ma poiché queste lingue non hanno introdotto nel loro alfabeto alcun segno per rappresentare tale innovazione fonetica, ne è derivato che altre lingue, le quali avendo adottato rispettivamente gli alfabeti greco e arabo, possedevano il suono di c palatale (ć), sono state indotte a creare nuovi segni per rappresentarle: così il russo, serbo e bulgaro &mis4;d e il persiano-turco arabo.
Numerazione. - Nel sistema di numerazione romano C = 100.
Musica. - La lettera C dell'alfabeto musicale designava anticamente il terzo suono della scala fondamentale preguidoniana e nella nomenclatura odierna latina della scala musicale, ancora usata dai Tedeschi e dagl'Inglesi, corrisponde al do italiano e all'ut francese. Per l'uso di essa nella gamma di Guido d'Arezzo (sec. XI), v. alfabeto musicale.
La C fu una delle lettere dell'alfabeto musicale che intorno al sec. X furono scelte, perché fungessero da chiave sul rigo allora nascente; e figura spesso nei manoscritti neumatici dell'epoca guidoniana insieme con la lettera-chiave F. La sua forma venne poi gradualmente alterata dai copisti sino a diventare il segno moderno della chiave di do. Nel sistema esacordale, fiorito dopo i tempi di Guido d'Arezzo, la C si trovò accoppiata, secondo la sua posizione nella scala generale, con altri nomi di note di derivazione guidoniana, donde i termini di Cifa, Cifaut, Cisolfaut - che indicavano il suono ut (do) considerato nelle varie scalette del sistema.
Come abbreviazione di termini musicali, la c può avere varî significati; può rappresentare la parola celeriter (nel canto gregoriano), e, accoppiata con altre lettere, può rappresentare le espressioni: cantus firmus (c. f.); da capo (d. c.); basso continuo (b. c. opp. B.C.). Essa può infine avere un significato di misura, indicando una battuta di tempo ordinario in 4/4.
Matematica. - Nell'analisi matematica spesso la C indica una costante arbitraria d'integrazione.
Fisica. - In fisica si indica con la lettera C la riga Fraunhofer dell'idrogeno nella regione rossa dello spettro solare.
Chimica. - La C è il simbolo chimico del Carbonio.
Calendario. - La C è la terza delle lettere domenicali, negli anni in cui la prima domenica cade il 3 gennaio. Nel calendario romano era la terza delle lettere nundinali e designava il terzo giorno di ogni novenario.
Filosofia. - Nei versi mnemonici con cui gli scolastici indicarono schematicamente i varî modi del sillogismo (v.), la lettera iniziale C indica che quel modo può esser ridotto al modo Celarent della prima figura; inoltre, nell'interno d'una data parola mnemonica, la lettera c (che in genere significa la "contrapposizione" dei giudizî, e cioè una delle forme della loro "conversione" indica che la riduzione del modo da essa significato a un modo della prima figura va fatta convertendo per contrapposizione.
Simbolismo. - La C si usa a indicare il terzo elemento d'una serie. Sulle monete francesi la C indicò successivamente quelle della zecca di Chinon, di Saint-Lo, e di Caen.