PIROTA, CA' (o Casa Pirota)
Si chiamano così le diverse attivissime officine dei figli di un Pierotto di Gaspare di Michele Paterni (morto prima del 1505) operanti a Faenza e altrove (ad es., Ravenna); nonché il complesso della produzione maiolicaria di queste, che è di gran lunga la più celebre fra tutte le altre "botteghe" faentine. Non è fondata l'ipotesi del Guasti (Di Cafaggiolo, ecc., Firenze 1902, p. 456) che "questa fabbrica prese nome non dal suo maestro o capo principale, ma da una casa o edificio di Faenza, così chiamato, dove era posta la fabbrica".
Il genere caratteristico delle opere, che le fa di primo acchito riferire al nome della casata, è quello detto "a sopra azzurro", ma la bottega lavora anche, in tempi più tardi, "a berrettino" (v.). Nel primo caso l'oggetto è rivestito di uno smalto azzurro, anziché bianco; fondo che il pittore utilizza anche a formare le parti in ombra delle figure della composizione, trattate in due toni di giallo (e ne risultano così dei toni verdi) e lumeggiate di bianco. I contorni, sulla tesa dei piatti, sono a grottesche riservate in azzurro sopra un fondo turchino con "lumetti" bianchi (cfr. Corpus della maiolica italiana, I, n. 159, ecc.), e assai spesso separati dal fondo mediante un cavetto decorato a motivi filiformi in bianco sopra bianco" sul fondo azzurro. Eccezionalmente vengono impiegati anche fondi gialli (ibid., n. 153, tav. XIV, datata 1524).
Benché noi possiamo riferire il lavoro anche a tempi assai anteriori, il punto centrale della produzione è da mettersi fra il 1520 e il 1525; essa è allora veramente insigne per raffinatezza d'intonazione, per intensità di effetto decorativo, per gusto, per efficace scelta dei soggetti anche da stampe tedesche (spec. del Dürer) nel genere su citato. La "bottega" ha ospitato anche artefici insigni (ad es., il "Maestro della Resurrezione", Corpus, ecc., I, nn. 86, 117 e 128; il monogrammista F. R., ibid., n. 120). Ma il lavoro continua lungamente e si sviluppa quasi industrializzato anche per l'esportazione specialmente nel genere "a crespine" (scannellati), "a quartieri", "a porcellana", "a berrettino", ecc. Le marche principalmente usate dalle officine dei Pirotti sono indicate nella figura.
Più rara è l'apposizione del nome della bottega, come nel piatto del Museo civico di Bologna (Incoronazione di Carlo V) "Fato in Faenza in caxa Pirota".