CABIRI (Κάβειροι, Cabīri)
Divinità dell'antica religione greca, assai confuse e incerte così nella loro origine come negli elementi che vennero via via a modificarne l'aspetto primitivo. Il nome risale indubbiamente al semitico kabīrīm, che significa "i grandi, i potenti"; e infatti i Cabiri sono spesso designati dai Greci come ϑεοὶ μεγάλοι, δυνατοί, ἰσχυροί, dai Romani come dii magni, potentes, valentes. Presso i Fenici i Cabiri formavano un gruppo di otto divinità, con a capo Eshmun, e valevano - almeno quando li conobbero i Greci - come divinità marine. Tre erano le principali sedi della religione cabirica: Lemno, riguardata dagli antichi come la patria dei C.; Samotracia, destinata a divenire il massimo centro di questa religione; Tebe, il cui santuario cabirico (o Cabirio), fu recentemente oggetto di scavi sistematici.
Risulta dunque che i navigatori fenici importarono in Grecia il culto di due divinità cabiriche: il padre e il figlio, il vecchio e il giovane Cabiro. Queste, poi, si modificarono variamente, secondo che furono identificate con le une o con le altre divinità greche. A Samotracia e a Lemno, il Cabiro più giovane che ripeteva sostanzialmente la figura e gli attributi di Ermes (cfr. Erodoto, II, 51), è chiamato Kadmilos o Kasmilos; il figlio Saone, ch'egli aveva avuto dalla ninfa Rhene, si riguardava come il più antico abitatore dell'isola e fondatore del culto; il Cabiro più anziano, assimilato a Efesto, era riguardato come padre di Casmilo.
Assai presto il culto dei Cabiri venne in contatto, a Samotracia, con quello di Demetra, molto venerata nell'isola: in conseguenza di ciò, il culto dei Cabiri andò rapidamente acquistando un carattere ctonico; mentre, per i rapporti stabilitisi fra i Cabiri da una parte e Demetra e Kore dall'altra, il maggiore dei due fu assimilato ora con Zeus ora con Posidone (in relazione a Demetra), il minore fu riguardato ora come consorte, ora come fratello di Kore. Siffatti ravvicinamenti e modificazioni agirono con efficacia sempre maggiore sulla figura e sul numero dei Cabiri, via via che il loro culto, dalle guerre persiane in poi, andò acquistando favore e popolarità nel mondo greco, fino a che la religione cabirica si acquistò la predilezione dei principi ellenistici e fu argomento frequente di discussione e di speculazione da parte degli storici e dei mitografi. Il caso più frequente è quello in cui ai due Cabiri maschili se ne trova aggiunto un terzo femminile, Demetra, e talora anche un quarto, Kore: del numero di tre Cabiri s'impadronì poi la speculazione mitologica romana per procedere a nuove identificazioni.
Per tacere delle molteplici identificazioni dei Cabiri con gli eroi dell'epica (notevole soprattutto quella con Dardano e Iasione), ricordiamo il loro caratteristico moltiplicarsi in due gruppi di persone divine di natura simile alla loro; sicché, a lato ai due Cabiri maschili e ai due femminili si costituì un coro di Cabiri e di ninfe cabiriche. Quando poi, in tempo ancora assai antico, fu importato a Samotracia - probabilmente da Cizico - il culto della Gran Madre Rea-Cibele, il coro dei Cabiri fu ravvicinato (anche per la naturale rassomiglianza di Rea-Cibele con Demetra) alla nuova divinità, messo a far parte del suo seguito, e i Cabiri stessi furono ravvicinati, e infine confusi, ai Cureti e ai Coribanti.
Forme simili o di poco divergenti da quelle di Samotracia prese il culto dei Cabiri nelle varie località del mondo greco, nelle quali andò diffondendosi, specie in età ellenistica; si ricorderanno qui: nell'Asia Minore, la Troade, Pergamo e Mileto; la Macedonia, dal tempo di Filippo e di Alessandro in poi; la Beozia, dove il centro del culto fu da principio Anthedon, poi Tebe, dove fu edificato il Cabirio in vicinanza del santuario di Demetra Καβειρία. Il culto dei Cabiri raggiunse il suo completo sviluppo nell'isola di Samotracia, probabilmente per influsso attico, sin dalla fine del sec. V, attingendo il massimo splendore al tempo dei Diadochi. Esso si svolgeva secondo il rito dei misteri. I misteri cabirici (τὰ Καβείρων ὄργια) di Samotracia sono ricordati per la prima volta da Erodoto (II, 51): i coloni samî li avrebbero appresi dagli antichi abitatori dell'isola. Vi si facevano iniziare specialmente i marinai, che chiedevano ai Cabiri protezione contro i pericoli del mare; le iniziazioni pare avvenissero in ogni tempo, ma la festa solenne si celebrava a mezza estate. L'isola di Samotracia come sede della religione dei C., godeva del diritto d'asilo: qui trovò protezione Arsinoe contro Tolomeo Cerauno; qui si rifugiarono Tolomeo VI Filometore e, dopo la rotta di Pidna, Perseo.
I mitografi romani, prendendo le mosse dalle leggende che idenficavano i Cabiri con Dardano e con Enea, fecero di essi la stessa cosa dei penati, le cui statue nel tempio in Velia erano designate nelle iscrizioni con la qualifica di dii magni, o li identificarono addirittura con Giove, Minerva e Mercurio o con la Triade Capitolina. A ciò si dovette l'importanza che il culto di Samotracia rivestì anche agli occhi dei Romani, in età repubblicana.
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