Vedi CABIRI dell'anno: 1959 - 1994
CABIRI (Καβείροι, Cabīri)
Divinità tra le più antiche della Grecia tantoché molte fonti le collegano ai Pelasgi, e tali e tante sono le elaborazioni e sovrapposizioni che si operarono nel corso dei secoli, che la loro origine resta incerta come pure fluttuante ne sono il numero e le caratteristiche. Il nome deriva da una radice semitica (kbr) e vuol dire "i grandi, i potenti"; infatti i Greci chiamarono i C. ϑεοὶ μεγάλοι, δυνατοί, ἰσχυροί, e i Romani dii magni, potentes, valentes.
I centri più famosi del culto cabirico furono Lemno, ritenuta patria dei C.; Samotracia, che divenne il più universalmente famoso dei loro santuarî, e Tebe. Il culto, originario della Fenicia o dell'Asia Minore, si impiantò in Grecia ove i C. si identificarono con divinità greche assumendone forme, nomi e sfumature di culto. Così, ad esempio, a Lemno dove il Cabiro anziano è assimilato ad Efesto (secondo altre tradizioni Efesto è padre dei C.) mentre il Cabiro giovane è assimilato ad Hermes ed è chiamato Kasmilos o Kadmilos. Generalmente ovunque, specie nel periodo posteriore alle guerre persiane e più ancora in età ellenistica, le speculazioni mitografiche e storiche si moltiplicano e si riscontra un successivo sovrapporsi e abbinarsi al culto dei C. di nuovi culti (Demetra e Kore; Magna Mater) sicché le identificazioni si moltiplicano e il numero dei C. aumenta: a fianco dei due C. maschi sono infatti venerate due Cabiri femmine e attorno al gruppo di due o quattro divinità principali si forma un coro di Cabiri (talora identificati coi Coribanti e i Cureti) e di ninfe Cabiriche.
A Samotracia abbiamo, in base alla testimonianza di alcuni autori antichi (Apol. Rhod., Argon., i, 917), la seguente identità: Axieros = Cerere; Axiokersos = Plutone; Axiokersa = Proserpina,; Kadmilos = Mercurio. I mitografi romani prendendo spunto dalle leggende che avevano identificato i C. con alcuni eroi (in particolare Dardano ed Enea), fecero di essi una sola cosa con i Penati, e talora li identificarono con Giove, Minerva e Mercurio o anche con la Triade Capitolina.
Tale incertezza di attribuzioni e di identificazioni, spesso legate a leggende e miti locali, determina una certa difficoltà non soltanto nel tentativo di stabilire l'origine e l'essenza di queste divinità misteriche, ma rende arduo fissare la loro particolare iconografia.
Ci sono di particolare sussidio, più che i monumenti in scultura, le monete di quelle località in cui i C. ebbero culto, e i vasi rinvenuti nel Kabeirion di Tebe. In numerose monete, ad esempio, vediamo comparire un busto o una testa, talora barbuta, talora imberbe coperta di pileo (il copricapo caratteristico di Efesto, dei Dioscuri e di Ulisse) che dobbiamo identificare con un Cabiro; per lo più attorno al pileo è una corona di lauro. Come simbolo dei C. il pileo laureato e sormontato da stella appare accanto ad una fiaccola e al caduceo nelle monete di Efestia in Lemno. Una rappresentazione più individuale, probabilmente ispirata al simulacro del culto, compare nelle monete di Syros e di Pergamo in cui due giovani nudi con un breve mantello, che fa da sfondo alla figura, stanno affiancati appoggiandosi ad una lancia o ad uno scettro: sul capo coronato hanno una stella: se la leggenda non li definisse come C. anche questa rappresentazione potrebbe confondersi con quella dei Dioscuri; pure come Dioscuri sono rappresentati i due C. che Cibele tiene sulla destra protesa in un medaglione imperiale di Smirne.
Una identificazione col tipo di Efesto per la presenza del martello recato a spalla, presenta il Cabiro, vestito di tunica e con rhytòn nella destra, che appare nelle monete di Tessalonica. In numerose monete di Pergamo compare un tipo alquanto diverso da quello già ricordato: due giovani nudi sono affrontati ai lati di un'ara e uno d'essi reca in mano una testa di ariete: tale testa costituisce un legame con Hermes con cui abbiamo visto identificarsi uno dei Cabiri: l'ariete, infatti, era l'animale sacrificato di preferenza a questa divinità.
Nel caratteristico gruppo di vasi a figure nere rinvenuto nel Kabeirion di Tebe - vasi di fabbricazione locale, che presentano caratteristiche specifiche ed individue di stile e di rappresentazioni improntate ad uno stile caricaturale e farsesco, ispirato forse all'allegria bacchica dominante nelle feste (v. cabirici, vasi) - Cabiro, il padre, subisce l'attrazione del tipo del Dioniso barbato: egli appare infatti come una nobile figura barbata e coronata d'edera, sdraiata a terra o su cuscini e recante in mano un cantaro o una cornucopia.
I differenti caratteri di queste rappresentazioni dimostrano che di luogo in luogo i Cabiri assunsero l'aspetto proprio delle divinità a cui si erano assimilati e non ebbero una iconografia propria ben definita.
Una rappresentazione dei Cabiri di Samotracia è stata riconosciuta nel rilievo coi busti di quattro divinità della tomba degli Ateri a Roma (Museo Lateranense) in cui Kadmilos ha i tratti di Mercurio con caduceo; Axiokersa ha le sembianze di Persefone col capo velato e col seno della veste colmo di fiori e frutta; Axiokersos ha l'imponente aspetto di Plutone; Axieros è Cerere con fiaccola e spighe.
Confermerebbe l'identificazione il rinvenimento a Samotracia, tra i rilievi del vecchio tempio dei C., di un busto di giovane imberbe (Hermes-Kadmilos) e di un uomo barbuto (Ade-Axiokersos).
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