CABOTAGGIO (dallo sp. cabo "capo"; fr. cabonge; sp. cabotaje; ted. Küstenschiffahrt; ingl. coasting navigation)
Voce della terminologia marittima usata in due significati: uno giuridico o tecnico, che corrisponde all'etimologia della parola, l'altro commerciale o economico, che trae origine dagli usi mercantili. Nel significato giuridico vale navigazione da capo a capo, ossia da porto a porto, seguendo a maggiore o minor distanza la costa.
La giurisprudenza delle nazioni marittime si è vanamente affaticata, dapprima per definire la navigazione di lungo corso, movendo dal preconcetto che, trovata tale definizione, tutta la restante navigazione dovesse considerarsi di cabotaggio; poi per fissare i limiti delle varie suddivisioni in cui generalmente si scinde la navigazione di cabotaggio, cioè: grande e piccolo cabotaggio, e navigazione locale o piccolo traffico costiero. Non esiste, pertanto, un'esplicita definizione giuridica del cabotaggio. Nella legislazione italiana le nozioni di lungo corso e di cabotaggio si desumono dagli articoli 59 e 60 del codice per la marina mercantile, che stabiliscono le condizioni e i limiti entro i quali ciascuna classe di capitani può esercitare il comando. Del resto nel citato codice italiano la voce cabotaggio ricorre in un solo caso per designare una categoria di capitani denominati di grande cabotaggio, i quali, oltre che nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e nel Mar d'Azov, sono autorizzati a comandare anche lungo determinati tratti delle coste europee, africane e asiatiche situate fuori dello stretto di Gibilterra e del canale di Suez.
Nel significato commerciale la voce cabotaggio indica la navigazione che si compie fra porti dello stesso stato, per il trasporto di merci caricate e che debbono scaricarsi nei porti medesimi. Questa navigazione si differenzia quindi, per il carattere nazionale o nazionalizzato della merce, dalla navigazione di scalo, la quale, pur svolgendosi fra porti dello stesso stato, è compiuta per distribuire nei detti porti un carico di merce prelevato all'estero. In altri termini la nozione di cabotaggio, intesa nel senso economico, più che alla nave si riferisce al carico che questa trasporta.
L'esercizio del cabotaggio, mentre da un lato stimola e favorisce una cospicua somma d'intraprese commerciali che portano vita e ricchezza alle popolazioni litoranee, dall'altro forma un nucleo di ottimi marinai pratici delle coste, al quale largamente attingono la marina da guerra e quella mercantile. Per questa sua duplice e così importante funzione, fin dai primordî della rinascenza commerciale seguita alle grandi navigazioni di scoperta, le nazioni marittime gareggiarono nel promuovere il cabotaggio lungo le rispettive coste, ognuna riguardandolo come privilegio della propria bandiera. Notevole, tra le prime manifestazioni di questa tendenza, è l'Atto di navigazione del 1651, concepito dal Cromwell per abbattere, a profitto dell'Inghilterra, la potenza navale dell'Olanda; atto che riserbava, tra l'altro, alla bandiera inglese il cabotaggio nei porti del Regno Unito sino allora in massima parte esercitato da navi olandesi. L'esempio fu seguito nel 1793 dalla Francia per colpire il commercio e le industrie inglesi, e successivamente da altri stati, per difesa dei proprî traffici.
Allorché si affermarono le moderne dottrine sulla liberta del mare e degli scambî, l'Inghilterra, che aveva dato al mondo il più rigido esempio di protezionismo, fu la prima a coltivarle e ad attuarle nel 1854, ammettendo incondizionatamente tutte le bandiere all'esercizio del cabotaggio nei porti del Regno Unito. Altrettanto fecero parecchie nazioni europee e gli Stati Uniti d'America, ma ponendo la condizione della reciprocità. La Francia, più restia, si acconciò alle nuove idee con notevoli limitazioni. Nacque in tal modo il sistema odierno di regolazione del cabotaggio mediante speciali accordi internazionali, in base alla massima, ormai accettata dalla dottrina e dalla giurisprudenza di tutti gli stati, che il patto generico della nazione più favorita non comprende il cabotaggio, il quale, appunto per la sua importanza nazionale, richiede una negoziazione separata. A conferma di tale massima la seconda Conferenza generale delle comunicazioni e dei trasporti presso la Società delle Nazioni (nov.-dic. 1923), nel redigere uno statuto del regime internazionale dei porti, ispirato a larghi sensi di libertà, ha stabilito che esso non riguarda il cabotaggio, e ciò per il presupposto che il cabotaggio è privilegio esclusivo della bandiera nazionale, rimanendo libero ciascuno stato di farne oggetto di pattuizioni con gli altri stati. La conferenza si è altresì astenuta dal ricercare una definizione del cabotaggio, dato che questa forma di traffico non s'identifica esattamente negli stessi termini presso tutte le nazioni, e si è limitata a esprimere il voto che siano evitate le estensioni abusive della nozione di cabotaggio.
In Italia la questione è regolata dalla legge 11 luglio 1904, n. 355, secondo la quale l'esercizio del cabotaggio lungo le coste italiane è riservato alla bandiera nazionale, salvo quando speciali trattati o convenzioni dispongano altrimenti. La legge italiana è quindi in armonia con lo spirito e con i voti della Conferenza suddetta.
Bibl.: G. Boccardo, Considerazioni sulla navigazione di cabotaggio e gli interessi marittimi dell'Italia, Genova 1862; A. Segre, Manuale della storia del commercio, I, Torino 1913; Il Digesto italiano, VI, II, Torino 1891; Bayard, Dictionnaire des transports maritimes et mixtes et des ventes maritimes, Parigi 1924; Comptes-rendus et textes rélatifs à la Convention et au Statut sur le régime international des ports maritimes, Seconda Conferenza generale delle comunicazioni e trasporti, Ginevra 1924.