CABRERA DE CÓRDOBA, Luis
Storico spagnolo, nato a Madrid nel 1559, morto il 9 aprile 1623. L'opera di storico gli fu facilitata dal fatto ch'egli, dopo aver avuti varî altri incarichi amministrativi e politici, passò in ultimo al servizio immediato di Filippo II, che l'adoperò nel riordinamento di documenti di stato.
Il C. scrisse, oltre a un mediocre poema in ventinove canti in ottava rima, Historia Laurentina, che si conserva inedito in un codice (e. IV, 6) della Biblioteca dell'Escorial, un trattato di metodologia, De Historia, para entenderla y escribirla (Madrid 1611) e varie altre relazioni storiche, tra cui particolarmente notevoli le Relaciones de las cosas sucedidas en la Corte de España desde 1599 hasta 1614 (ed. Madrid 1851), ricche di notizie e particolari reconditi o mal noti, desunti da documenti o raccolti dalla viva voce dei contemporanei, su personaggi in vista, cerimonie, spettacoli, usi e costumi ecc., non senza concedere largo posto al frizzo mordace, all'aneddoto, al pettegolezzo. Formano un'inesauribile miniera per chi tratta degli ultimi anni del Cinquecento e dei primi del Seicento.
Ma l'opera, a cui è principalmente raccomandata la fama del C., è la Historia de Felipe Segundo (Madrid 1619). Bene informato - spesso per conoscenza diretta - di avvenimenti grandi e piccoli, il C. dà particolari ignoti ad altri autori, notizie precise che presentano tutti i caratteri dell'autenticità; e ha pagine vivamente colorite, efficaci pitture, ritratti vivi e descrizioni di pompe e cerimonie che, meglio d'ogni altro libro, giovano a farci concepire la forma esteriore di quell'età pittoresca. Sennonché, accanto a questi e altri pregi, non mancano i difetti: numerose inesattezze, errori grossolani (soprattutto per ciò che riguarda la storia delle nazioni straniere), parzialità di giudizî, lacune enormi, abuso di concioni, passi modellati sugli autori classici, una prosa non sempre limpida e spesso involuta nella sua artificiosa solennità.
Egli scrisse, come confessa, disinteressatamente, soltanto per sciogliere un debito di devota gratitudine alla memoria del suo re; di sua iniziativa, non per incarico ufficiale, giacché non esercitò mai ufficialmente le funzioni di cronista reale. E da ogni pagina della sua narrazione traspira il suo sentimento di ammirazione per il suo re: l'ideale monarchico e religioso di lui vi è esaltato, la sua politica spiegata e giustificata. L'opera è come un gran quadro, cui fa da sfondo l'Europa della seconda metà del Cinquecento, e, dove, tra un numero infinito di personaggi, campeggia la figura imperiosa, austera, silenziosa di Filippo II.
Bibl.: P. Miguélez, Catálogo de los Códices españoles de la Biblioteca del Escorial, II: Relaciones históricas, Madrid 1925, pp. 165-67; C. Pérez Pastor, Bibliografía madrileña, II, pp. 193, 445, 474-77; id., Noticias y Documentos relativos a la Hist. y. Liter. espanolas, I, pp. 22-23; A. Morel-Fatio, in Revue Historique, IX (1879), pp. 187-88.