CABRIA (Χαβρίας, Chabrĭas)
Generale ateniese, figlio di Ctesippo, del demo di Aixone. Eletto stratego, per la prima volta per l'anno 390-89 a. C. e poi per il 389-8, si distinse nelle ultime campagne di Tracia e nel Peloponneso, che precedettero la pace di Antalcida. Inviato, come stratego, nell'anno successivo, a comandare una spedizione in sostegno di Evagora, re di Cipro, assolse brillantemente il suo compito. Si recò poi in Egitto a prendere il comando dell'esercito del re Acoris, in rivolta contro la Persia, e per 3 anni (circa 385-383) tenne in iscacco le forze dei Persiani, finché gli Ateniesi lo richiamarono in patria. Accostatasi frattanto Atene a Tebe e riaccesosi il conflitto con Sparta, troviamo C. ancora stratego nel 379-8, al comando delle forze operanti in Beozia; dove, sotto le mura di Tebe, riuscì a fronteggiare l'esercito di Agesilao. C. riuscì in seguito a sbaragliare, presso l'isola di Nasso, la flotta peloponnesiaca (9 ottobre 376) e, per questa vittoria, fu tra l'altro onorato dagli Ateniesi con una statua nell'agorà. Essendo però stratego nel 366, quando Oropo fu di sorpresa occupata dai Tebani, fu accusato di connivenza col nemico; ma fu assolto dal processo, e, nell'anno 363-2, inviato come stratego a reprimere la defezione dell'isola di Ceo, passata ai Tebani. Due anni più tardi, mentre infuriava la grande rivolta dei satrapi contro la corte persiana, Atene, pur rimanendo neutrale, permise che C. si recasse al servizio del re egiziano Taco, che partecipava alla rivolta e che gli affidò il comando della flotta. L'ultima sua azione di guerra ebbe luogo alla fine dell'anno 357; appena insorta contro Atene la guerra degli alleati, C. si trovò allora come stratego (non quale semplice trierarco) nella flotta di Carete dinanzi a Chio. Durante un furioso combattimento nel porto, nella nave di Cabria si aprì una falla: Cabria, ferito, non volle lasciare il suo posto e s'inabissò con la nave.
Pausania (I, 29, 3) ricorda la sua tomba in Atene, in vicinanza di quelle di Trasibulo, Pericle e Formione. Demostene, che ne difese, nel 354, il figlio Ctesippo, magnifica il talento strategico e l'amor patrio di C. (XX, 75 segg.). Fu di temperamento violento; avendo accumulato grandi ricchezze, per non eccitare l'invidia dei concittadini, si tratteneva volentieri lontano dalla patria.
Bibl.: Le fonti in J. Kirchner, Prosopographia attica, Berlino 1901-1903, n. 15086; v. anche: Schäfer, Demosthenes und seine Zeit, 2ª ed., Lipsia 1885-87; Judeich, Kleinasiatische Studien, Marburgo 1892; J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., III, Berlino e Lipsia 1922-23; J. Kirchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, coll. 2017-2021. Sulla politica ateniese nella prima metà del sec. IV, vedi i saggi di P. Cloché, in Revue Belge de philologie et d'hist., II (1923), 3, pp. 399-418 e in Revue des étud. anc., XXV (1923), p. 5 segg.