CACA E CACO (lat. Caca, Cacus)
Caca è divinità romana del fuoco, della quale sappiamo pochissimo. Lattanzio (Institutiones, I, 20, 36) ce ne dà una notizia breve e quasi certamente errata. Servio (Ad Aen., VIII, 190) precisa che aveva un sacello in cui le si faceva sacrificio con fuoco perenne, come a Vesta (secondo una lezione) o per mezzo delle vergini sacerdotesse di Vesta (secondo l'altra). Varie le congetture dei moderni; molto accreditata è l'opinione che Caca fosse un'antichissima divinità del fuoco, più tardi oscurata e sostituita da Vesta; e che facesse coppia con Caco, da interpretare anch'egli come divinità del fuoco. Ma è chiaro che l'unico e insicuro dato di Servio permette poche, se non arbitrarie illazioni. Più numerosi i dati intorno a Caco; ma di difficile interpretazione. C'è un racconto di Diodoro (IV, 21, 2) e un altro nell'annalista Gneo Gellio (fr. 7 Peter), oscurissimi e perciò spiegati in maniere diverse. I due racconti hanno in comune di presentare Caco come personaggio storico, e di metterlo con Ercole in relazioni umane. Invece il racconto canonico su Caco, quale si legge in Virgilio (Eneide, VIII, 190 seg.), nonché in Ovidio (Fasti, I, 543 segg.) e in Properzio (V, 9 segg.) lo presenta come un monstrum, semihomo, figlio di Vulcano, abitante in una grotta dell'Aventino donde muove a far strage con le fiamme che vomita dalla bocca o da tre bocche. Costui avrebbe rapito a Ercole i bovi di Gerione, e, dopo lotta furibonda, ne sarebbe stato ucciso; onde l'origine del culto erculeo sull'Ara maxima nel Foro Boario. Da ultimo, gli storici Livio (I, 7, 3 segg.) e Dionisio (I, 39) raccontano anch'essi il furto e la morte, ma fanno di Caco un ladrone o, ancor meglio, un selvaggio primitivo, una specie di Polifemo, pastore e predatore a un tempo. Fonti secondarie, valendosi dell'ingenua etimologia (Cacus da κακός "cattivo"), ne fanno uno schiavo di Evandro (cioè "l'uomo buono"). Un inciso di Servio (Ad Aen., VIII, 203) ha suggerito una congettura, che molti eruditi accettano, secondo la quale la lotta sarebbe stata in origine un mito antichissimo, affine al mito indiano di Vritra e d'Indra, e si sarebbe svolta fra Caco e Recarano; solo più tardi Ercole avrebbe preso il posto di quest'ultimo, e il significato naturalistico del duello (luce-tenebre) sarebbe stato dimenticato.
Bibl.: Fr. Münzer, Cacus der Rinderdieb, Basilea 1911; O. Gruppe, nella Berliner philologische Wochenschrift, XXXI (1911), p. 998 segg.; G. De Sanctis, St. dei Romani, I, Torino 1907, p. 193; E. Pais, Storia critica di Roma, I, Roma 1913, p. 199 segg.; A. Ferrabino, Kalypso, Torino 1914, p. 397 segg.