CACAO (VIII, p. 204; App. II, 1, p. 474; III, 1, p. 277)
La produzione mondiale dei semi di c. continua a crescere a ritmi apprezzabili superando già agl'inizi degli anni Sessanta il milione di t per giungere, un decennio più tardi, al milione e mezzo; mentre nel 1971 si tocca la punta massima con 1.600.000 tonnellate.
L'apporto del continente africano, che rimane il più considerevole, causa le condizioni particolarmente favorevoli di clima e di terreni (soprattutto intorno al golfo di Guinea) e gli accordi preferenziali con le vecchie potenze ex colonialiste, fortissime consumatrici, va perdendo terreno (dal 72,6% nel periodo 1961-65 al 69,1% nel 1973) a favore di quello americano (nello stesso periodo dal 25,1% al 28,0%). Maggiore produttore è il Ghana che, nel 1973, offre oltre un quarto (26,0%) della produzione totale; seguono la Nigeria (16,1%), la Costa d'Avorio (14,0%) quindi il Brasile (13,6%) e il Camerun (8,1%); la concentrazione produttiva è notevolmente alta dato che questi cinque paesi danno circa il 70% del totale mondiale.
L'analisi dei rendimenti mostra una situazione piuttosto inferiore nel continente africano, dove, indipendentemente dal calo produttivo del 1973, dovuto a eventi climatici particolarmente avversi (siccità dapprima, piogge troppo abbondanti poi) e la propagazione di parassiti, prevalgono strutture produttive che presentano caratteri di conduzione familiare e contadina, oltre a un eccessivo frazionamento territoriale (Ghana). Al contrario si riscontrano produttività discrete nelle piantagioni capitalistiche brasiliane, e, anche se con caratteri meno decisi, della Costa d'Avorio.
La commercializzazione dei raccolti è, tuttavia, passata nel corso degli ultimi anni, in parecchi paesi produttori, a organismi pubblici, quali per es. le Casse di Stabilizzazione in Costa d'Avorio o le Marketing boards nel Ghana e Nigeria, che assicurano un assorbimento di prodotto a prezzi minimi garantiti togliendo così dai rischi di commercializzazione le deboli imprese produttive, e aumentano, nell'unificare l'offerta, il potere di contrattazione nei confronti dei centri di domanda internazionale.
Poiché i cinque maggiori produttori presentano dei consumi interni piuttosto modesti, essi sono pure i maggiori esportatori rappresentando oltre l'80% delle esportazioni mondiali. Gli Stati Uniti e i paesi della CEE allargata contribuiscono alla maggior parte dei consumi mondiali (basta pensare che i quattro maggiori importatori: SUA, Rep. Fed. di Germania, Paesi Bassi e Regno Unito assorbono oltre la metà delle quantità commerciate) ma le loro importazioni non sono in ragione diretta con la domanda interna quanto con le riesportazioni di prodotti finiti (cioccolato) o semifinito (burro e polvere) che assumono entità notevoli.
Il carattere di concentrazione bilaterale che caratterizza il mercato mondiale del c. fa sì che alle frequenti e intense variazioni nel livello dell'offerta, dovute per lo più a fatti climatici, si accompagnino molto strettamente forti oscillazioni di prezzi.
Gli operatori del settore, reagendo a tali variazioni con espansioni nette delle piantagioni (messa a dimora di un numero di piante superiori a quello di esse che conclude il ciclo produttivo) o, al contrario, con riduzioni nette (mancata sostituzione delle piante vecchie) finiscono con l'influenzare l'offerta non a breve ma a lungo termine, del periodo, cioè, in cui le nuove piante messe a coltura diverranno produttive (circa dieci anni), provocando, perciò, solo allora, variazioni nei prezzi di segno opposto a quelle originarie.
Se si tiene conto che oltre al ciclo di lungo termine si può parlare anche di un ciclo a medio e soprattutto di forti variazioni di breve periodo (a volte anche da una settimana all'altra) dovute all'alternarsi degli entusiasmi rialzisti e ribassisti del mercato, altamente speculativo, si comprende l'incertezza nella quale si trovano gli operatori e come i proventi da esportazione dei paesi produttivi subiscano sensibili variazioni.
Il prezzo del c. è aumentato, comunque, soprattutto nel confronto agli altri prodotti di base, piuttosto moderatamente se si tiene conto che del 1973 esso è cresciuto del 142%; non è praticamente variato tra il 1950 e il 1960, è aumentato debolmente nel decennio successivo, è raddoppiato dal 1970 al 1973.
Tali problemi da tempo hanno sensibilizzato paesi produttori e consumatori alla necessità di accordi internazionali volti alla stabilizzazione del mercato, tanto che nell'ambito delle Nazioni Unite si sono succedute Conferenze generali dal 1963 a un ritmo molto sostenuto. Finalmente nel 1972, e dopo molte difficoltà, si è addivenuti a un accordo internazionale sul cacao (entrato in vigore il 10 ottobre 1973) avente tra le finalità, oltre alla razionalizzazione della commercializzazione, quella precipua della stabilizzazione dei prezzi; il sistema d'intervento e controllo deciso è un sistema misto nel senso che tale scopo è ottenuto sia con un sistema di contingenti all'esportazione che con uno stock regolatore dell'offerta avente capacità massima di 250.000 tonnellate.
Dell'accordo fanno parte 17 paesi esportatori (circa il 90% delle esportazioni mondiali) e 29 paesi importatori compresi l'URSS, il Giappone e tutti i paesi della Comunità europea, ma non è stato sottoscritto dagli Stati Uniti, il che ha determinato l'esistenza di un mercato parallelo.