CACCIA
Anteriore alla coltivazione dei campi, la c. fu una delle prime attività dell'uomo per il proprio sostentamento (v. anche venatio). Essa ispirò pertanto le prime composizioni figurative della preistoria, e fu tema delle pitture di numerose grotte della Spagna orientale databili al Paleolitico Superiore; ivi appaiono già varî tipi di c. (Mas d'en Josep e Charco del Agua Amarga: un solo cacciatore persegue in una un cervo e nell'altra un cinghiale; Cuevas del Civil, Caverna Caballos: alcuni cacciatori, invisibili, sospingono una mandra di cervi contro quattro arcieri; Villar del Humo: c. agli stambecchi, ecc.). Come tutte le operazioni connesse agli albori della vita dell'umanità, anche la c. entrò ben presto nell'oscuro cerchio della magia (sono stati trovati amuleti con figure di fiere colpite da arpioni, trofei propiziatorî di teschi di orsi, ecc.) e da questa trapassò nell'ambito della religione ("potente cacciatore al cospetto di Dio", è salutato Nembrot nella Bibbia). Ben presto essa trascese i suoi esordî puramente utilitari e divenne gioco, esibizione di potenza e di virilità, diversificandosi in molteplici aspetti. Gli Egizî organizzavano battute e scelta selvaggina veniva allevata e talora addomesticata in apposite riserve; la c. al leone era privilegio del faraone. Le tombe regali e principesche conservano affreschi ove sono illustrate con tratto vivace, smaglianti colori e cura minuziosa le c. agli ippopotami ed agli uccelli acquatici e le c. con mute di cani che spingevano la selvaggina nelle reti apposte nelle strette vallate (Tomba di Tj, una tomba della XII dinastia, un'altra della XVII dinastia, ecc.).
Nel mondo cretese-miceneo le rappresentazioni di c., rare a Creta, divengono frequentissime sulla terraferma. Un frammento di pittura dal palazzo di Tirinto con l'immagine di un cinghiale azzannato dai veltri, su uno sfondo animato da esili pianticelle stilizzate, offre una delle più efficaci scene di c. che mai siano state dipinte. Di Micene ricorderemo una stele funebre ove il defunto è ritratto in procinto di partire per la c. sul cocchio tirato da un quadrupede e preceduto da un servo; una lama di pugnale ageminata, ove sono raffigurati tre leoni inseguiti con lance ed archi da cinque guerrieri protetti da grandi scudi; un anello d'oro con episodio di c. al cervo. Il rilievo di una delle due coppe auree provenienti da una tomba a thòlos rinvenuta a Vaphiò illustra, su uno sfondo di paesaggio roccioso e frastagliato, la cattura, mediante le reti, di tori selvaggi, destinati ad essere addomesticati.
In Palestina, in Siria, in Mesopotamia, nell'Irān, come in tutte le civiltà che gravitarono nell'Oriente mediterraneo, la c. rappresentò uno dei soggetti favoriti dagli artisti: dalla stele di granito proveniente da Warka (IV millennio a. C.) ai piatti argentei ed ai rilievi rupestri del periodo sassanide, attraverso i preziosi bassorilievi assiri da Ninive, Nimrud, Khorsābād (al Britisli Museum ed al Louvre) e quelli achemènidi, furono raffigurate le più svariate specie di c. (battute con cani e cervi, c. al leone, c. sul cocchio, a cavallo, a piedi, con l'arco, ecc.).
In Grecia la c. fu posta sotto l'insegna di Artemide (nell'Irān achemènide Anāhitā), che riscattava così gli attributi della dea femminile pre-indoeuropea, la minoica πόντια θερῶν, la "signora delle fiere". E da Artemide sarebbe stata insegnata al centauro Chirone, che, a sua volta, l'avrebbe trasmessa ai ventuno eroi suoi pupilli. Ad Artemide, detta agrotèra e agli altri dèi agresti (Apollo, Eracle, i Dioscuri, e, in età ellenistica, Pan, Priapo, ecc.) si sacrificavano le primizie della c., i trofei, le armi, ecc. Ancora presenti nell'arte submicenea (cassette in avorio cipriote, ove sul persistente fondo egeo confluisce anche una tradizione siriana), le rappresentazioni di c. scompaiono nell'arte geometrica, aliena dalle narrazioni e tendente ad un limite di afiguratività, per ricomparire nella pittura corinzia e ionico-attica del VII sec. a. C. con grande varietà di episodî: preparativi per la c., ritorno dalla c., scene di c. (metopa del tempio di Apollo a Thermos, con un cacciatore recante il bottino consistente in un cervo e in un cinghiale; pìnax corinzio firmato da Timonidas, con cacciatore accompagnato dal cane; lèkythos protocorinzia del British Museum; oinochòe Chigi - Roma, Mus. Villa Giulia - con episodî di c. alla lepre, ecc.). Ben presto alle rappresentazioni generiche si sostituisce la precisa evocazione dei miti. Primo fra tutti, quello della c. al cinghiale calidonio variamente elaborato dall'epos, dalla lirica e dalla tragedia greca (Omero, Esiodo, Stesicoro, Pindaro, Bacchilide, Eschilo, Euripide, ecc.) e trasposto in immagini figurative secondo una tradizione che va dal VII sec. (compariva nella decorazione interna del Trono di Amicle, che raccoglieva una specie di summa dei miti arcaici) fino ai sarcofagi romani della "tarda antichità". Probabilmente alla versione stesicorea del mito si riferiscono le rappresentazioni ceramografiche più antiche, ove il cinghiale domina, colossale fulcro dell'azione (pìnakes corinzî, pisside Dodwell pure di stile corinzio, con nomi di eroi fantastici e non corrispondenti a quelli della vicenda calidonia - (Payne, Necrocor., Oxford 1931, n. 861; e poi vaso Francois; hydrìa ceretana al Louvre - C. V. A., iii, Fa 1, 1; coppa a figure nere da Vulci a Monaco - Beazley, Black-fig., 163, 2; hydrìa calcidese a Monaco - A. Rumpf, Chalkid. Vas., Berlino 1927, tavv. xxiii-xxv; anfora a figure nere di Tarquinia - Beazley, Black-fig., 84, 1; dìnos a figure nere del museo di Boston - D. von Bothmer, in Bull. Mus. of Fine Arts Boston, xlvi, 1948, pp. 42-48, ecc.) e ogni figura dell'episodio è contrassegnata da una iscrizione col nome; compaiono, oltre Meleagro, Atalanta, i Dioscuri, altri eroi tessalici e arcadici e i personaggi variano, onde la più tarda versione canonica del mito della c. calidonià risulta ancora da queste più antiche raffigurazioni come un sincretismo di altre leggende più antiche. Una nuova iconografia del mito di Meleagro (v.) ed Atalanta fu fornita da una pittura di Polignoto a cui si può risalire attraverso, un gruppo di vasi attici a figure rosse (coppa di Vulci a Berlino - Beazley, Red-fig., 739, 5; cratere tarentino pure a Berlino - Gerhard, Apul. Vasenb., Berlino 1845, tavv. viii-x; pelìke da Bengasi ora a Leningrado - K. Schefold, Untersuch. Kertsch. Vasen, Berlino 1934, n. 483; ecc.) e alcuni rilievi meli (P. Jacobstahl, Die melischen Reliefs, Berlino 1931, nn. 59 e 103), mentre nella rappresentazione del mito in uno dei fregi dell'Heroon di Trysa (fine V sec. a. C.), accanto ad elementi di derivazione polignotea, quale ad esempio la rappresentazione paesistica del bosco ove si svolge la c., persistono molti tratti iconografici delle illustrazioni più antiche (la posizione del cinghiale qui è al centro come sui vasi attici a figure nere). Le sculture con cui Skopas ornò il frontone orientale del tempio di Atena Alea a Tegea (seconda metà del IV sec. a. C.) dovettero ispirarsi alla rielaborazione euripidea del mito di Meleagro. La distribuzione delle statue (alcune delle quali ci sono pervenute e si conservano ai musei di Atene e di Pialì) nel campo del frontone, però,è incerta; e dubbia è anche la pertinenza di una cosiddetta Atalanta, che appare stilisticamente e tecnicamente (il marmo è diverso) discosta dalle altre figure. Con l'ellenismo, il mito della c. calidonia fu rappresentato specialmente sulle fronti dei sarcofagi, ove i varî episodî, col passar del tempo, furono piegati al significato simbolico che si chiedeva alle leggende pagane. Questi sarcofagi nella classificazione del Robert (Sarkophagrel., iii, 2, p. 268 ss.) sono stati distinti in: 1) sarcofagi greci con trattamento semplice e severo del rilievo, ancora vicini ai vasi polignotei e ispirati probabilmente alla medesima pittura; 2) sarcofagi greci con figure in alto rilievo, una nuova distribuzione delle figure e sui lati corti scene di ispirazione euripidea (episodî successivi alla c.); 3) sarcofagi romani divisi anch'essi in due classi, caratterizzate, la prima, dalla presenza dei Dioscuri, la seconda, da quella di Diana, ma ove spesso le figure sono ripetute senza che vi sia più la consapevolezza della loro funzione originaria e si creano contaminazioni con scene del mito di Ippolito.
Altre opere greche con soggetti di c. ricordate dalle fonti sono le pitture di Aristeides tebano e Nikias (IV sec. a. C.), il gruppo in bronzo con cui Lisippo e Leochares avevano commemorato, nel santuario di Delfi, un episodio di c. al leone di Alessandro Magno, e di cui forse rimane un'eco in un rilievo di Messene. Scene di c. all'orso compaiono nel fregio del monumento delle Nereidi a Xanthos (fine V sec. a. C.), di c. al daino nel sarcofago policromo da Sidone, detto di Alessandro, e conservato al museo di Istanbul (IV sec. a. C.), ecc.
In Etruria le scene di c. compaiono fin dalla Tomba Campana di Veio, incunabolo della pittura etrusca (fine VII-inizio VI sec.), ove una pantera cammina a lato del cavallo montato dal defunto, e si continuano nelle immagini piene di vivacità della Tomba della Caccia e della Pesca a Tarquinia (520-510 a. C.), ove cacciatori e pescatori perseguono uccelli e pesci multicolori, nei rilievi chiusini in pietra tenera decorati con episodî di c. alla volpe (VI-V sec.), nelle illustrazioni di urne, ciste, specchi che, in età ellenistica, ripetono gli schemi greci della c. al cinghiale calidonio.
La c. offrì all'arte romana del I sec. d. C. materia per alcuni dei più vivaci dipinti pompeiani (paesaggi nilotici con pigmei cacciatori, scene di c. al cinghiale, al cervo, ecc.), per la decorazione di oggetti in marmo, in bronzo, in argento (tesori di Berthouville e Boscoreale, ceramica aretina), sculture (cinghiale in bronzo assalito dai veltri da Pompei al museo di Napoli), mosaici nelle ville dell'Africa (c. con cani a Cherchel, con scene di venationes, c. al cervo, ecc. a Zliten, c. combinata con scene di vita rurale a Uthina, ecc.).
Un affresco, ora distrutto, della Tomba dei Nasoni a Roma (II sec. d. C.) illustrava la cattura di due tigri spinte in gabbia dai cacciatori. Gli Otto medaglioni adrianei inseriti nell'Arco di Costantino offrono tutto un ciclo dei costume venatorio dell'età imperiale: la partenza dell'augusto personaggio, i suoi sacrifici a Silvano, Diana, Apollo, Ercole, i suoi assalti all'orso, al cinghiale; il trionfo sul leone libico. Con l'inoltrarsi nella tarda antichità, la c. diviene il soggetto favorito dei grandi cicli musivi: citeremo il frammento di pavimento del museo di Chiusi (D. Levi, Mus. Chiusi, Roma 1935, p. 89), l'altro del museo di Taranto (ii-iii sec. d. C.: Q. Quagliati, Museo Naz. Taranto, Roma 1932, p. 71), quello del museo di Oderzo, ove alle consuete scene di c. a quadrupedi se ne aggiungono altre di uccellagione con la civetta per richiamo e le panie (III sec. d. C.: Not. Scavi, 1891, p. 143; cfr. Petron., Sat., cix: volucres... viscatis illigatae viminibus derebant ad manus; v. tav. a colori). Nei mosaici della villa costantiniana di Antiochia, attraverso il ricordo dei mosaici africani e orientali, si coglie la persistente tradizione dell'iconografia polignotea della c. calidonia. Ricorderemo ancora il mosaico con la Megalopsychia pure ad Antiochia, il mosaico teodosiano del Palazzo imperiale di Costantinopoli, il mosaico da S. Bibiana nell'Antiquarium Comunale di Roma ed infine il grandioso mosaico dell'ambulacro della villa di Piazza Armerina, ove, in un paesaggio movimentato e boscoso, scene di cattura di pantere, cavalli selvaggi, cinghiali, leoni, ippopotami, rinoceronti, illustrano gli episodî più spettacolari del commercio attivissimo di animali feroci, destinati ai ludi venatori, mentre in altro ambiente è rappresentata una partita di caccia con colazione all'aperto. La diffusione e il gusto della rappresentazione della c., talora con intenti di glorificazione e simbolici, nel IV sec. d. C. è attestato altresì da numerosi sarcofagi con c. al cervo e al cinghiale, dal prezioso vetro da Chiaramonte Gulfi nel museo di Siracusa e dall'assunzione di questi motivi da parte della stessa arte cristiana. Già al limite dell'età tardo-antica, nel Palazzo di Teodorico in Ravenna (VI sec. d. C.) incontriamo ancora un pavimento a mosaico con scene di c. (G. Ghirardini, in Mon. Ant. Lincei, xxiv, tav. v).
Bibl.: Orth, in Pauly-Wissowa, IX, 1914, cc. 558-604, s. v. Jagd; A. Reinach, in Dict. Ant., IX, 1915, pp. 680-700, s. v. Venatio; H. Obermaier, G. Karo, Roeder, P. Thomsen, B. Meissner, in Ebert, Reallex. Vorgesch., VI, 1925, pp. 134-147, s. v. Jagd; Fr. Studniczka, Der Rennwagen im syr.-phön. Gebiet, in Jahrbuch, XXII, 1907, pp. 147-196; B. Meissner, Assyrisch. Jagden, Lipsia 1911; G. Rodenwaldt, in Röm. Mitt., XXXVI-XXXVII, 1921-1922, p. 58 ss.; S. Aurigemma, I mosaici di Zliten, Roma 1926; J. Overbeck, Antike Jagd., Monaco 1927; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, pp. 236-244 e passim; A. Di Vita, Vetro romano con scena di c. da Chiaramonte Gulfi, in Syculorum Gymn., I, 1951, pp. 70-74; G. V. Gentili, in Boll. d'Arte, XXXVII, 1952, pp. 33-46; sulla c. calidonia: C. Robert, Sarkophagrel., III, 2, Meleagros, pp. 268-360; Van Der Kolf, in Pauly-Wissowa, XV, 1931, cc. 447-476, s. v. Meleagros; C. Rodenwaldt, Jagdasarkophag in Reims, in Röm. Mitt., LIX, 1944, pp. 191-203; Ein attischer Jagdsark. in Budapest, in Arch. Jahrb., LXVI, 1952, pp. 31-42; J. Fink, Gemälde in Grab der Nasonier, in Mitteil. D. Arch. Inst., VI, 1953, pp. 58-70; A. Giuliano, in Annuario Atene, XXXIII-XXXIV, 1955-1956, p. 183 ss.