CACCIACONTE da Colle
Figlio di Ruggero, nacque probabilmente negli anni compresi tra la fine del sec. XII e l'inizio del XIII. Il suo nome compare infatti per la prima volta in un diploma del maggio 1221 con il quale l'imperatore Federico II concedeva a Ildebrandino Maggiore degli Aldobrandeschi, conte di Sovana e Pitigliano, una nuova conferma dei diritti e dei possessi già riconosciuti all'avo suo Ildebrandino Novello da Federico I, nonché dei privilegi goduti da tutti i suoi vassalli, costituiti allora da venti famiglie. Tra i fedeli del conte di Sovana, che il sovrano svevo dichiarava di prendere sotto la sua protezione, il documento ricorda appunto anche C. e suo fratello Rinaldo.
Creato podestà di Colle di Val d'Elsa nel 1226, di fronte a C. fecero atto di sottomissione, nei mesi seguenti, numerosi castellani della regione circostante, rassegnati a prestare giuramento di fedeltà al più potente Comune vicino. Negli anni successivi C. si legò al partito filoimperiale, svolgendo ripetutamente le funzioni di vicario e di fiduciario dell'imperatore in diverse località della Toscana; ed è molto probabilmente da identificare nell'omonimo vicario imperiale che governava in nome di Federico II il comitato aretino nell'estate del 1232, e cioè quando, al nuovo divampare delle ostilità tra Siena e Firenze, il Comune di Arezzo si schierò decisamente con la città guelfa.
In seguito, le relazioni tra C. e le città vicine dovettero farsi più intense: egli appariva un sicuro interprete della volontà dell'Impero, un potente e stimato esecutore di ordini. Del 1236 è la notizia di sue trattative con le autorità senesi, trattative delle quali si ignorano peraltro l'oggetto, e i moventi, ma che costituiscono una riprova della vivacità dei rapporti che lo legavano ai vari centri di potere della regione.
Quale influenza godesse allora C. è dimostrato anche dalla parte da lui avuta nelle trattative intercorse tra i rappresentanti dell'imperatore ed il Comune di San Gimignano durante la crisi del 1240. La tendenza degli Aldobrandeschi ad appoggiarsi sempre di più a Orvieto, e a combattere Siena, delineatasi già sotto il governo di Ildebrandino Maggiore, fu accentuata dopo la morte di quest'ultimo (avvenuta tra il 1223 e il 1224) dai suoi fratelli e dai loro nipoti. Così il conte Guglielmo fu aspramente osteggiato da Siena, e nel 1240 dovette subire anche l'invasione dei suoi domini ad opera degli armati di Federico II (e solo nel 1251, per il tramite di Orvieto, che l'aveva ottenuto da Manfredi Lancia, gli venne restituito il forte castello di Pitigliano). Il capitano generale di Federico II in Tuscia, Pandolfo di Fasanella, infatti, temendo che Guglielmo potesse suscitare un pronunciamento contrario all'imperatore anche a Colle di Val d'Elsa, dove gli Aldobrandeschi godevano di un certo prestigio, strinse con quella città un accordo che prevedeva, tra l'altro, l'invio in essa di un vicario imperiale. Tuttavia, persistendo l'atteggiamento ostile dei conti di Sovana, nella primavera del 1240 Pandolfo si risolse ad attaccare le terre degli Aldobrandeschi. Nell'imminenza dell'invasione, fu chiesta ai Comuni toscani una prova di fedeltà alla causa imperiale. San Gimignano e Volterra rifiutarono di darla, anche se i circoli responsabili sangimignanesi, nel timore di rappresaglie, si adoperarono per non rompere definitivamente i rapporti con Pandolfo. L'8 agosto, infatti, C. fu convocato dal podestà di San Gimignano ed incaricato di trattare con il capitano generale, in Siena, le modalità di un accordo che escludesse tra l'altro l'obbligo di combattere contro l'altra ribelle, Volterra, e sciogliesse da ogni condanna i cittadini sangimignanesi. C. riferì prontamente l'esito della sua missione esplorativa, comunicando che Pandolfo desiderava solo una dichiarazione di fedeltà. La parte avuta da C. nella vertenza prova l'influenza che egli aveva acquistato sull'andamento delle vicende della Toscana conferma la posizione di prestigio che aveva in questo modo raggiunto. Qualche mese dopo, infatti, C. fungeva di nuovo da intermediario tra Pandolfo e San Gimignano al fine di migliorare le loro relazioni, in un momento in cui le richieste imperiali di contributi per la guerra contro Faenza avevano risuscitato il malcontento del piccolo Comune toscano.
Nel 1245 C. era vicario imperiale a Colle di Val d'Elsa, come risulta dagli atti relativi ad una ricognizione dei titoli di legittimità di alcuni possessi feudali del Comune di Colle compiuta, per ordine del capitano generale di Tuscia, dal giudice Ughetto da Colle nell'estate di quell'anno.
Il 27 giugno 1245, infatti, Pandolfo di Fasanella con lettera datata da Siena avvisava C., "vicario de Colle", di avere inviato in quella cittadina il giudice Ughetto col preciso compito di eseguire un'accurata indagine "de villis... Collalto, Paurano, Sancti Cerboni, et Portene et Verniani cum podio Montis Vasonis cumpertinenciis suis", e sulle loro rendite; beni e rendite che, "ut nobis relatum est", sarebbero appartenuti invece alla Curia imperiale, e sarebbero quindi state usurpate dal Comune di Colle. Pandolfo pregava pertanto C. di accogliere il suo inviato con tutti gli onori e di facilitargli la missione; lo invitava, inoltre, a volergli affiancare un "sindaco" che "pro Comuni vestro" ne controllasse l'operato. Un documento del 2 agosto successivo ci informa che il capitano generale di Federico II, dopo l'escussione delle prove testimoniali raccolte in loco dal giudice Ughetto, riconobbe che i feudi contestati erano effettivamente legittimo possesso del Comune e della "università" di Colle.
Si può scorgere dietro questi eventi la presenza mediatrice di C. ed il tentativo di soddisfare le due parti alle quali era ugualmente vincolato per interessi e sentimenti. È questo l'ultimo episodio della vita di C. di cui siamo informati, poiché, a partire dal 1245, il suo nome non compare più nelle fonti diplomatiche e narrative del tempo, specialmente senesi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, 1221 maggio; Ibid., Comune di Colle, 63, pp. 34t, 35, 36t; J. Ficker, Forschungen zur Reichs- und Rechtsgeschichte, IV, Innsbruck 1874, n. 395, pp. 408 s.; J. F. Böhmer-J. Ficker, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1892-1894, n. 13545; Libri dell'entrata e dell'uscita della Repubblica di Siena detti del Camarlingo e dei Quattro Provveditori della Biccherna, V-VI, Siena 1929, p. 22; A. Lisini, Gli istrumentari del Comune di Colle Valdelsa, in Atti e mem. della sez. lett. e di st. patria municipale della R. Accademia dei Rozzi, III, Siena 1876, fasc. 6, p. 231; R. Davidsohn, Forsch. zur Geschichte von Florenz, II, Berlin 1900, nn. 67, 268-271, 306; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, p. 270.