CACCIAPUOTI
Famiglia di maiolicari napoletani attivi nella seconda metà del XIX e nei primi del XX secolo a Napoli e successivamente a Milano.
Capostipite ne fu Giuseppe, nato da Gennaro e Agata Perrotti il 1ºnov. 1828. Passò alla ceramica dalla incisione in pietre dure cui si era dapprima dedicato, a seguito dell'incontro con l'eccellente ceramista Achille Mollica del quale sposò la sorella Concetta. Alla maniera antichizzante che era diffusa a Napoli, nella linea dei Giustiniani e di Cherinto del Vecchio, ed ai modi del cognato, il quale aveva reagito all'imitazione degli esemplari classici e di quelli di Urbino, di Castelli e di Caltagirone, tipica della manifattura paterna, con una nuova omamentazione fondata essenzialmente sul paesaggismo contemporaneo, oppose un fare libero e ardito, che tuttavia muoveva dal dominante realismo. Così alle forme più varie del vasellame accompagnò una decorazione esuberante, ricca di estrosi motivi ornamentali anche a rilievo e di figurazioni di uno spiccato gusto naturalistico. Esemplare tipico ne è uno slanciato vaso ad albarello avvolto da un tralcio di pampini e di grappoli d'uva modellati e colorati realisticamente, che si conserva con altri nel Museo artistico industriale di Napoli. Egli si dedicò inoltre con particolare impegno alla piccola plastica, modellando statuine e gruppi di un pronunziato verismo. Affermatosi nella Mostra d'arte di Napoli del 1877, ebbe sempre crescenti successi in quelle di Torino del 1880, di Milano del 1881, di Venezia del 1887, di Roma del 1888.
Quell'anno la manifattura da lui fondata e condotta insieme con il fratello Giovanni si fuse con la fabbrica dello Schioppa, ma la produzione continuò con lo stesso indirizzo, che i figli di Giuseppe accentuarono, anche se poi giunsero, attraverso l'eclettismo di fine secolo, ad una stilizzazione floreale. In particolare Cesare, nato il 5 luglio 1858, attese alla produzione di statuine di popolani, di scugnizzi, di pescatori colti dal vero nello spirito di Achille d'Orsi, di Vincenzo Gemito e del giovane Cifariello, i quali, del resto, collaborarono con la manifattura anche con proprie creazioni. Accanto a Cesare operarono nella stessa linea i fratelli Guglielmo ed Ettore. Il primo, nato il 28 luglio 1862, Si distinse per figure e gruppi ripresi dalla pittoresca vita napoletana nel Salon de la Société des artistes français di Parigi del 1903 ed in quello dell'anno seguente; il secondo, nato il 2 luglio 1860, ebbe una notevole affermazione nello stesso Salon parigino del 1905 con una produzione di soggetto non solo napoletano e ormai aperta allo stile floreale, nella quale ebbero particolare risalto statuine di delicata fattura, quali Liseuse, A Longchamp, Le moment approche (vedi i cataloghi delle mostre dei Salons sino al 1910).
Continuatori della tradizione familiare, ma in adesione ai nuovi orientamenti di gusto e in un ambiente diverso, furono i figli di Cesare, Mario e Guido. Il primo, nato a Napoli il 13 ag. 1890, fu anche scultore, sì che come ceramista si dedicò alla piccola plastica (degni di nota La siesta e Ilprimo peccato).Tre anni prima della morte prematura, avvenuta l'11 dic. 1930 a Milano, dove si era trapiantato con il fratello, fondò con questo e con Angelo Bignami una manifattura detta di "Grès d'Arte".
Esponente di essa fu tuttavia il fratello Guido, di poco più giovane, essendo nato pure a Napoli l'11 ag. 1892, il quale, ugualmente dotato di un vivo temperamento plastico, si rivolse essenzialmente alla scultura di piccolo formato in terracotta e in maiolica e quindi in grès, il materiale con il quale si andava rinnovando anche in Italia la ceramica. in quanto la vaghezza delle tinte della sua pasta, opaca e colorata come quella della faenza e densa e durissima come l'altra della porcellana, bene rispondeva alla sempre crescente esigenza di una semplificazione della forma. E questa esigenza egli sentiva vivamente, partecipe, com'era, del movimento che mirava al superamento del realismo ed insieme dell'impressionismo plastico. Così egli, che aveva esordito giovanissimo nel 1911 con figure e gruppi di animali, si affermò presto con una produzione, caratterizzata da una sempre più chiara definizione dei volumi. Di essa, che dopo un pieno riconoscimento ottenuto già nel 1920 alla XII Biennale d'arte di Venezia, continuò a lungo, vanno ricordate, accanto ad opere quali La brezza o Desco familiare, soprattutto le statuine di animali, come Tigre, Pesci, Pinguini, Maternità di elefanti, Cerbiatti, Gruppo di tacchini e Gazzelle, queste ultime due entrate rispettivamente nelle collezioni di Vittorio Emanuele III e di Giorgio VI di Inghilterra.
Con l'opera di questo squisito animalista, spentosi a Milano il 23 sett. 1953, si chiude nobilmente l'attività dei C., artisti che per tre generazioni ebbero una parte certamente significativa nelle vicende della ceramica italiana tra il sec. XIX e il XX.
Fonti e Bibl.: G. Corona, L'Italia ceramica, Milano 1885, pp. 22, 239-244; L. Mosca, Napoli e l'arte ceramica dal XIII al XX sec.[1908], Napoli 1963, pp. 160 s.; A. Minghetti, Ceramisti, Milano 11939, pp. 90 s.; V. Brosio, Porcellane e maioliche dell'Ottocento, Milano 1962, pp. 24, 50, 129; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 335 s.