CACCINI, Francesca, detta la Cecchina
Nacque a Firenze il 18 sett. 1587 e fu battezzata il giorno stesso (come si desume da una notizia rintracciata dal Damerini negli Atti di Battesimo di S. Maria del Fiore di quell'anno), primogenita di Giulio "di Michelangelo Caccini" e di Lucia, d'ignoto casato. è presumibile che il padre l'addestrasse ben presto nell'arte musicale, nel canto e nel liuto dapprima, poi nella composizione, ma volle darle, con l'aiuto di altri maestri, anche un'accurata educazione letteraria, testimoniata da parecchi autori contemporanei o della generazione immediatamente successiva, i quali ricordano - come Pietro Della Valle (citato in Solerti, 1903, p. 166) - che la C. in Firenze "per la poesia non men latina che toscana, è stata molti anni in grande ammirazione". Di questa sua attività letteraria non ci è giunta in realtà documentazione diretta, se si eccettua un gruppo di quindici lettere da lei indirizzate a Michelangelo Buonarroti il Giovane, che rivelano la sua buona cultura e una certa capacità di critica di lavori poetici altrui.
Una prima implicita testimonianza della sua presenza, insieme con la sorella minore Settimia, alla corte dei Medici come cantante si ha nel 1602: nel Diario di Cesare Tinghi (riprodotto in gran parte dal Solerti, 1905) si legge infatti che il 3 apr. 1602 a Pisa, dove la corte soleva recarsi ogni anno per la quaresima, nella chiesa di S. Nicola si "fecero musiche a 3 cori" dirette da "Giulio Romano [Giulio Caccini], avendovi menate la moglie [la seconda moglie, Margherita] e le due figliuole le quale cantano bene". La fama di questo complesso canoro, detto semplicemente "concerto Caccini" - al quale partecipò, più tardi, anche il fratello della C., Pompeo, pittore - si propagò da Firenze in tutta Italia e valicò le Alpi, sicché lo stesso re di Francia Enrico IV e la regina Maria de' Medici inviarono due lettere al granduca Ferdinando I e alla granduchessa Cristina per chiedere loro di mandare il "concerto Caccini" al completo. Dopo aver cantato nell'ottobre 1604 prima alla corte di Modena per tre giorni, riscuotendo il plauso del duca Cesare d'Este e della moglie Virginia de' Medici, poi a Milano, dove la C. si ammalò, e a Lione, la C. e i suoi familiari giunsero a Parigi ai primi di dicembre 1604 e il loro soggiorno in Francia, protrattosi fino al maggio dell'anno successivo, fu un crescendo di successi, nonostante i frequenti confronti con gli addetti alla "musique du roi". La C. soprattutto s'impose come solista, cantando anche in francese e in spagnolo, sicché il re la lodò come ottima cantatrice, ritenendola superiore a tutte le francesi e dichiarò il "concerto Caccini" migliore di ogni altro. Enrico IV avrebbe voluto trattenere a corte la C., ma sebbene suo padre avesse infine acconsentito, il granduca di Toscana - al quale Giulio aveva scritto per chiedergli il permesso di lasciare la figlia maggiore alla corte francese - non volle privarsi di lei.
Il 28 maggio 1606 un biglietto indirizzato da "Francesca Caccini Signorini" - questa è la firma - a Michelangelo Buonarroti il Giovane, il primo rimastoci di una fitta corrispondenza fra i due, da Roma, serve a precisare alcuni dati importanti della sua vita.
Verso la fine di maggio di quell'anno, infatti, ella si trovava a Roma, già sposa di Giovanni Battista Signorini (che fece pure parte della musica da camera della corte fiorentina) e il ringraziamento che inviava a Michelangelo ci rende edotti sulla sua attività di compositrice ormai intrapresa; anche in una lettera successiva, del 10 sett. 1606 "da casa" (da Firenze, cioè, ove era già ritornata), ringraziava il poeta per i versi che le aveva inviato da musicare e ne chiedeva altri. Anche in seguito il Buonarroti scrisse molte canzonette che dovevano essere musicate o interpretate dalla C., poiché esse portano nei manoscritti l'indicazione autografa del poeta "Per la figlia di G. R." (Giulio Romano) oppure "cantata dalla figlia di G.R.". Dal suo rientro a Firenze la C. cantò sempre più frequentemente a corte e pare che di tanto in tanto venisse anche a farsi ascoltare a Roma.
Che ella abbia avuto frequenti contatti con l'ambiente romano ci pare molto probabile: abbiamo rintracciato alla Biblioteca Alessandrina di Roma un manoscritto musicale (n. 279) del XVII secolo - che riteniamo inedito - nel quale vi figura anche una Egloga Pastorale Tirsi e Filli della Sig.ra Fra.ca Caccini (cc.11r-69v) per canto e basso continuo che inizia Pascomi di sospir languendo.Questa composizione è inclusa fra un gruppo di musiche appartenenti ad autori della scuola romana, a Stefano Landi - cui è riservata la maggior parte del manoscritto -, a "Belardino Nanino", a un certo Gio. Domenico (forse Giovan Battista Domenico Romano), segno, dunque, che anche a Roma la C. aveva un posto eminente non solo come esecutrice ma come esperta compositrice.
A Firenze risiedeva normalmente al servizio dei granduchi e risultò sempre regolarmente stipendiata con 10 scudi mensili fino a tutto il maggio 1627. I Medici non le permettevano spesso di trattenersi altrove: così avvenne, per es., in occasione dei preparativi per le nozze di Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia; Ottavio Rinuccini aveva consigliato il duca Vincenzo di chiamare da Firenze le "donne di Giulio Romano", ma ancora una volta il granduca mediceo non permise alla C. di muoversi e lasciò andare solo la sorella Settimia. Dal 1608 la C. era divenuta una delle più valide collaboratrici in molti spettacoli di corte e prendeva parte anche alle esecuzioni di musica sacra a Pisa, nella chiesa di S. Nicola, durante la settimana santa. I suoi meriti di "virtuosa" erano riconosciuti da tutti indiscutibilmente. Così S. Bonini - che si esprimerà poi piuttosto severamente nei confronti della C. compositrice - nella prefazione ai suoi Madrigali e canzonette spirituali, Venezia 1608, la giudicherà una "degnissima seguace della nuova maniera di canto iniziata da Giulio Romano". E due anni dopo Claudio Monteverdi, in una lettera indirizzata ad Alessandro Striggio, pur esaltando la netta superiorità di Adriana Basile su tutte le "virtuose", lodava molto la "Cecchina… che suona bene il liuto, il chitarineto et il clavicembano", migliore per lui della Ippolita Recupito (meglio nota come la "Ippolita del cardinal Montalto"). Dal 1613 la C. cominciò a risaltare nel "concerto" familiare, come testimonia il Tinghi nel suo già citato Diario: il 13 giugno di quell'anno, infatti, "si fece musica dalla Vittoria Archilei e dalla Cecchina di Giulio Romano" e ancora il 26 marzo 1614 a Pisa, alla chiesa di S. Nicola, "si fece musica a quattro cori da musicisti venuti di Firenze a posta, cioè due cori si fece in ciesa, et due sul corridore, uno dalla Vittoria Archilei et da Antonio Naldi et l'altro dalla Francesca figliuola di Giulio Romano et da Giulio et dalla mollie et dal marito di detta Francesca, dove fu musica stupendissima" (ibid.).
In seguito ella non si limitò più a cantare: volle anche istituire una scuola di canto, sicché nel 1619 si parlava già di lei e delle "sue discepole" o delle "sue fanciulle". Nel dicembre del 1614 la C. scriveva a Michelangelo, allora a Pisa, informandolo del successo che aveva riscosso una sua "invenzione", da lei musicata. Ormai anche come compositrice si era affermata a corte: ne è prova il Ballo delle Zigane, rappresentato a palazzo Pitti il 24 febbr. 1615, interamente musicato da lei. Del Ballo ci è solo pervenuto il libretto, di F. Saracinelli, ma il Tinghi nel suo già citato Diario ha tramandato preziose notizie della esecuzione musicale: brani esclusivamente strumentali, parti corali e arie solistiche si alternavano. Nel maggio 1617 la C. si esibiva a Genova e Gabriello Chiabrera, in una lettera indirizzata al Buonarroti il 26 maggio, scriveva di lei: "Qui ella è udita per meravigliosa e senza contradizione, et in pochi giorni la fama sua è sparsa". Nell'agosto 1618 veniva pubblicato Ilprimo libro delle musiche a una e due voci di F. C., ne' Signorini dedicate all'Illustr. e Reverendissimo signor Cardinale de' Medici (in Firenze, nella Stamperia di Zanobi Pignoni), raccolta di composizioni di varie epoche, in cui si risente ancora fortemente l'influsso del padre, dipendenza stilistica che ella stessa, del resto, riconosce.
Nel dicembre dello stesso anno la C. perse il padre, ma non diminuì per questo la sua attività a corte: l'11 febbr. 1619 si rappresentò la Fiera del Buonarroti, fastoso spettacolo di corte accompagnato da musiche - oggi perdute - sue e di Marco da Gagliano.
Scrisse anche le musiche di alcune parti del Martirio di s. Agata. Rappresentazione del Dot. Iacopo Cicognini - illibretto ci rimane in una stampa fiorentina dei Giunti del 1624, la musica è perduta -, che venne rappresentato varie volte nel 1622. La maggior parte delle musiche erano state composte da Giovanni Battista da Gagliano, ma in un "Avvertimento ai Lettori" premesso alla edizione del libretto del 1624 il Cicognini precisa che "le musiche del coro delle sacerdotesse di Venere e quelle al principio nella nuvola della Fede, come anco della parte di S. Agata e dell'Eternità, che per aggiunta nel fine si scoperse in cielo, furono della signora Francesca Caccini moglie del signor Giovambattista Signorini Malaspina e figliola del celebratissimo signor Giulio Romano, e per lodarle basti solo l'aver nominato chi ne fu il compositore, che come donna eminente e singolare ormai dal mondo per tale è conosciuta e ammirata".
Fu però nella Liberazione di Ruggiero da l'isola d'Alcina, rappresentata il 3 febbr. 1625alla villa medicea di Poggio Imperiale per la venuta del principe Ladislao, Sigismondo di Polonia, che la C. diede le sue migliori prove come compositrice. La "favola" avrebbe dovuto essere composta da Andrea Salvadori, poeta mediceo, ma un certo malanimo fra il Salvadori e la C. fece sì che ella si rivolgesse, invece, per il libretto a F. Saracinelli, bali di Volterra.
Sia il libretto sia la partitura sono giunti a noi in due stampe pubblicate a Firenze da Pietro Cecconcelli nel 1625. Il principe Ladislao di Polonia, presente a questa rappresentazione fiorentina, vagheggiava fin da allora l'idea della riproduzione degli spettacoli medicei alla corte reale di Varsavia. Tornato in patria, fu solo nel 1628 che egli poté realizzare la sua idea di rappresentare nel Teatro reale di Polonia opere italiane, la prima delle quali fu proprio La liberazione di Ruggiero, cantata in lingua italiana da "virtuosi" per la maggior parte italiani. Venne pubblicata anche in tale occasione la versione polacca del libretto del Saracinelli fatta dal poeta Stanisław Jagodyński, con l'indicazione sulla messa in scena e la descrizione particolareggiata di vari meccanismi ed "ingegni" che erano stati adoperati a Firenze. La Liberazione di Ruggiero sembra, anzi, sia stata la prima opera teatrale italiana ad essere rappresentata all'estero.
Allo stesso periodo dovrebbe risalire anche un'altra composizione della C., il Rinaldo innamorato, rimasto però manoscritto, che, secondo il Fétis, era venuto in possesso di G. Baini e poi era passato alla Biblioteca della Minerva in Roma. Nessuna traccia sembra attualmente rimasta di questo manoscritto. Alla fine del 1626il marito della C. morì e anche lei viene ricordata per l'ultima volta dal Tinghi il 17 sett. 1626 durante la visita del card. Barberini. Sappiamo che fino a tutto il mese di maggio 1627 rimase a corte come musicista stipendiata; frequentò, tuttavia, ancora il palazzo e nel 1628 partecipava pure a qualche importante spettacolo. Era però ormai caduta nell'ombra e più nulla di preciso si sa di lei dopo questa data. Secondo un Ricordo contemporaneo, riferito dall'Ademollo, ella "si rimaritò in un lucchese lasciando il servizio di queste Altezze et morì di cancro in gola". Non si conosce la data della sua morte, ma dal 1640ella non è più ricordata come vivente.
Artista di grandi meriti, specialmente per il suo contributo allo sviluppo dell'arte musicale italiana del XVII secolo, le sue composizioni più pregevoli e personali sono le canzonette a una e a due voci contenute nel Primo libro delle musiche del 1618, in cui le melodie hanno un'impronta di intimità e di grazia che permangono il segno migliore della sua personalità. Ancor più significative sono le musiche per La liberazione di Ruggiero del 1625 - che la C. e il poeta Saracinelli chiamarono un "balletto" - e certamente ella non vagheggiò l'idea di un vero e proprio melodramma, con il quale dar rilievo a violenti contrasti di sentimenti. Suo scopo era quello di dilettare e la grazia, la delicatezza, l'eleganza che si accomuna ad una notevole padronanza tecnica, mostrano già il benefico influsso del travolgente genio monteverdiano. Lo stile del "balletto", pur essendo ancor quello del "recitar cantando", viene però inteso con libertà di movenze e chiara appare l'assimilazione delle nuove conquiste melodrammatiche, orientate verso le direttive monteverdiane, che non rinunciavano alla polifonia ma erano rivolte a una concreta plasticità formale e a una ariosità più ampia. Le pagine migliori - l'idillico ritornello di tre flauti, la canzone del pastore, la fresca aria delle sirene, il grazioso duettino per i due soprani in canone alla quinta, il coro delle piante incantate - sono sufficienti a dimostrare la vivacità dell'ingegno della C. e la sua profonda cultura musicale.
La sorella Settimia nacque a Firenze forse nel 1590. Diventata anch'essa una esimia cantante partecipò al "concerto" di famiglia alla corte medicea fin dal 1602 e poi nel 1604 a Parigi. Nel 1608 interpretò il ruolo di Venere nell'Arianna di Monteverdi a Mantova.
Ritornata a Firenze, verso il 1609sposò il musicista A. Ghivizzani, allora al servizio dei Medici, e insieme con lui si trasferì a Lucca dove il marito fu maestro di cappella della Signoria dal 1619 almeno fino al 1622, anno in cui fu chiamato a Parma come maestro di cappella. Qui ella interpretò il "torneo" di Monteverdi Mercurio e Marte perl'inaugurazione del teatro Farnese (21 dic. 1628).
Morto il marito nel 1632, si ristabilì a Firenze, dove forse morì dopo il 1640.
Bibl.: A. de la Fage, La prima compositrice di opere in musica e la sua opera, in Gazz. musicale di Milano, VI (1847), 45, pp. 354 s.; A. Ademollo, Virtuosi e virtuose di altri tempi."La Cecchina", in Fanfulla della Domenica, 26 apr. 1885;Id., La bell'Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla corte di Mantova, Città di Castello 1888, pp. 63, 72-79, 83 s.; O. Chilesotti, La Liberazione di Ruggiero dall'Isola di Alcina, in Gazzetta musicale di Milano, LI (1896), 32, pp. 540-542; 33, pp. 559-561; 34, pp. 573-575; H. Goldschmidt, Studien zur Gesch. der italien. Oper im 17. Jahrhundert, I, Leipzig 1901, pp. 29-32; A. Solerti, Le origini del melodramma…, Torino 1903, pp. 135 s., 141, 166, 243; Id., Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, passim da p. 28 a p. 186; A. Ambros, Gesch. der Musik, IV, Leipzig 1909, pp. 408-412; A. Bonaventura, Il ritratto della Cecchina, in La cultura musicale, I (1922), pp. 7-12; Id., Ariette di F. C. e di Barbara Strozzi. Trascritte e armonizzate da A. B., in Musica, Roma 1930, pp. 2 s.; M. G. Masera, Alcune lettere inedite di F. C., in Rassegna musicale, XIII(1940), 4, pp. 170-173; Id., Michelangelo Buonarroti il Giovane, Torino 1941, pp. 22-25, 95-100; Id., Una musicista fiorentina del Seicento. F. C., in Rassegna musicale, XIV (1941), pp. 181-207, 237-244; XV(1942), pp. 249-266; M. Glinski, La prima stagione lirica ital. all'estero (1628), Siena 1943, pp. 9, 117-25, 26-28, 32-34, 60 s., 65 s.; D. Silbert, F. C. called la Cecchina, in The Musical Quarterly, XXXII(1946), I, pp. 50-62; A. Damerini, Le musiche di antichi maestri toscani…, II, F. C., in Accademia musicale Chigiana. Musicisti toscani…, a cura di F. Schlitzer, Siena 1954, pp. 9-14; A. Abert, C. Monteverdi und das musikal. Drama, Lippstadt 1954, pp. 170-173; F. Ghisi, Un aspect inédit des intermèdes de 1589 à la cour médicéenne…, in Les fêtes de la Renaissance, Paris 1956, p. 152; F. J. Fétis, Biographie univ. des Musiciens, I, Paris 1861, pp. 141 s.; G. Groves Dict. of Music and Musicians, II, London 1954, pp. 5 ss.; Enc. dello Spettacolo, II, coll.1451 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, II, Kassel-Basel 1955, col. 612; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 356. Per la sorella Settimia cfr. anche: N. Pelicelli, Musicisti in Parma…, in Note d'arch. per la st. musicale, X(1933), 1, p. 121; 3, p. 238.