CACCINI, Giulio, detto Giulio Romano
Musicista, nato a Roma verso il 1550, morto a Firenze il 10 dicembre 1618.
A Roma fu iniziato alla musica dal fiorentino Scipione della Palla, cantore celebre quanto oscuro compositore, il quale lo addestrò nel canto e, probabilmente, nel liuto. Quanto al contrappunto, il C. nulla ci riferisce circa i proprî studî, se non d'aver egli atteso a tale pratica durante un tempo lunghissimo. Certo gli angusti procedimenti delle pagine corali dell'Euridice ci inducono a ritenere che l'estro nuovo e intimamente monodico del giovane cantore non abbia consentito una vera assimilazione delle ricchezze musicali della grande polifonia cinquecentesca. Egli doveva piuttosto, per la sua natura come per l'educazione ricevuta, esser tratto fin dai suoi anni romani a pregiare nelle composizioni contrappuntistiche, più che i valori intrinseci del discorso polifonico gli eventuali valori d'espressione od anche d'effetto vocale propri di questa o di quella parte concertante, riassumendo il lirismo del concerto in quello della parte singola. Così che nel passaggio del 1564 da Roma a Firenze, la formazione dell'artista si veniva svolgendo per una via continua e diritta. A Firenze egli entra, quale musico di corte, nel pieno fervore della vita intellettuale del tempo, dovendo dare opera alle feste ed alle rappresentazioni d'intesa coi più illustri poeti, artisti e letterati, quali - oltre i Medici stessi - lo Strozzi, il Galilei, il Bardi, E. del Cavaliere, il Corsi e poi il Rinuccini ed il Chiabrera, uomini tali da contribuire efficacemente all'orientamento del giovane verso un gusto più nobile e verso le idee umanistiche proprio allora rivolte alla musica dallo studio di Aristotele, Aristosseno e Tolomeo che nel 1562 erano stati tradotti e divulgati. Così il C. va formandosi; ma per molti anni, dal 1564 al 1579, della sua attività non si ha notizia.
E del resto, durante un periodo di più che trent'anni, l'intervento del C. nelle grandi solennità musicali della corte medicea, quando non si restringe al compito di cantore, non oltrepassa i limiti d'una semplice collaborazione. Alla musica de Le maschere d'Amazzoni, allestita nel 1579 in occasione delle nozze di Francesco I de' Medici con Bianca Cappello, il C. lavora con Piero Strozzi, Alessandro Striggio e un maestro quale Claudio Merulo: la sua partecipazione non doveva quindi ottenere grande attenzione; la sua arte di cantore ebbe invece modo di spiegarsi in un intermedio composto dallo Strozzi.
Già più importante fu la collaborazione del C. alle musiche dei 6 intermedî mitologici scritti dal Bardi e - sembra - dal Rinuccini per le nozze di Ferdinando de' Medici con Cristina di Lorena (1589). Si doveva infatti al C. la musica di un madrigale a 6 voci nell'intermedio quarto e d'un canto della Maga, e probabilmente era sua la musica di tutto il terzo intermedio rappresentante il combattimento di Apollo contro Pitone. Nell'esecuzione di tutti questi intermedî del 1589, cui avevano lavorato il Malvezzi, Emilio del Cavaliere ed il grande Luca Marenzio, il C. ebbe parte preminente e incontrò favore, ma grande fu il plauso destato in tutta Firenze da un canto che nel ricevimento di Cristina di Lorena in S. Spirito egli intonò sulle parole "O benedetto giorno..." ad una voce con accompagnamento strumentale, così che Severo Bonini (Prima parte dei discorsi e regole sopra la musica) ne fa dipendere la perseveranza del C. nel nuovo stile. Il formarsi dello stile cacciniano appare già in questi esordî piuttosto autonomo, e anche l'esempio delle due pastorali di Emilio del Cavaliere (1590) ci sembra importante più per l'orientamento teatrale che per la scrittura monodica dell'artista. Nei primi madrigali (Perfidissimo volto, Vedrò 'l mio sol, Dovrò dunque morire) dal C. presentati al Neri ed allo Strozzi, in Roma, nel 1592, la nuova arte si attua in pienezza di forma coi caratteri che serberà fino alle ultime opere: caratteri di leggerezza, di sensualità e di eleganza di canto lontanissimi da quelli del futuro autore di Anima e corpo. Ma all'orientamento teatrale del C. le pastorali del '90 poterono certo contribuire, determinando lo sviluppo di quel recitativo che nei primi madrigali era già in potenza. Purtroppo non ci sono giunte le pagine che secondo il C. (prefazione all'edizione 1614 delle Nuove musiche) avrebbero contenuto il primo saggio teatrale del suo stile monodico, cioè quelle per la Dafne del Rinuccini. Probabilmente la disgrazia in cui il C. si trovava fin dal 1575 (quando lo si era accusato d'aver condotto Piero de' Medici, con una delazione, all'uccisione di Eleonora di Toledo e di Bernardo Antinori), disgrazia che nel 1592 s'era aggravata con la partenza per Roma del Bardi, suo principale sostenitore, e nel 1593 con il licenziamento della corte medicea, fece sì che alle musiche cacciniane per la Dafne, rappresentata in casa Corsi nel 1594, non si desse alcuna considerazione. Ma soli 5 giorni dopo il congedo l'artista è elogiato, con lettera privata, dal granduca. Per le feste nuziali di Maria de' Medici e di Enrico IV (1600) fu scritto il poemetto drammatico in 5 atti, Il rapimento di Cefalo, su testo del Chiabrera: del Caccini furono eseguiti soltanto i soli e l'ultimo coro, mentre gli altri cori erano dovuti a Stefano del Nibbio, Piero Strozzi e Luca Bati; e quel coro, insieme con tre arie, pubblicò poi nella raccolta delle Nuove musiche. Ma intanto, nelle medesime feste nuziali, s'era dato in Firenze il primo melodramma vero e proprio che ci sia rimasto, sullo schema che ancor oggi persiste: l'Euridice del Rinuccini, composta in musica dal Peri; ed in questa composizione entravano alcune pagine cacciniane (le arie d'Euridice, alcune del Pastore e delle ninfe ed i cori Al canto, al ballò, Sospirate, e Poi che gli eterni imperi) che Giulio aveva scritte egli stesso perché dovevano essere cantate da persone sue. Questa prima serie di musiche per l'Euridice il C. venne a integrare ben presto completando la composizione di tutta l'opera, che diede alle stampe nel medesimo anno 1600, mentre raccoglieva buon numero dei madrigali e delle arie, per pubblicarli nel 1601 sotto il titolo Le nuove musiche con una prefazione contenente una breve storia del nuovo stile ed avvertenze circa i criterî da seguirsi nell'interpretazione.
Il nome del C. con queste pubblicazioni attingeva il sommo della fama. Da varie corti principesche era richiesta la prestazione sua e quella della seconda sua moglie, Lucia, e delle figlie, musiciste di pregio anch'esse: alla corte di Francia egli si reca, con la famiglia, dal settembre 1604 al febbraio 1605, e vi riceve proposte da parte del re d'Inghilterra. Ma, attaccato com'era ai Medici, il maestro rinuncia ai maggiori guadagni per rimanere in Firenze, dove aveva casa sua propria (presso l'Orto de' Servi) e dove morì nel 1618. Nel 1607, nel 1608 e nel 1615 si ristamparono, tutte o in parte, le fortunate Nuove musiche, cui nel 1613 s'aggiunge un'altra raccolta di arie e madrigali intitolata Fuggilotio musicale. Alla sua scuola accorrevano intanto cantori e musici già noti, come la Caterina Martinelli, nell'intento di perfezionare la loro arte, ed i migliori allievi, come il Rasi, il Mogli, il compositore Severo Bonini, erano disputati dalle corti e dalle cappelle italiane.
Lo studio dell'opera del C. va condotto anzitutto sulle arie e i madrigali, perseguendo, con l'ausilio prezioso delle prefazioni, l'integrità artistica del compositore-cantore. Da tale studio dipende l'esatta valutazione dell'Euridice, opera notevole - più che per l'ispirazione - per la riassunzione in stile rappresentativo degli elementi proprî della composizione cacciniana: il recitato e l'arioso, che vi si dispiegano, senza limiti apparenti, in un continuo discorso interrotto soltanto da brevi cori, secondo un tipo cui si richiameranno in seguito quasi tutti i grandi rinnovatori del melodramma. In tutta l'opera del C. si mostra del resto in piena luce l'unità dell'ispirazione, nascente dalla commossa intonazione della poesia (nei recitativi) ed elevata in dolci volute di puro canto, strofico o ampiamente arioso.
Ediz. classiche: Euridice, Firenze 1600 e 1615; Nuove musiche, Firenze 1601 e 1602; Venezia 1607, 1608 (solo 9 Arie) e 1615; Nuove musiche e nuova maniera di scriverle, Firenze 1614; Fuggilotio musicale, Venezia 1613. Per pubblicazioni minori v. R. Eitner, C.G., in Quellen Lexikon der Musiker, ecc., 1890.
Bibl.: R. Gandolfi; Alcune considerazioni... a proposito di G.C., ecc., in Rivista mus. ital., 1896, A. Ehrichs, G.C., Lipsia 1908; R. Marchal, G.C., in Revue musicale, 1925. V. bardi, canto, dramma musicale, melodramma, ecc.