CAFAGGI, Domenico, detto Capo
Figlio di Filippo (come risulta dai documenti, e non di Pietro come si trova nel Pecci), nacque a Settignano nel 1530, data che è possibile desumere da una denunzia del 1572 (Mengozzi, 1905, p. 55). Ancorché fiorentino per nascita - e fiorentino seguita ad essere detto in un documento del 1594 -, deve essere considerato senese per elezione di vita e di lavoro in quanto soltanto a Siena si trovano le sue opere e i ricordi documentari della sua attività di scultore e intagliatore.
Il nome del C. appare per la prima volta in relazione al leggio del coro del duomo la cui esecuzione, su disegno dell'architetto e pittore Bartolomeo Neroni, detto il Riccio, era stata allogata dal rettore dell'Opera della metropolitana Marcello Tegliacci a Teseo di Bartalino da Pienza e a Benedetto da Montepulciano l'8 ott. 1567 (Milanesi, 1856, pp. 221-223). In un successivo documento, purtroppo privo di data (ibid., pp. 231 s.), Benedetto e il C. - che era quindi subentrato a Teseo - si impegnavano ad eseguire il complesso lavoro d'intaglio entro il termine di dieci mesi, e con l'aiuto di tre altri intagliatori, dietro pagamento della somma complessiva di 200 scudi; fin da questo momento il C. nominava messer Aldieri della Casa, camerlengo del Monte Pio, perito di propria fiducia per il collaudo finale del lavoro. Il leggio, grandioso per le monumentali proporzioni e ricchissimo per l'ornamentazione, è tuttora collocato al centro dell'abside del duomo. Stando al Lusini (p. 50), l'intervento del C. nei lavori d'intaglio per il duomo non si limitò al leggio, ultimato nel novembre del 1573, ma si estese alla residenza o "cassapanca" per la messa cantata: quest'ultima, eseguita dal C. e dal ricordato Benedetto sempre su disegno del Riccio, fu collocata nel presbiterio, dove ancor oggi si trova, nel marzo del 1575.
Negli stessi anni il C. condusse, per incarico del Monte Pio, un'opera di notevole impegno civico: il grande stemma in pietra di Cosimo I nel quale l'insegna del sovrano è fiancheggiata da figure allegoriche e sormontata dalla corona donatagli da Pio V al momento della proclamazione a granduca di Toscana.
L'opera fu commissionata il 6 giugno 1570 (Mengozzi, 1913, p. 26), e già il 3 febbr. 1571 il C. ricevette un primo acconto. Questo lavoro dette luogo ad una lunga controversia tra l'artista e il committente perlaliquidazione del compenso: il 9 ott. 1572 il Monte conferiva a due suoi funzionari l'incarico di determinare e liquidare la mercede dovuta, ma la cosa andò per le lunghe tanto che nel 1575 il C., in una lettera del 26 luglio, rispettosamente ma in modo abbastanza perentorio, chiedeva il saldo del suo avere. Il pagamento è registrato, nella misura di 71 ducati, il 31 luglio di quell'anno (Mengozzi, 1905, pp. 53 s.). Lo stemma, già esistente sulla facciata del palazzo Tantucci alla dogana sede del Monte, fu poi trasferito su quella dell'attigua rocca Salimbeni sede del Monte dei Paschi ed infine, durante i lavori di sistemazione dell'intero complesso eseguiti dopo il 1871, in un cortile interno della stessa rocca.
Il 5 giugno 1574 il C. pronunciò, insieme con l'intagliatore Benedetto Amaroni, il lodo per la determinazione del prezzo di un letto ("una chuccia di noce intagliata") che Teseo di Bartalino aveva eseguito per incarico di madonna Battista Tantucci Orlandini (Milanesi, 1856, pp. 245 s.). Nel 1582 il C. e lo scalpellino Antonmaria di Pier Giovanni detto il Mugnaino ricevettero dal rettore Giovanni Battista Piccolomini l'incarico di eseguire l'ornamento di un altare del duomo "secondo il disegnio datone e soscritto da loro"; il contratto di allogazione, stipulato il 3 settembre (ibid., pp. 252-255), specifica che nel lavoro dovevano essere impiegati anche "tre maestri periti ne l'arte" e che l'opera doveva essere terminata entro il febbraio del 1584 a pena della restituzione di tutti gli anticipi già versati.
Di questo altare, che sempre dal contratto apprendiamo ornato di colonne e di fregi "di marmi bianchi e misti", non resta più traccia: esso dovette andare perduto nel generale rifacimento degli altari della cattedrale senese operatonegli ultimi decenni del Seicento. Il C. è poi ricordato di sfuggita in una lettera scritta da Firenze il 6 apr. 1585 dallo scultore Accursio Baldi di Monte San Savino a Scipione Cibo in Siena, ove si dà notizia di un certo Saracini orafo e si soggiunge che "il modello de' suoi santi lo fece maestro Domenico Capo, et egli lo messero in opera" (ibid., pp. 257-260). L'ultima opera documentata del C. è l'ornamento intagliato nella base mannorea della statua di Alessandro III in duomo, eseguito con l'aiuto del ricordato Mugnaino per incarico del rettore Giugurta Tommasi: del 18 maggio 1594 è il lodo pronunciato dall'architetto senese Flaminio del Turco, il quale stabilisce che il lavoro venga compensato con 28 scudi (ibid., pp. 269 s.).
Oltre a questi lavori documentati vi sono varie altre opere riferite al C. da eruditi e scrittori, per le quali però non esiste oggi la prova documentaria. Tra queste sono il portale della compagnia laicale di S. Antonio (1562: Mengozzi, 1905); il portale dell'oratorio di S. Bernardino in piazza S. Francesco che il Milanesi dice eseguito nel 1574 dal C. e da Flaminio del Turco (note manoscritte al Romagnoli, 1840, p. 47); un Crocifisso per la compagnia di S. Gherardo (1575: Milanesi, 1873); il disegno per il portale della compagnia di S. Caterina in Fontebranda (1587: Mengozzi, 1905); la statua di Marcello II in duomo (Chigi, Piccolomini e molti altri fino al Venturi; da alcuni inoltre riferita al 1593); gli ornamenti in pietra della porta Camollia rinnovata ed abbellita nel 1604 su disegno del pittore Alessandro Casolani per celebrare l'ingresso in Siena del granduca Ferdinando I (Chigi, Piccolomini, Pecci e altri); "diversi lavori" nella cappella Lucarini in S. Agostino (1605-1606: Mengozzi, 1905); ed infine gli stemmi medicei in pietra, fiancheggiati da figure maschili ignude, sugli sproni angolari della fortezza di S. Barbara fatta edificare da Cosimo I (Thieme-Becker, dubitativamente).
Il C. morì a Siena il 20 maggio 1605 (Milanesi, note manoscritte al Romagnoli, 1840, p. 116), mentre il Mengozzi (1905, p. 56, seguito dal Thieme-Becker e dal Venturi) anticipa la data al 13 marzo i 606; fu sepolto, a quanto sembra (Mengozzi, 1905, p. 56), nella chiesa di S. Giovannino in Pantaneto.
Non sappiamo se, quando e con chi, il C. abbia contratto matrimonio. Comunque il manoscritto del Romagnoli riferisce che nella cresima del 1573"Domenico scultore" (senz'altro il C.) fece confermare due figli, Scipione e Giulio, ai quali fu padrino il pittore Cristofano di Lorenzo Rustici. Lo stesso Romagnoli aggiunge che nella statistica del 1591un Domenico scultore risulta abitante nel terzo di S. Martino e viene censito per "bocche quattro", il che può verosimilmente corrispondere al C., alla moglie e ai due figli. Il Mengozzi registra poi che nel 1599 il C. fece una donazione "propter nuptias" ad una certa Faustina allieva dello Spedale, forse seconda moglie dell'artista.
Fonti e Bibl.: Siena, Bibl. com. degli Intronati, ms. C IV 18: G. Mancini, Breve ragguaglio delle cose di Siena, c. 7r; Ibid., ms. C II 23: G. Piccolomini, Siena illustre per antichità, cc.32r, 65r; Ibid., ms. L II 8: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi [1830-38], VIII, c. 145; F. Chigi, Elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena [1625-26], a cura di P. Bacci, in Bull. senese di storia patria, XLVI (1939), pp. 299, 326, 335; G. A. Pecci, Relaz. delle cose più notabili della città di Siena, Siena 1752, pp. 8, 127; G. Faluschi, Relazione delle cose più notabili della città di Siena, Siena 1815, pp. 8 s., 19, 159; Descrizione del Duomo di Siena…, Siena 1821, pp. 17 s., 31 s.; Nuova guida della città di Siena per gli amatori delle belle arti, Siena 1822, pp. 17 s., 31 s., 164; E. Romagnoli, Cenni storico-artistici di Siena e suoi suburbii, Siena 1840, pp. 9, 13, 61 (v. anche le note mss.di G. Milanesi, Siena, Bibl. com. degli Intronati, ms. B LXVIII C 19, pp. 47, 116); G. Milanesi, Doc. per la storia dell'arte senese, III, Siena 1856, pp. 231 s., 245 s., 252-255, 259, 269 s.; [E. Micheli], Guida artist. della città… di Siena, Siena 1863, pp. 9, 24, 129; G. Milanesi, Sulla storia dell'arte toscana, Siena 1873, p. 40; R. Erculei, Catalogo delle opere antiche d'intaglio e d'intarsio in legno esposto nel 1885 a Roma, Roma 1885, pp. 144 s.; N. Mengozzi, Il Monte dei Paschi di Siena e le aziende in esso riunite. Note storiche, II, Siena 1891, pp. 79 nota 2, 268 s.; Id., Il Monte dei Paschi. Lavori artistici, Siena 1905, pp. 53-56; V. Lusini, A proposito dei recenti lavori nel Duomo, in Rass. d'arte senese, III(1907), pp. 50 s., 54; N. Mengozzi, Il Monte dei Paschi e le sue aziende, Siena 1913, pp. 26 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 3, Milano 1937, pp. 967-969; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 346.