cafonal
, agg. (spreg. iron.) Che esibisce con spontanea ostentazione manifestazioni di pacchianeria e cattivo gusto.
• La foto segnala non il cattivo gusto «cafonal» di una certa Roma «godona», ma la sempiterna arroganza che il potere mostra quando non ha più niente da dire e si appaga di se stesso, illudendosi di perpetuarsi lungo facezie d’ogni tipo tra le quali le ruberie selvatiche e naif, la frequentazione di locali ritenuti tanto più modaioli quanto più sono corrivi e chiassosi, l’ingordigia per ogni prelibatezza vietata ai comuni mortali purché costosissima e a sbafo. (Gennaro Malgieri, Tempo, 21 settembre 2012, p. 1, Prima pagina) • Di quei primi anni novanta, «Caro diario» raccoglie dettagli minimi che valgono più di molta storiografia e sociologia. L’ondata dei figli unici; le premesse ‒ nello sbarco a Panarea ‒ di ciò che avremmo chiamato «Cafonal» e che [Paolo] Sorrentino avrebbe messo a fuoco nella «Grande Bellezza»; lo studioso di Joyce che cita frasi di Enzensberger contro la televisione e però segue ossessivamente le vicende di «Beautiful». (Paolo Di Paolo, Unità, 19 agosto 2013, p. 19, U:Culture) • Quest’estate usa così: ostentare sui social media la propria ricchezza. Con spavalderia, con un pizzico di malcelata arroganza. La cosa potrà apparire un poco cafonal, ma viviamo in un’epoca in cui non di rado l’abuso diventa uso. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 7 agosto 2016, p. 1, Prima pagina).
- Pseudoanglismo ottenuto mediante l’adattamento alla lingua inglese del s. m. e agg. cafone.
- Già attestato nella Stampa del 18 luglio 2003, p. 31, Storie d’estate (Maria Corbi).