Vedi CAGLIARI dell'anno: 1959 - 1994
CAGLIARI (Carăles o Karăles, meno frequente Caralis al sing., da un etimo punico)
Antica città della Sardegna.
È nominata da numerosi scrittori di lingua greca, come per esempio Pausania (x, 17, 9) - che la dice fondata dai Cartaginesi - e di lingua latina, fra cui il poeta Claudiano (De bello gildonico, 520) - che la canta Tyrio fundata potenti.
Prima della venuta dei coloni d'oltremare dovettero esistere villaggi preistorici sui colli che fanno chiostra al golfo, come a Villa Clara, Monte Urpino, Monte della Pace, Colle di San Michele, Terramainia, Is Arenas, Colle S. Elia, tutti composti di famiglie indigene viventi della pesca e della caccia sugli stagni pescosi.
Può darsi, come pensa il Bosch-Gimpera, che la città punica sia stata preceduta da uno stanziamento fenicio, risalente al sec. VII a. C. Nulla sappiamo della sua vita al tempo punico, ma siamo informati un po' meglio per il periodo romano. Probabilmente durante i primi tempi repubblicani, mentre la vicina Nora (v.) era sede del governo romano, C. fu solamente un abitato fortificato; più tardi, al tempo di Silla, ricevette probabilmente ordinamento municipale; infine da Cesare la piena cittadinanza romana. Fu iscritta nella tribù Quirina. Dall'epoca di Cesare cominciò per C. quella posizione di preminenza nell'isola, che la città non ha più perduto, e non è fortuito il fatto che ben due terzi delle iscrizioni latine di Sardegna provengano da Cagliari. Intitolata ufficialmente municipium Iulium fu sede dei governatori, del conventus e dell'archivio amministrativo della provincia.
Il suo porto era frequentato dalle navi provenienti da Ostia per caricar grano e dalla flotta misenate; rappresentanze di mercanti caralitani sono documentate in Ostia. Travolta nella rovina dell'Impero romano e occupata dai Vandali, la città risorse per il rifluire di elementi romani dall'Africa invasa, diventò un importante centro cristiano e intorno ai resti di S. Agostino, sepolti e difesi in C., parve ancora agitarsi un palpito di vita romana, che riprese vigore sotto Bisanzio. Per quanto riguarda la topografia, il Pais pensa che C. sia stata preceduta da uno scalo fenicio, ubicato al promontorio di S. Elia (qui infatti fu ritrovata un iscrizione ricordante un'offerta votiva di un cittadino punico alla dea Astarte), e che più tardi i Fenici siansi spinti sulle colline, ove sorge l'attuale C., a ciò indotti e dalla maggiore sicurezza del porto e dalla maggiore stabilità delle loro relazioni con gli indigeni.
Della città punica sono state trovate grandi cisterne scavate nella roccia, nel quartiere medievale di Stampace, poi, in via Malta, un santuario d'età ellenistica, del quale sussistevano due platee di terrazzamento a due livelli diversi in blocchi di tramezzano, basi ionico-attiche di colonne a fusto liscio pertinenti a un naòs, un muro di recinzione. Antistante al tèmenos era una cavea di tipo teatrale. Un'altra importante scoperta fu quella di un deposito di terrecotte figurate e di vasi, con avanzi di una palizzata di ginepro, pertinente a un pontile d'imbarco di un'officina ceramica sullo stagno di Santa Gilla (allora navigabile e compreso nel porto). Poiché alcune anfore contenevano anche noccioli di frutta, pigne ed ossa di animali tagliate, è lecito supporre che sul pontile si imbarcassero anche frutta e derrate alimentari. Presso le sponde di questo stagno dovette svolgersi la vita commerciale, come attestano gli avanzi di case puniche e romane qui trovati, in una contrada detta oggi Campo Scipione. Da questa regione proviene un grande mosaico con Orfeo, oggi nel museo di Torino. Due necropoli s'estendevano alle due estremità orientale e occidentale, sulle due colline di Bonaria e S. Avendrace, quest'ultima immensa e letteralmente traforata da innumerevoli tombe a pozzo scavate nella roccia, per la maggior parte violate. Alcune hanno reso monete puniche, vasi punici e italioti, scarabei, amuleti, terrecotte figurate. A questo periodo risale anche una statuaria di grandi dimensioni in terracotta e in pietra. La città romana, come la vide Claudiano e come lo provano i reperti archeologici, estendevasi lungo il litorale dalla spiaggia di Bonaria allo stagno di S. Gilla e formava diversi quartieri, il che può aver dato origine all'uso del nome Carales al plurale. Un acquedotto, costruito nel I sec. d. C., portava acqua potabile alla città dalle montagne sopra Siliqua. L'acropoli era, probabilmente, sull'altura detta oggi "il Castello" (dove, nel tardo Medioevo, s'insediarono le famiglie della nobiltà). Nel tratto compreso fra il versante orientale della collina di Castello e l'altura di Bonaria si sono trovati avanzi di necropoli tardo-romane. Quivi era un suburbio, nel quale si raccolsero religiosi al tempo dei Vandali e dei Bizantini e nel quale sorse la basilica di San Saturno, il cui primo nucleo risale al V sec. d. C.
Dall'epigrafia risulta che parecchi governatori abbellirono la città di edifici, di strade e di piazze. I rinvenimenti fortuiti di antichi monumenti sono stati copiosi fin dal Medioevo ed ancora oggi sono assai frequenti. Ricordiamo un sontuoso edificio termale in regione Bonaria scoperto nel 1909, adorno di mosaici pavimentali in opus vermiculatum e di rivestimenti marmorei parietali; una casa romana con triclinio a Campo Viale e, ancor oggi visibile, un'altra grande casa romana con atrio tetrastilo (la cosiddetta Villa di Tigellio) e un anfiteatro, la cui cavea è scavata nel fianco roccioso occidentale della collina di Castello. Dopo la seconda guerra mondiale è stato scoperto (dietro al palazzo dell'INPS in basso al viale Regina Margherita) un edificio romano del tempo repubblicano con mosaico recante l'iscrizione M. Ploti Silisonis f. Rufus: probabilmente trattasi di uno stabilimento industriale, forse una fullonica.
Recentemente (inverno 1957) sono stati scoperti fortuitamente in un'area a via Angio, ossia al centro della città moderna, avanzi di cospicui edifici, quali uno stabilimento termale, più forse un tempio, cui appartenevano grandi colonne a fusto liscio di bardiglio con basi, capitelli ionici ed antefisse di marmo bianco; inoltre una casa che sembra d'età repubblicana, con pavimento in coccio pesto e muri di mattoni crudi.
Bibl.: A. Lamarmora, Voyage, I, Parigi-Torino 1840, p. 123; E. Pais, La Sardegna prima del dominio romano, in Memorie Acc. Lincei, serie 3a, VII, 1881, p. 78 ss. (qui la bibl. per le più antiche scoperte); A. Taramelli, in Not. Scavi, 1904, p. 19; 1906, p. 162; 1909, p. 135; E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica, I, Roma 1923, p. 351 ss.; P. Mingazzini, in Not. Scavi, 1949, p. 213 ss.; id., in Studi Sardi, X-XI, 1952, p. 161 ss.; G. Pesce, in Fasti Arch., IV, 1951, nn. 2242, 3825.