cagnazzo
. Aggettivo, di uso raro e solo ‛ comico ', inaugurato in senso assoluto da D., pur se ricorre un'unica volta nella Commedia, per i traditori dell'Antenora: Poscia vid'io mille visi cagnazzi / fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, / e verrà sempre, de' gelati guazzi (If XXXII 70). Piuttosto che a " paonazzi " (secondo l'opinione del Sapegno - condivisa da molti -, che adduce riscontri vicini a D.), ci si potrebbe attenere al " lividi " della glossa del Buti, che fra l'altro trova un preciso avallo al v. 34 (livide, insin là dove appar vergogna / eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia), oltre che nell'uso boccacciano (Dec. VIII 4 22) non a caso ormeggiante il dantesco (" e perché così cagnazzo viso avea, da ogn'uomo era chiamata Ciutazza "); così come lo stilema " viso cagnazzo " in Luca e Luigi Pulci, certo allusivo all'archetipo; tanto che pare del tutto arbitrario costruire sugli esempi enunciati un duplice significato: cioè " brutto ", " deforme ", " rincagnato " (detto del volto) per Boccaccio e i Pulci, e viceversa " di color livido, paonazzo " (come le nari e il muso dei cani) per D. e Sacchetti, che è invece l'unico semantema legittimo. Che a ogni modo si tratti di una sfumatura cromatica (fra verde e violaceo), dimostra ancor meglio l'esempio sacchettiano (Trecentonovelle XCII), con l'elencazione di un certo panno " di qualche bel colore " (da ‛ celestrino ' a ‛ verde ' a ‛ sbiadito ' a ‛ cagnazzo ' fino a ‛ cappa di cielo '): cfr. F. Maggini, in " Studi d. " I (1923) 142-143, ora in Due letture dantesche inedite..., Firenze 1965, 101-102; e si potrebbe anche addurre il " cagnetto " (" panno di color grigio cenere ") presente in un testo del 1278-79 (cfr. Castellani, Nuovi testi 464). V. anche la voce ANTENORA.
Stante la rarità del termine, per ovvia estensione di un criterio filologico all'ambito semantico, sembrerebbe difficile attribuire all'omonimo diavolo della schiera dei Malebranche (If XXI 119) la fisionomia di " grosso cane ", autorizzata dalla chiosa butiana a If XXII 106 Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso (" propriamente si dice la bocca del cane, e a questo demonio fu data la figura del cane "), ma smentita se non altro dallo scorcio successivo, troppo maliziosamente umano (crollando 'l capo, e disse...); tanto più che la ricerca cromatica non resta estranea alla ‛ onomastica ' fantasiosa della quinta bolgia: si pensi, almeno, a Rubicante (cfr. Parodi, Lingua 355; e Petrocchi, in nota a XXI 123); che sarebbe proprio il contraltare, coloristicamente, di Cagnazzo (vedi peraltro la voce seguente, CAGNAZZO, dove l'autore si pronuncia a favore della spiegazione più diffusa).