CAHORS
(lat. Divona Cadurcorum)
Centro della Francia meridionale, capoluogo del dip. Lot, situato nella regione dell'Agenais-Périgord-Quercy.La città di C. sorge su una grande ansa del fiume Lot, limitata dalle pareti scoscese dell'altopiano del Quercy ed estesa verso S mentre il fiume scorre in direzione E-O, e costituisce un importante crocevia tra le strade dirette verso N e verso la Spagna e quelle in direzione dell'oceano Atlantico e dell'Italia.In epoca romana, con il nome di Divona Cadurcorum, la città dei Cadurci, un'antica tribù celtica, occupava gran parte dell'ansa. Le terme, il cui sito è individuato dal c.d. Arc de Diane, erano probabilmente ancora in piedi in epoca merovingia. Entrata nelle mire dei re franchi, che se la disputarono, C. conobbe un periodo di decadenza che perdurò fino all'arrivo del vescovo Desiderio (630-655), appartenente a una delle più prestigiose famiglie senatoriali di Aquitania e già tesoriere dei re Clotario II e Dagoberto I, prima di essere innalzato al seggio episcopale di Cahors. L'opera di rinnovamento da lui compiuta nella città è testimoniata, oltre che dalla sua corrispondenza, dalla Vita Desiderii, scritta intorno all'800 da un monaco che attinse a fonti locali.I lavori di Desiderio riguardarono sia la sicurezza della città, con interventi di costruzione e di restauro delle mura, sia la vita religiosa; fece infatti ricostruire, all'intersezione dei due grandi assi stradali, la cattedrale, eretta interamente con pietra da taglio, evento questo magnificato dal suo biografo, che, abituato alle costruzioni a piccoli conci tipiche della Gallia, paragonò l'opera alle cinte murarie a blocchi lapidei di epoca romana. A fianco alla cattedrale, Desiderio ricostruì poi il palazzo episcopale, che comprendeva due ali 'doppie' e alcuni oratori; dedicò inoltre alla Vergine una basilica posta ai piedi della cittadella che costituiva a N il nucleo principale delle fortificazioni della città, mentre a S, al di là del ponte romano, fece innalzare un'altra basilica sul luogo dove il fratello era stato assassinato. Infine nell'ansa del fiume, ma esternamente alla cinta muraria, fondò il primo monastero della diocesi, dove volle essere sepolto.Un nuovo rinnovamento della città si ebbe in epoca romanica come conseguenza della riforma religiosa della fine del sec. 11° che determinò il ritorno dei canonici alla vita cenobitica intorno al 1090. La cattedrale fu ricostruita sul luogo della precedente secondo uno schema austero e solenne, teso a combinare armonicamente elementi della tradizione architettonica della regione. L'abside senza deambulatorio, ma sulla quale si aprono tre absidiole, trova confronti nell'Agenais, nel Quercy, nell'Angoumois, nel Périgord, nel Limousin e nel Velay; subito dopo la sua consacrazione nel 1119, si avviò la costruzione della navata, coperta da due cupole su pennacchi secondo il modello delle chiese con cupola in asse della Francia occidentale e rilevante anche per la sua eccezionale larghezza (m. 20 ca. da un muro all'altro). Sul fianco settentrionale della chiesa, dal lato della piazzetta del palazzo episcopale, fu aperto intorno al 1140 un grande portale preceduto da un profondo portico, simile a quello di Moissac. Le sculture del timpano sono da porre in rapporto con la decorazione plastica della facciata della cattedrale di Angoulême. Il tema centrale dell'Ascensione sovrasta il gruppo degli apostoli ai lati della Vergine; intorno si dispongono scene del Martirio di s. Stefano ordinate su due registri. Contemporaneamente alla cattedrale fu costruito un chiostro, centro della vita comunitaria dei canonici, addossato al fianco meridionale della navata.Il periodo romanico costituì l'inizio di una fase di espansione il cui ritmo andò accelerando a partire dalla seconda metà del sec. 13° fino a giungere alla metà del 14°; questo periodo di grande floridezza è caratterizzato dall'attività dei cahorsins, mercanti attivi sui principali mercati europei. Per favorire l'attività commerciale, i consoli di C. fecero erigere due nuovi ponti sul Lot: il Pont Neuf, a E della città, in costruzione nel 1271, le cui torri furono ultimate nel 1287, e il celebre Pont Valentré, a O, il solo che si sia conservato; iniziato nel 1308, questo ponte era già concluso nel 1335: i due castelletti, le torri quadrate che sormontano le tre porte, la merlatura concorrevano ad assicurarne la protezione. Alla stessa epoca risalgono la loggia dei Mercanti, di cui sussistono le principali strutture, e numerosi palazzetti, i più importanti dei quali comprendono torri utilizzate per abitazione; tra queste, la torre detta di Giovanni XXII (fine sec. 13°), parte del palazzo della famiglia Duèse, alla quale apparteneva il pontefice, e la torre dello Château du Roi (prima metà sec. 14°). Nei pressi della torre papale e delle vestigia del palazzo Duèse sorge la chiesa di Saint-Barthélemy, che lo stesso papa, che qui era stato battezzato nel 1273, fece ristrutturare appena salito al soglio pontificio.La cattedrale romanica fu trasformata secondo lo stile gotico del Midi, operazione facilitata dalla presenza di un'unica, larga navata, che venne affiancata da cappelle laterali, mentre la parte absidale fu voltata a crociera costolonata alla fine del 13° secolo. Si dotò l'edificio di un'imponente facciata occidentale inquadrata da due torri sul lato prospiciente il palazzo dei Consoli (costruito nel 1316, distrutto da un incendio nel 1696). Con l'intento di uniformare le varie parti del monumento furono fatte eseguire pitture murali sulle pareti del coro (ridipinte e integrate nel secolo scorso), sull'intradosso delle cupole (restano solo quelle della cupola occidentale) e, recentemente scoperte, all'interno del corpo occidentale. Questi lavori avvennero nel quadro di un rinnovamento dell'architettura religiosa che fu operato non solo a C. - ed è il caso di alcune chiese parrocchiali e delle cappelle degli Ordini mendicanti - ma anche nel resto della diocesi in uno stile maturo e dal carattere strettamente locale, del tutto indipendente dall'architettura avignonese; fu anzi la nuova sede dei papi a utilizzare le risorse offerte da C., da dove Giovanni XXII portò con sé numerosi ecclesiastici, nobili e uomini d'affari. Per porre rimedio a questa perdita e rinvigorire i ceti dirigenti, fu fondata a C. una università nel 1332, troppo tardi per raggiungere l'efficacia sperata. Alla fase di espansione succedette così un periodo di profondo declino corrispondente alla guerra dei Cento anni, che impoverì e spopolò il Quercy. Le spese effettuate dai consoli di C. tra la metà del sec. 14° e la metà del 15° non riguardano altro che la riparazione delle fortificazioni e dei ponti.Nuovi lavori di edilizia civile e religiosa furono intrapresi solo alla fine del Quattrocento con il ritorno della pace e la ripresa delle attività. Essi riguardarono soprattutto le costruzioni ecclesiastiche e furono favoriti dal vescovo Antonio d'Alemagna (1466-1493), che apparteneva a un'importante famiglia del Delfinato. Per rendere nuovo prestigio al culto, egli fece ampliare il coro della cattedrale con una grande cappella dedicata alla Vergine, destinata a essere sede di cappellania. Questo ampliamento, la c.d. chapelle profonde, consacrata nel 1484, segna la penetrazione a C. dello stile flamboyant e della sua sovrabbondante decorazione. In altre cappelle si notano la perfetta stereometria e un particolare gusto per la complessità e l'originalità delle forme: le volte hanno un disegno basato su linee diagonali e le loro nervature adottano talora un tracciato curvilineo; ciò è particolarmente evidente nella cappella orientale del chiostro, costruita intorno al 1500 e che ricevette negli anni successivi una vasta decorazione di pitture murali.
Bibl.: R. Rey, La cathédrale de Cahors et les origines de l'architecture à coupoles d'Aquitaine, Paris [1926]; id., Cahors, CAF 100, 1937, pp. 216-276; id., Un grand bâtisseur du temps du roi Dagobert: saint Didier évêque de Cahors, Bulletin archéologique du Comité des travaux historiques et scientifiques, 1953, pp. 289-296; M. Durliat, La cathédrale Saint-Etienne de Cahors, architecture et sculpture, BMon 137, 1979, pp. 285-340; J. Lartigaut, Cahors (Atlas historique des villes de France), Paris 1983.M. Durliat