GALLO, Caio Domenico
Nacque a Messina il 28 febbr. 1697. Allievo del giurista Francesco Castelli, non esercitò tuttavia la carriera forense, ma dovette accontentarsi dell'incarico di "scritturale, o sia razional detentore di conti" presso il Senato cittadino; e eguale funzione svolse presso alcune confraternite e istituti di beneficenza, nonché case patrizie come quella del duca di Saponara. Nel 1719 mostrò concretamente il suo attaccamento alla città natia, combattendo contro gli Austriaci sotto gli Spagnoli di Filippo V.
Non si conosce l'itinerario dei suoi studi letterari, ma per sua stessa dichiarazione sappiamo che gli fu "stretto amico e maestro nella italiana poesia" G.B. Smorto, uno dei maggiori esponenti della messinese Accademia della Clizia, a cui anche il G. risulta iscritto; e un certo credito egli dovette godere nel campo delle lettere, se oltre che nelle altre due accademie cittadine degli Accorti e dei Pericolanti, fu accolto in quelle palermitane del Buon Gusto e degli Ereini, in quella modenese dei Dissonanti e tra gli Arcadi di Roma. Di questa fase della sua attività si conoscono comunque solo alcuni titoli: l'opera per musica Zenobia (Messina 1727), i dialoghi L'aurora del sole divino (ibid. 1728), Tobia che guarisce la cecità del padre (ibid. 1728), Giuda Macabeo ristauratore del tempio (ibid. 1729). Puramente celebrativo è invece il Distinto ragguaglio (ibid. 1726).
Dal matrimonio con Angela Inga ebbe nel 1734 un figlio, Andrea, che egli guidò negli studi con particolare cura. Il G. operò in un ambito esclusivamente cittadino. A lui si deve infatti l'iniziativa di una vasta storia della città di Messina, che venne realizzata con lunga e assidua fatica ricorrendo al materiale di archivio custodito presso congregazioni e monasteri o altre istituzioni locali. Gli Annali della città di Messina capitale del Regno di Sicilia dal giorno di sua fondazione fino a tempi presenti, che sono il risultato di questo lavoro, furono solo parzialmente pubblicati durante la vita dell'autore (ibid., t. I, 1756; t. II, 1758) "sotto gli auspici dell'Ill.mo Senato" e dedicati a Flavia Eustochio De Giovanni, duchessa di Saponara, protettrice del G.; furono invece editi postumi il terzo tomo (ibid. 1804) e il quarto, corretto ed emendato dai curatori (ibid. 1875); due volumi sugli avvenimenti più recenti, composti da G. Oliva (ibid. 1892), furono successivamente aggiunti a completamento del lavoro.
L'opera del G. si propone l'ambizioso disegno di ricostruire le vicende cittadine lungo un diagramma cronologico, che parte dalle origini più remote per giungere agli eventi contemporanei. Un Apparato - pubblicato già l'anno prima dell'edizione degli Annali (Napoli 1755) - fornisce un "ragguaglio preliminare e una generale idea della Città".
La trattazione più propriamente storica comincia dopo questo lungo Apparato, e subito il G. dà la misura del suo orizzonte mentale e dei suoi limiti metodologici. Infatti, come in altri analoghi prodotti della storiografia siciliana, innalza i meriti della sua città proponendo date fantastiche di fondazione - due secoli dopo il diluvio -, e la primogenitura di Zancla nella colonizzazione della Sicilia. Né manca di vantare la nobiltà della Chiesa locale, che sarebbe stata fondata dallo stesso s. Paolo, al quale spetterebbe l'ordinazione del primo vescovo, Bacchilo. Il G. fa posto nella sua storia a fonti leggendarie e a testimonianze opinabili, e accorda la stessa credibilità alle invenzioni letterarie e ai documenti più affidabili, senza alcun senso della filologia e della revisione critica, mescolando "le cose vere alle false, purché lette le abbia in qual che si fosse carta" (Scinà, II, p. 108).
I quattro tomi degli Annali, ognuno dei quali suddiviso in libri, presentano una materia che diviene più fitta di eventi e più precisa nella loro ricostruzione man mano che ci si avvicina alla contemporaneità. La scansione narrativa - sia dei tomi che dei libri - corrisponde alle grandi svolte epocali della storia siciliana: il primo tomo si conclude infatti con il dominio arabo nel 1060; il secondo si spinge "fino alla rinuncia del Regno dell'imperador Carlo V nel 1555"; il terzo procede fino al 1700, e l'ultimo fino alla peste del 1743, mentre non mantiene la promessa di descrivere la ricostruzione della città, che avrebbe dovuto costituire il sesto libro del tomo.
Gli Annali sono sicuramente uno strumento essenziale di conoscenza della storia di Messina, una di quelle opere di indiscussa utilità, che, come dissero gli accademici Peloritani curatori del quarto tomo, nonostante "i pregiudizi, gli errori, l'ignoranza e le passioni dei tempi, fornisce gli elementi più certi per la formazione di una vera storia". E in effetti il G. allinea con opaca diligenza tutti i monumenta storiografici di cui dispone, cadendo inevitabilmente nell'arbitrio e nella creduloneria; ma non si può egualmente negare la validità della sua operazione, suffragata - soprattutto per la parte moderna - dalla pubblicazione di atti, tabelle, registri delle parrocchie, iscrizioni, elogi funebri, che supportano una narrazione a cui si addice l'andatura del "diario" e della "cronaca".
Filospagnolo e "antitedesco" per quel che riguarda la sua moderna militanza, il G. non si impegna in interpretazioni generali, ma ha verso gli eventi un'attenzione di tipo aneddotico, angustamente cittadina. Più che di una concezione storiografica si può parlare del resto per gli Annali di vocazione celebrativa; descrivendo infatti le "glorie" amministrative, religiose, politiche della città - decantate non solo attraverso i fatti, ma anche mediante un elogio degli uomini illustri elencati alla fine di ciascun libro -, il G. intendeva dare il solido contributo della memoria storica all'antica ambizione di preminenza di Messina.
Scarso consenso ricevette invece la sua opera, che non dovette certo assicurargli benefici pecuniari, se il figlio Andrea affermerà che egli "campò pizzenti, pizzenti muriu"; e pare che questa povertà sia stata alleviata solo dalla generosità della duchessa di Saponara, che lo lasciò erede di una rendita annua di 24 onze. All'insuccesso degli Annali è da ascriversi il tardivo ripiegamento nelle occupazioni letterarie, che il G. commentò con delusa ironia: "Mandai la Storia ai centu diavuli / E dissi è megghiu mi ci cuntu favuli". Il ritorno alle lettere è caratterizzato principalmente da una serie di traduzioni in dialetto di classici antichi, come la Batracomiomachia e le Metamorfosi di Ovidio.
Questi lavori, insieme con un dizionario siciliano e altre minori opere, erano contenuti in un manoscritto, illustrato con disegni ad acquerello di Andrea Gallo, incisioni da pitture di D. Zampieri e stampe tratte dall'Houel; esso fu posseduto da L. Lizio-Bruno, che insieme con G. La Corte-Cailler lo ha descritto, dando anche notizia di una cicalata composta per il carnevale del 1759, dal titolo La frittata, nonché di un volumetto di canzoni sacre e morali. Dalle testimonianze dei lettori di questi testi e dalla Batracomiomachia (pubblicata a Messina nel 1844) appare evidente che il G. operava con intenti creativi, e che interveniva liberamente sui testi originali.
Il G. morì a Messina il 20 ott. 1780.
Oltre alle opere indicate sopra, si conosce del G. il ditirambo in vernacolo ("Olé olé olé, / Meghiu vinu chi café"), pubblicato da L. Lizio-Bruno in La Sicilia, 15 maggio 1865, pp. 139 s. Una seconda edizione degli Annali, a cura di A. Vayola, è stata pubblicata a Messina (1877-95).
Fonti e Bibl.: Messina, Biblioteca regionale universitaria, Mss., F 193; R. Gregorio, Introduzione allo studio del diritto pubblico siciliano (1794), in Opere scelte, Palermo 1861, pp. 8 s.; D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia del secolo XVIII (1824-27), Palermo 1969, ad indicem; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, p. 394; G. Oliva, C.D. G., in C.D. Gallo, Annali della città di Messina, V, Messina 1892, pp. 225 s.; L. Lizio-Bruno, C.D. G. e il suo geniale travestimento delle Metamorfosi in ottava rima siciliana ancora inedito, in Arch. stor. messinese, VII (1906), pp. 171-222; Id. Andrea Gallo e i suoi tempi, Catania 1908, p. 4; G. La Corte-Cailler, Un manoscritto inedito di C.D. G., in Arch. stor. messinese, X-XIII, (1909-12), pp. 262-268; S. Leone, Di Andrea Gallo poligrafo messinese del '700, in Arch. stor. per la Sicilia Orientale, XX (1967), pp. 6 s.; A. Ioli Gigante, Messina, Roma-Bari 1980, ad ind.; A.M. Sgrò, Catalogo dei manoscritti del Fondo La Corte Cailler nella Biblioteca regionale universitaria di Messina, Messina 1985, ad indicem.