CALAFATO, Eustochia (al secolo Ismaralda), beata
Le notizie fondamentali per la ricostruzione della biografia della C. sono tramandate dalla Leggenda che è stata pubblicata in edizione critica dal Catalano. Da essa apprendiamo che la C. nacque nel villaggio dell'Annunziata, presso Messina, "lo jovedì sancto, lo giorno de la Anunciata ad ora de mezzogiorno". Sulla base della bibliografia più attendibile può essere accettata la data del 25 marzo 1434.
Figlia del ricco mercante messinese Bernardo e di Macalda Romano Colonna, la C. fu incoraggiata dalla madre a condurre una vita tutta dedita a sincere ed intense pratiche religiose verso le quali la fanciulla si sentiva irresistibilmente attratta. Il padre e i fratelli, però, avevano altri progetti, tanto che il 13 dic. 1444 fu stipulato il fidanzamento tra la C. e Nicolò Perrone, anch'egli mercante. Il fidanzato, tuttavia, si spense nel 1446 alla vigilia delle nozze, quando era già pronta la casa che doveva accogliere gli sposi. Dopo la quaresima del 1448 Bernardo promise la figlia a un altro giovane, il quale morì ancor prima di vederla. A questo punto la C. riuscì a vincere le resistenze della famiglia, tanto che il padre promise di far costruire un convento al suo ritorno da un viaggio in Sardegna, che intraprese alla fine dell'anno; ma Bernardo morì appena arrivato a destinazione ed ella dovette ancora superare la riluttanza dei fratelli, finché negli ultimi mesi del 1449 entrò nel monastero delle clarisse di Basicò col nome di Eustochia. Vi condusse una esistenza tutta consacrata alle preghiere e alla penitenza, ma non trovò un ambiente adatto al suo spirito e alla sua mentalità. Nel convento, infatti, la disciplina era molto tenue, tanto che la C. in data 20 ott. 1457 inoltrò una supplica al papa con la quale chiedeva il permesso di fondare un nuovo monastero. Ottenuto il consenso da due bolle di Callisto III (la prima dello stesso 1457 e raltra del 15 apr. 1458), nel 1460 si trasferì nell'ex ospedale dell'Accomandata, che era stato precedentemente acquistato, grazie agli aiuti finanziari di Macalda, insieme con suor Iacopa Pollicino e suor Lisa Rizzo, che avevano abbandonato S. Maria di Basicò, la sorella Mita e la nipote Paola. La C., però, dovette affrontare l'ostilità della badessa di Basicò Flos Milloso e dell'intero clero, tanto, che fu necessaria una bolla di Pio II (1461) per costringere i frati minori osservanti a prendersi la cura spirituale delle suore del convento. Intanto la C. era riuscita a trovare un manoscritto della regola di s. Chiara alla quale si uniformò per la direzione della comunità. Aumentato notevolmente il numero delle suore, l'Accomandata si rivelò ben presto insufficiente e verso la metà del 1464 la C. con dodici monache si trasferì nel nuovo monastero di Montevergine, che era stato ricavato dall'adattamento di una casa donata da Bartolomeo Ansalone e di altre abitazioni acquistate dai Papaleone. Erano così finite le peregrinazioni della C. e delle sue clarisse che ancor oggi, in buon numero, vivono nel convento più volte distrutto e ricostruito. Alternandosi nell'abbadessato con suor Iacopa Pollicino, la C., per fortificare le monache nella loro fede e nella loro completa dedizione all'amore divino, compose un libro sulla Passione che è andato perduto. Serbava notizia delle grazie ricevute in una sua agenda; leggeva ripetutamente, tanto da ricordarle a memoria, le Laudi di Iacopone che cantava insieme ad inni religiosi dedicati alla Madonna e a Cristo; aveva tra i suoi libri il Monte de la orazione, un trattato ascetico che ci è giunto sia in toscano che in siciliano; non tralasciava gli studi di teologia cui era stata avviata fin da ragazza.
Ammalatasi una prima volta nel 1468, nel 1469 la C. fu afflitta da un'altra e più grave infermità che l'angustiò fino al 1481 con violenti mal di capo, ma che non le impedì di continuare la sua opera di proselitismo: nel 1472, infatti, ottenne da Sisto IV il permesso di fondare un monastero a Reggio Calabria, che poi non sorse per motivi che ci sono ignoti. Colpita nel 1482 dalla peste a cui scampò, la C. continuò a soffrire atroci sofferenze fino alla morte che giunse, come ha stabilito il Terrizzi, il 20 genn. 1485.
Già durante la vita, ma più ancora dopo la morte, furono attribuiti alla C. molti miracoli. Venerata dal popolo ed onorata dalle autorità cittadine che dal 1777 due volte all'anno, il 20 gennaio ed il 22 agosto, si recavano a Montevergine, la C. nel 1782 fu beatificata sotto il pontificato di Pio VI. Da parecchi anni è in corso il processo di canonizzazione.
La Leggenda tramandata da due manoscritti, uno di Perugia (Bibl. comun., ms. 1108) e l'altro di Ferrara (Bibl. civ. Ariostea, ms. II 199), fu pubblicata per la prima volta nel 1903 da G. Macrì sulla scorta di una copia (conservata nel monastero di Montevergine a Messina e andata perduta in seguito al terremoto del 1908) molto corrotta del codice perugino: La leggenda della beata Eustochia da Messina (Smeralda Calefati-Colonna) scritta da suor Iacopa Pollicino, sua prima compagna, in Arch. stor. messinese, III e IV (1903), pp. 52-117, 1-106, e, a parte, Messina 1903. Soltanto nel 1942, dopo che il Perroni Grande aveva promesso di curare un testo più fedele secondo la lezione del manoscritto perugino, il Catalano offrì una edizione accettabile basata su entrambi i codici: La leggenda della beata Eustochia da Messina. Testo volgare del sec. XV restituito all'originaria lezione, Messina 1942.
La "vita", scritta per le monache del monastero di S. Lucia in Foligno, fu composta in più riprese, tra il 1486 ed il 1491, e non ad opera di un solo autore. La prima sezione, costituita da 168 paragrafi, narra in maniera particolareggiata la vita della beata, la seconda (paragrafi 169-180) contiene una aggiunta biografica in forma epistolare, la terza (paragrafi 181-187), che è conservata soltanto nel codice di Perugia, è una lettera con la quale si consente alle monache di Foligno di apportare tutte le modifiche necessarie per rendere intellegibile il testo in Umbria. La parte principale e più omogenea, come si ricava dalle concordi testimonianze della tradizione erudita, fu scritta dalle suore di Montevergine Cecilia Ansalone e Girolama Vaccari, mentre le due lettere furono aggiunte in un secondo momento da Iacopa Pollicino. Il testo, comunque, non presenta soltanto un notevole valore storico ed agiografico, ma soprattutto si configura come uno dei documenti più rilevanti della diffusione dell'italiano in Sicilia, in quanto, come giustamente sottolinea il Catalano, "è la prima opera originale di una certa estensione composta da siciliani in toscano. Essa segna il momento nel quale l'isola non si serve più come idioma letterario di quello indigeno, ma della lingua diventata classica per le opere degli scrittori toscani del Trecento".
Fonti e Bibl.: C. Lanza, Vita della beata Eustochia, Messina 1505; F. Maurolico, Vita beatae Eustochii abbatissae cenobii Montis Virginum [1543], a cura di L. Bensaja, Messina 1936; G. Perrimezzi, Dela vita della venerabile serva di Dio sor' Eustochia Calefato e Romano, Napoli 1729; A. Corrao, Breve compendio della vita della beata Eustochia Calafato Romano-Colonna, Messina 1812; L. Perroni Grande, A proposito della beata Eustochia (un documento inedito), in Archivio storico messinese, VII(1906), pp. 128-131; V. Casagrandi, I codici cartacei messinese e perugino sulla leggenda della francescana suor Eustochia da Messina, in Archivio storico per la Sicilia Orientale, IV(1907), pp. 262-275; Id., La strage dei Calafato catanesi sotto Martino I secondo la leggenda eustochiana (1392-1394), ibid., IV(1907), pp. 417-426; Id., La genealogia dei Calafato di Sicilia (Messina-Catania) spiegata con un documento svevo (seguito alla leggenda di suor Eustochia), ibid., V (1908), pp. 71-80; G. Cara, Ismaralda Catafato (la beata Eustochia): quando nacque, in Archivio storico messinese, XXII(1921-22), pp. 129-135; L. Perroni Grande, Le clarisse di Montevergine nel 1483. Un documento inedito del Quattrocento, ibid., XXII(1921-22), pp. 271-274; Id., Per la biografia della beata Eustochia. Notizie tratte da doc. ined. del sec. XV, Messina 1922; D. Puzzolo Sigillo, Antonello da Messina, la beata Eustochia e l'"Annunziata" del Museo nazionale di Palermo riaccostati da un doc. inedito del 1461, in Montevergine, III(1935), pp. 97-104 e in Atti della R. Accademia Peloritana, XXXVII (1935), pp. 275-289; G. Intersimone, La beata Eustochia Calafato clarissa messinese, Roma 1956; E. Cenni, Vita della beata Eustochia clarissa messinese, Messina 1961; F. M. Terrizzi, Doc. relativi alla"Vita" della beata Eustochia Calafato, in Archivum franciscanum historicum, LVIII(1965), pp. 280-329; E. Cenni, La beata Eustochia Calafato, Messina 1966; F. M. Terrizzi, La beata Eustochia Calafato nella leggenda ed in altri documenti del tempo (nota cronologico-biografica), Messina 1966 (con ulter. bibl.).