CALAMAIO (dal lat. calamarius, da calamus "canna"; fr. encrier; sp. tintero; ted. Tintenfass; ingl. inkstand)
Il vocabolo calamarius designò la teca dei calami per scrivere; passò poi a significare anche il recipiente per l'inchiostro, che i Romani chiamavano atramentarium, e finì anzi col conservare solo quest'ultimo significato. Presso gli Egizî il calamaio era costituito da una tavoletta di legno nella quale erano praticate due vaschette, una delle quali conteneva il nero, l'altra il rosso: in una ciotola a parte era l'acqua che serviva a stemperare i colori. I calamai romani, dei quali Pompei ci ha dato numerosi esemplari, erano vasetti, comunemente di terracotta smaltata, ma talvolta anche di materiale più nobile, e persino ornati in qualche caso di ageminature, di forma cilindrica, globulare, a campana, con piede o senza. Molto spesso i recipienti per il liquido erano accoppiati, essendo l'uno destinato all'inchiostro rosso, l'altro al nero. Da una pittura delle catacombe rileviamo l'esempio di un calamaio unito alla teca per i calami: forse l'uno e l'altra erano portati appesi alla cintura (Petron., Satyr., 102).
I calamai nel Medioevo erano semplici o doppî, rotondi o esagoni, con coperchio o senza, e si fecero delle più svariate materie (corno, marmo, terracotta, piombo, bronzo, oro incrostato di gemme), si tenevano appesi allo scannello che serviva da scrittoio, o erano compresi nell'astuccio di cuoio col necessario per scrivere che scrivani, segretarî, impiegati, notai portavano sospeso alla cintura. Singolare il calamaio bizantino d'argento con figurazioni classicheggianti, del calligrafo Leone (vedi bizantina, civiltà). Calamai artisticamente ornati sono numerosi dal Rinascimento in poi, soprattutto di bronzi e di ceramica. Nei calamai di bronzo, soprattutto di produzione artistica padovana e veneziana, accanto alle forme più consuete ed architettoniche (circolari su tre piedi, triangolari, con mascheroni, a sostegni figurativi) se ne adottarono volontieri di fantastiche, in cui figure di mostri o di animali, sorreggono, in atteggiamenti svariati, il recipiente dell'inchiostro, e talora anche una lampada o un candeliere: e si possono considerare più come vere e proprie opere di piccola scultura che come prodotti di arte industriale. Al Riccio in special modo si attribuiscono molti esemplari di questo tipo, con figure di satiri o di ninfe che riposano su una coppa o su una conchiglia destinate a contenere l'inchiostro (Firenze, Museo nazionale), con Atlante accoccolato che sorregge il globo su cui sta Cristo fanciullo benedicente (già a Londra, collezione Taylor), di cui si conoscono repliche variate. Non meno frequenti sono i calamai a forma di animali in cui l'uso dell'oggetto è spesso nascosto sotto la bizzarra apparenza (una rana accoccolata a bocca aperta, un mostro a fauci spalancate, un orso sedente, ecc.), né mancano vere e proprie figurazioni allegoriche, come quella della Storia nel grande calamaio forse sansoviniano del museo di Berlino. Questa foggia di calamai perdurò nella produzione di bronzi artistici italiani, specie nel settentrione, per tutto il sec. XVI: e si diffuse, per quanto assai moderatamente, anche in Germania (se ne conoscono, ad es., di Peter Vischer il giovane e di Gaspar Vischer). Una forma particolare e più aderente all'uso pratico dell'oggetto è quella del cofanetto con o senza cassette, ornato da figure o stemmi in bassorilievo e sormontato da statuette: forma frequente soprattutto in Italia e che offrì agli artisti occasione a inquadrare elegantemente le loro composizioni. I più noti ed eleganti sono quelli con medaglioni recanti busti, circondati da vaghissime decorazioni, in cui si volle scorgere un riflessso dell'arte del Caradosso. Più comuni ancora però furono quelli in ceramica dipinta, soprattutto nel tardo periodo della produzione urbinate, con decorazioni grottesche, e di forme originali, con piedi, angoli e coronamenti plastici, secondo la tendenza allora prevalente. Calamai artistici appaiono anche nella produzione di Bernard Palissy, il tipico ceramista del Rinascimento francese; e in quello della ceramica di Rouen nel periodo barocco e nel rococò; azzurri o policromi questi ultimi, con motivi ispirati al repertorio decorativo contemporaneo e alla moda orientale che allora si andava affermando. Appartengono al barocco francese i calamai artistici di stagno mentre sono caratteristici dei paesi tedeschi nello stesso periodo quelli d'ambra; ma se ne conoscono pure di assai lussuosi di bronzo dorato, di arte francese, anche con intarsî di ottone su tartaruga, nella maniera del Boulle (v. per esempio quello del collegio dei chirurghi parigini del 1710, nella collezione Wallace a Londra), o di porcellana di Sèvres (come quello offerto da Luigi XV alla delfina Maria Antonietta, disegnato da J. C. Duplessis e dipinto da Falot, della stessa collezione). La moda orientale fece conoscere anche in Europa i calamai giapponesi di lacca che furono, specialmente nel periodo in cui fu in voga lo stile Louis XV, montati in bronzo dorato.
Il calamaio in Oriente. - L'uso di un calamaio infilato nella cintura è ricordato nella Bibbia (Ezech., IX, 3). Nei paesi musulmani è caratteristico, e si porta nello stesso modo, il calamaio (dawāh) di metallo, generalmente di ottone o bronzo, formato di un ricettacolo per i calami ed il temperino e di un piccolo recipiente contenente ovatta o cascami di seta imbevuti d'inchiostro. Solo dopo l'invenzione della carta (105 d. C.) i Cinesi hanno conosciuto il calamaio (yen) che è propriamente costituito da una pietra incavata, su cui si stempera l'inchiostro. Può essere una pietra a grana fina, ardesia, ecc., scolpita in modo vario. Sono ricercate, per la fabbricazione dei calamai, le parti tonde di antiche antefisse di terracotta con iscrizioni, della dinastia Han. Il calamaio è accompagnato da un piccolo vaso che contiene l'acqua per stemperare l'inchiostro e da un porta pennelli (pi t'ung) di porcellana, bambù, giada, decorato assai più dello stesso calamaio. Ancora ai giorni nostri è assai diffusa fra i cinesi l'abitudine di adoperare dei vasetti in metallo, nei quali sono contenuti dei cascami di seta, imbevuti d'inchiostro già stemperato.
Bibl.: C. Graux, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, I, pagina 528 segg., s. v. Altramentarium; C. Drury, E. Fortnum, A descriptive catalogue of the Bronzes of European origin in the South Kensington Museum, Londra 1876; G. Lehnert, Illustrierte Geschichte des Kunstgewerbes, Berlino 1921; E. Schottmüller, Bronze-Statuetten und Geräte, Berlino 1918; W. Bode, Die italienischen Bronzestatuetten der Renaissance, Berlino 1922.