calamità naturali
Violenza della natura e responsabilità dell'uomo
L'uomo ha convissuto da sempre con le grandi catastrofi: terribili eruzioni vulcaniche hanno segnato la sua storia e la segnano tuttora; grandi città sono state distrutte in tutte le epoche da colossali incendi o sono state cancellate da eventi sismici di potenza pari solo a quella della bomba atomica. Eppure, da alcuni anni sembra che queste forze, così come le piogge torrenziali, il vento, i fiumi in piena, si stiano accanendo contro l'uomo come mai era accaduto in passato. È una situazione reale o è solo una nostra suggestione? Che cosa sta succedendo? È vero che la Terra è 'malata', come sostengono in molti, a causa della dissennata politica ambientale dell'uomo?
Due teorie opposte. Bisogna innanzitutto distinguere tra calamità legate a eventi atmosferici e calamità legate, per così dire, alla Terra. Iniziamo dalle prime. Sul clima mondiale si discute ormai da qualche decennio e due sono le correnti di pensiero prevalenti tra gli scienziati: c'è chi sostiene che all'origine dei mutamenti climatici in corso, che sono ormai ampiamente documentati e indiscutibili, ci sia la mano dell'uomo, e c'è chi, al contrario, minimizza l'influenza umana sul clima e riduce i cambiamenti a normali fluttuazioni, che sono peraltro sempre esistite.
L'influenza delle attività umane sul clima. Analizziamo la prima teoria: la civiltà industriale e tecnologica in cui una parte del mondo vive, e che si basa sullo sfruttamento degli idrocarburi, avrebbe provocato nell'aria un aumento della presenza di anidride carbonica (CO2), come risultato diretto della combustione dei derivati del petrolio. Tale aumento non sarebbe più controllabile da parte dei normali sistemi naturali, ovvero attraverso il riciclo dell'anidride carbonica effettuato dalle piante, che ne utilizzano il carbonio come mattone per costruire zuccheri. Il risultato sarebbe un lento ma costante innalzamento della temperatura media della Terra, fenomeno noto come effetto serra. Questo starebbe alterando il clima terrestre, innescando una serie di reazioni a catena di cui non possiamo neanche immaginare le eventuali conseguenze per l'ambiente.
Il calore, aumentando, cederebbe eccessiva energia all'atmosfera, con il risultato di eventi atmosferici sempre più violenti e pericolosi. Il riscaldamento dei mari provocherebbe anche l'inversione di alcune delle più importanti correnti marine, con effetti devastanti sul clima delle diverse regioni, oltre a portare danni irreparabili agli ecosistemi marini e costieri. Nelle regioni temperate come la nostra, in particolare, il clima si starebbe 'tropicalizzando', con estati sempre più secche e calde e precipitazioni più violente e concentrate nel tempo. Non tanto una maggiore quantità di piogge, quindi, come spesso si sente dire, ma piuttosto una stessa quantità concentrata in un periodo dell'anno più breve. Il risultato di questo squilibrio climatico sarebbero le inondazioni dei fiumi, sempre più frequenti, le frane, i temporali di tipo tropicale che si verificano in regioni che non li hanno mai conosciuti, come l'Europa.
Variazioni climatiche naturali. La teoria opposta, invece, pur non negando che vi siano cambiamenti climatici in corso, li attribuisce non all'uomo ma alla natura stessa. Come prova viene portato il fatto che nella storia della Terra i periodi glaciali e i periodi caldi si sono susseguiti con regolarità, a intervalli di alcune decine di migliaia di anni, fin dai tempi più remoti. All'interno di ogni periodo, poi, se ne sono succeduti altri molto più brevi, in controtendenza, alternativamente caldi o freddi. L'Italia, per esempio, ha conosciuto in passato climi tropicali, con savane e foreste umide, ma anche ripetute glaciazioni, l'ultima delle quali è finita 'appena' 10.000 anni fa, e le cui tracce sono ancora visibili nella nostra fauna, nella flora, nella conformazione del territorio.
Se è vero che i ghiacciai delle Alpi si stanno ritirando drasticamente, è anche vero che in un recente passato essi sono stati di estensione ancora minore; se la temperatura media sale, non va dimenticato che alcuni secoli fa in Svezia si coltivava la vite ed era presente la malaria, una malattia oggi confinata alle regioni tropicali o subtropicali. Secondo questa teoria, quindi, se il clima cambia, niente drammi: staremmo attraversando una fase come ce ne sono state altre. La Terra reagirà come sa fare e si assesterà su nuovi equilibri: l'inquinamento e il petrolio non sarebbero la causa di tutto ciò, se non marginalmente, e vanno trattati come problemi a sé stanti.
Diverso è il discorso che riguarda i terremoti e le eruzioni vulcaniche, cioè i fenomeni che sono legati alla Terra. Su questi l'uomo non ha certamente colpe, né possibilità di controllo: egli non può causare né fermare i movimenti della crosta terrestre, se non su scala locale molto piccola. Il nostro è un pianeta ancora caldo e fluido, i continenti si muovono, l'enorme calore che cova sotto di noi, come fa il fuoco sotto una pentola, genera pressioni che devono di continuo 'sfogare' in superficie.
La sottile crosta fredda su cui viviamo è spaccata in numerose zolle galleggianti, che si muovono, si scontrano, scivolano l'una sotto l'altra, si deformano. Vulcani e terremoti sono il semplice effetto di tali spostamenti. Si sta cercando di prevedere con un'esattezza sempre maggiore gli eventi sismici e quelli vulcanici, in modo da ridurne al massimo gli effetti sulle popolazioni e sulle infrastrutture. Notevoli passi avanti sono stati fatti per quanto riguarda il monitoraggio dell'attività vulcanica, mentre è tuttora impossibile prevedere i terremoti. In definitiva, si può discutere a lungo sulla naturalità di certi eventi e, se per alcuni le cause sono ampiamente note, descritte e verificate, per molti altri non è così, forse perché la scienza è troppo giovane per comprendere a fondo fenomeni di portata così grande, regolati da cicli di centinaia o migliaia di anni.
Terremoti, esondazioni e frane. Qualunque sia la verità, quanto cioè l'uomo e la sua civiltà siano coinvolti nello sconvolgimento climatico e nei suoi effetti disastrosi a tutti i livelli, c'è comunque una riflessione importante da fare: le calamità naturali, indipendentemente dal loro effettivo grado di naturalità, spesso non possono essere evitate, ma quasi sempre è l'uomo stesso a moltiplicarne l'effetto distruttore.
Il terremoto, in sé, non uccide e non distrugge; a uccidere sono in realtà le case che crollano sulle persone. Una edilizia antisismica limiterebbe enormemente i danni. In Giappone o in California terremoti potentissimi uccidono cento volte meno che in altri paesi asiatici o in Europa.
L'esondazione di un fiume è un fenomeno naturale importante e addirittura benefico: gli antichi Egizi basarono la loro grandiosa civiltà proprio sulle piene del Nilo. Ma se nello spazio che la natura ha riservato alle piene vengono costruite intere città, il discorso cambia.
Le frane sono fenomeni assolutamente naturali, dovuti al distacco degli strati superficiali del suolo rispetto a quelli sottostanti. Tuttavia esse non sarebbero così frequenti e disastrose se non venissero tagliati o incendiati i boschi sulle montagne e se i paesi non venissero costruiti ignorando la natura del terreno e delle rocce.
Vulcani e incendi. Un vulcano attivo non porterebbe morte e distruzione se l'uomo non avesse costruito decine di migliaia di abitazioni tutto intorno al suo cono: il caso di Napoli e del Vesuvio, vulcano di tipo esplosivo, è talmente evidente da sembrare incredibile. L'eruzione del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano, e quella più recente e meno distruttiva del 1944 non hanno insegnato nulla: anzi, le città circumvesuviane si sono moltiplicate ed estese senza soluzione di continuità, in un unico enorme abbraccio al vulcano.
E che dire degli incendi? Se il fuoco è un fenomeno del tutto naturale, la grande maggioranza degli incendi che devastano i boschi di tutto il mondo è opera, volontaria o meno, dell'uomo. La combustione naturale è invece un fenomeno raro e, dove si verifica, ha effetti benefici sull'ecosistema.
Il nostro è un pianeta 'vivo', in perenne movimento e trasformazione, in cui la distruzione è un fatto frequente e necessario. Gli eventi naturali, anche i più catastrofici, fanno e faranno parte della vita dell'uomo come di tutte le creature viventi che dividono il Pianeta con noi. Un evento naturale diventa calamità quando viene ignorato, non previsto o peggio sottovalutato: i fondali marini, i deserti, le foreste sono continuamente sconvolti da eruzioni vulcaniche, incendi, terremoti, piene di fumi, frane rovinose, persino cadute di meteoriti. Isole intere nascono e sprofondano negli oceani, vulcani s'innalzano e poi crollano su sé stessi. La natura ripara le ferite e ne trae nuova energia. L'uomo, invece, sembra incapace di comprendere la vera essenza delle calamità: esse sono solo fenomeni naturali, che vanno trattati come tali, e in modo da attenuarne la forza distruttrice, ma mai ignorati. E certamente serve, ma non basta, comprenderne l'origine, naturale o umana che sia.