CALANCO
. I calanchi sono profondi solchi in versanti prevalentemente costituiti da argille impermeabili scagliose e galestrine, solchi contigui, susseguentisi gli uni agli altri in grandi bacini o in emicicli, non di rado associati anche a forma di ventaglio, brulli di vegetazione e pressoché impraticabili. Essi talvolta incidono entrambi i fianchi di una stessa pendice, la quale, conseguentemente, per effetto del diuturno lavinamento, va di continuo assottigliandosi ed abbassandosi. Forme analoghe si riscontrano però anche in terreni morenici e, in generale, in terreni facilmente disgregabili, ma compatti.
La medesima origine si può attribuire al nome calanche, che in Basilicata si usa invece per indicare il fenomeno delle frane. Alcuni fanno derivare queste voci da. lat. chalare nel senso di "distaccare, abbassare, sciogliere", ma si tratta più probabilmente di voce preindoeuropea (cfr. V. Bertoldi, in Silloge... Ascoli, Torino 1930, pp. 513, 539 e bibl. ivi).
La regione più caratteristica dei calanchi è il Subappennino emiliano, traversata dal corso medio dei fiumi adriatici, dal Reno sin oltre alla Marecchia. Ivi sono particolarmente noti i calanchi di Paderno e di Ozzano in quel di Bologna.
Non mancano però altri allineamenti di calanchi; così: a NO. della Valle del Reno, fra il Samoggia e il Panaro, e anche, più lontano, nella regione pliocenica collinosa fra il Taro e la Baganza, nei dintorni di Fornovo e di Sala, come a S., nel Subappennino marchigiano e abruzzese, quali le coste e le scrime (o scrimoni) rispettivamente nella valle del Tronto e nella zona pliocenica tra il Vomano e il Salino Fenomeni affini ai calanchi si hanno qua e là in quel di Siena e di Volterra, nella creta e argille plioceniche - le biancane - ed altrove ancora, come nella valle della Paglia, a NO. di Orvieto, in varî punti della Basilicata, e, su piccolissima estensione, in Sicilia.
I calanchi sono prodotti dall'azione degradatrice degli agenti atmosferici e delle acque, agevolata dalla costituzione geo-litologica del terreno; estremamente pastoso e mutevole, cioè di facile erosione, ma che nello stesso tempo può mantenersi anche a pendenza molto rigida. Tali sono le argille terziarie dell'Appennino e, in modo speciale, dell'Appennino emiliano; tali sono le profonde morene del Glaciale, costituite in gran parte del detrito minutissimo che, imbevuto d'acqua, cementa le sabbie.
Le acque piovane e di dilavamento determinano sulla superficie dei versanti frequenti minutissimi frastagli, profonde incisioni, separate l'una dall'altra da sottili tramezzi, alti e corrosi, sostenuti da innumerevoli speroni acuminati, coronate da guglie e cuspidi multiformi, che dalle creste declinano a pendii ripidi sulle vallecole sottostanti; di un colore ferrigno e cupo, di triste e monotona intonazione. Se nel terreno disgregabile sono contenuti, come nel morenico, blocchi rocciosi, le cuspidi si accentuano e si conservano come piramidi di terra.
I calanchi si formerebbero con grande preferenza sui versanti esposti al sud, che disseccano più rapidamente dopo le piogge; una statistica dei calanchi italiani rivelerebbe due massimi secondarî anche ad ovest e a nord. I calanchi, malgrado i parecchi punti di contatto col fenomeno delle frane, non si devono confondere con queste, le quali sono scivolamenti di masse ben più vaste e profonde di terreni di varia costituzione geologica e litologica, con effetti più disastrosi, ma generalmente localizzati. Alcuni vogliono trovare analogie coi bad lands del Dakota meridionale e del Nebraska, fenomeno assai più grandioso di regioni aride e semiaride, mentre i calanchi italiani si riscontrano tanto nelle regioni semiaride del mezzogiorno, quanto nelle piovose dell'Appennino Settentrionale.
Anche nella regione dei calanchi si verificano di frequente gli effetti rovinosi dell'assidua azione lavinatrice. Ciò spiega i tentativi d'imboschimemo che però raramente ebbero risultati veramente soddisfacenti, o di costruzioni di muri di sostegno e di intelaiature, non solo per arrestare la discesa delle masse argillose lungo il pendio, ma altresì a scopo di risanamento di un suolo sconvolto e squallido.
Bibl.: L. Bombicci, L'Appennino bolognese, Bologna 1881; F. Amici, I calanchi, in Riv. geogr. ital., Firenze 1898; G. Bruzzo, Nuove osservazioni sui calanchi del bolognese, in Atti del IV Congr. geogr. ital., Milano 1902; G. Braun, Über Erosionsfiguren, aus dem nördl. Appennin, in Schriften der phys.-ök. Gesellsch. in Königsberg, 1907; R. Almagià, Studi geografici sopra le frane in Italia, I-II, Roma 1907-10; G. Stefanini, Nicchie d'erosione nei terreni pliocenici della Val d'Era, in Riv. geog. ital., Firenze 1909; id., sulle "biancane" del Volterrano e del Senese, in Riv. geog. ital., Firenze 1914: P. Del Zanna, Le crete di Certaldo, in Boll. della Soc. geog. ital., Roma 1915; G. Rovereto, Forme della terra. Trattato di geol. morfolog., II, Milano 1924: R. Simonelli, Consolidamento dei terreni franosi, Roma 1914; F. Balatroni, Sulla spinta dei terreni argillosi contro le opere di sostegno, in Annali dei lavori pubblici, Roma 1928; M. Bocciante, Sulla distribuzione geografica dei calanchi in Italia, in L'Universo, III (1922); G. Götzinger, Racheln am Flyschgebiete bei Lupoglava, in Geologische Charakterbilder, fasc. 5°; N. H. Darton, Badlands of South Dakota and Nebraska, ibid., fasc. 25°; O. Marinelli, Confronto fra i "bad lands" italiani e quelli americani, in Memorial volume of the transcontin. escursion of 1912 of the American Geographical Society of New York, 1915.