CALATORE (lat. calātor, da calo "chiamo")
Presso i Romani fu dapprima lo schiavo pronto a chiamare chi il padrone desiderasse; più tardi quell'inserviente che assisteva nelle sacre funzioni ciascun membro dei più importanti collegi sacerdotali. Era scelto dallo stesso sacerdote, quasi senza eccezione, fra i suoi liberti, ma dipendeva dall'intero collegio, al quale, entrando, pagava una data somma. Si conoscono calatori dei pontefici e dei flamini, degli auguri, dei quindecemviri, degli epuloni, degli arvali e dei sacerdoti destinati al culto degl'imperatori deificati. I calatores pontificum et flaminum, che compaiono riuniti in corporazione con sede presso la Regia (sede ufficiale del pontefice massimo, nel Foro romano, presso la casa delle vestali), concedono perrmessi di sacrifizî e d'offerte votive e sembra abbiano dato origine ai pontefici minori. Il calatore si trova per la prima volta ricordato nell'iscrizione arcaica trovata sotto il lapis niger.
Bibl.: Taramelli, in De Ruggiero, Diz. epigr., II, i, p. 19 segg.; Marquardt, Röm. Staatsverw., III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 226 seg.; Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, pp. 497 e 519.