CALCESTRUZZO (VIII, p. 331)
Lo sviluppo sempre crescente dell'impiego del calcestruzzo nelle costruzioni e la tendenza ad aumentarne i carichi di sicurezza, hanno dato grande incremento allo studio della sua tecnologia.
Resistenza e struttura nei calcestruzzi. - La resistenza dei calcestruzzi di buona qualità, che non presentino difetti grossolani derivanti da cattiva esecuzione dell'impasto del getto, e del costipamento, e confezionati con materiali inerti di buona qualità e granulometria, dipende essenzialmente dalle caratteristiche del cemento e dal rapporto fra le quantità di cemento e di acqua presenti all'inizio della presa (rapporto acqua-cemento).
Questo fatto, messo in evidenza per primo dal Feret alla fine del secolo scorso e confermato da tutti i ricercatori che dopo di lui si occuparono della questione, è una conseguenza della struttura dei calcestruzzi: poiché gli inerti, se di buona qualità, hanno una resistenza superiore a quella della pasta di cemento, la resistenza di un calcestruzzo compatto dipende in gran parte da quella della pasta. Attualmente si concepisce la pasta di cemento idratata che collega gli inerti (sabbia e pietrisco o ghiaia) come risultante da uno scheletro resistente, avviluppato da una diffusa e sottilissima rete di vuoti interstiziali, nei quali, a seconda delle dimensioni e dello stato igrometrico ambiente, si trova acqua, in stato di tensione superficiale, o aria. La formazione di questa struttura è dovuta al fatto che il volume assoluto occupato dai componenti del cemento idratato è minore del volume iniziale occupato dal cemento anidro e dall'acqua necessaria per l'idratazione, e che inoltre l'acqua d'impasto del calcestruzzo è sempre in eccesso rispetto a quella necessaria per l'idratazione del cemento. Ne risulta che la resistenza della pasta è tanto maggiore quanto più robusto è lo scheletro resistente e quanto minore è la percentuale di vuoti, e cioè quanto migliore è l'efficienza del cemento e quanto minore è il rapporto acqua-cemento.
Le numerose formule di resistenza enunciate dai varî ricercatori sulla base dei risultati sperimentali, pur differendo nelle loro espressioni analitiche, presentano, nei campi di applicazioni interessanti la pratica, una notevole concordanza.
Fra dette formule si ricordano:
1) la formula di Feret, che rimane fra tutte le formule di resistenza proposte la più generale:
dove K è un coefficiente che caratterizza l'efficienza del cemento e dipende dalla sua natura nonché dall'età e dalla modalità di stagionatura del calcestruzzo, mentre c, v, a, ed i sono i volumi occupati rispettivamente dal cemento, dai vuoti, dall'acqua e dagli inerti nell'unità di volume del calcestruzzo all'inizio della presa;
2) la formula di Bolomey, meno generale della precedente, ma di impiego più semplice:
dove C/A è il rapporto delle quantità in peso di cemento ed acqua presenti nel calcestruzzo all'inizio della presa, mentre K è un coefficiente dello stesso tipo di quello della formula di Feret, che secondo Bolomey assume per la resistenza a compressione determinata con provini cubici i seguenti valori:
Per condizioni di stagionatura costanti, K varia in funzione dell'età t del calcestruzzo secondo la legge (Bolomey):
Conoscendo quindi la resistenza di un calcestruzzo a due diverse età, si può prevedere quella che esso avrà ad una qualsiasi altra età, se le condizioni di stagionatura non varieranno sensibilmente.
Lavorabilità dei calcestruzzi. - Affinché le resistenze date dalle formule sopra riportate siano in pratica raggiunte, è necessario che il calcestruzzo sia atto a produrre, dopo il getto ed il costipamento, una massa compatta, che non presenti discontinuità, segregazioni o porosità. La somma delle caratteristiche che assicurano questa attitudine viene definita la lavorabilità di un calcestruzzo. In pratica si distingue una lavorabilità di trasporto, determinata soprattutto dalla resistenza alla segregazione (separazione degli elementi più grossi degli inerti dalla massa) ed una lavorabilità di messa in opera dipendente principalmente dalla entità del lavoro necessario per conferire al getto la massima compattezza.
La lavorabilità di un calcestruzzo, come d'altra parte numerose proprietà tecnologiche di altri materiali, non è una caratteristica assolutamente intrinseca, ma dipende anche dalle caratteristiche geometriche del getto e dai sistemi di messa in opera impiegati: un calcestruzzo, difficilmente lavorabile in certe condizioni, può risultare lavorabile in altre, e viceversa.
In relazione alla generalità della definizione ed alla molteplicità delle esigenze da soddisfare, non esiste ancora oggi una od un insieme di prove tecnologiche atte a dare un indice assoluto della lavorabilità.
Fino a pochi anni or sono si era considerata la fluidità (caratteristica inversa della consistenza, determinata con le prove del cono di Abrams e della tavola a scosse) quale misura della lavorabilità; recenti studî ed esperienze di cantiere hanno però messo in evidenza la scarsa sensibilità delle prove di consistenza per i calcestruzzi a basso tenore di acqua d'impasto ed il fatto che calcestruzzi di diversa granulometria pur presentando uguale fluidità possono risultare diversamente lavorabili. In seguito a queste constatazioni sono stati proposti numerosi nuovi metodi di determinazione della lavorabilità; questi però non sono di facile esecuzione e di validità generale, ed ancora oggi le prove da consistenza rimangono le uniche alle quali il tecnico di cantiere può far ricorso, interpretandone i risultati con criterio ed in base alla sua esperienza.
Composizione dei calcestruzzi. - Affinché il calcestruzzo sia lavorabile, in relazione alle modalità di trasporto, getto e costipamento, ed alle caratteristiche geometriche dell'elemento da costruire, è necessario che i suoi componenti (inerti, acqua e cemento) soddisfino a particolari esigenze riguardanti la loro natura e qualità, e che siano impastati in rapporti convenienti. Inoltre nella determinazione di detti rapporti interviene come esigenza fondamentale quella economica che, nel caso specifico, in generale si manifesta nella tendenza alla massima economia di cemento, compatibilmente con le richieste caratteristiche del calcestruzzo e con la natura degli inerti a disposizione.
I fattori che influenzano la composizione dei calcestruzzi sono: 1) la qualità del cemento; 2) le caratteristiche degli inerti: natura, forma e granulometria; 3) la quantità d'acqua d'impasto; 4) le modalità di costipamento del getto; 5) l'eventuale aggiunta allo impasto di sostanze che migliorano la lavorabilità.
1) Cemento. - La qualità del cemento è definita dal coefficiente K che compare nelle formule di resistenza di Feret e di Bolomey: come risulta da dette formule, col migliorare dell'efficienza del cemento si può diminuire, mantenendo inalterata la resistenza del calcestruzzo, il suo dosaggio per mc. d'impasto.
2) Inerti. - Gli inerti a spigoli vivi, ottenuti per frantumazione, danno luogo ad impasti aventi maggior attrito interno di quelli realizzati con inerti a spigoli arrotondati. Essi richiedono una maggiore quantità di pasta di cemento per dare, a parità di altre condizioni, impasti altrettanto lavorabili.
La forma degli inerti è tanto meno favorevole quanto più si discosta dalla sferica; per questa infatti è minimo il rapporto volume-superficie e quindi risulta minima la quantità d'acqua necessaria per conferire allo impasto la richiesta fluidità. Inerti che presentano forti percentuali di elementi aghiformi, che impediscono un efficace costipamento e danno luogo a porosità, non devono essere impiegati nella confezione di calcestruzzi di qualità.
La granulometria degli inerti, e cioè l'insieme delle percentuali nelle quali gli elementi delle varie dimensioni sono presenti nella miscela, è di fondamentale importanza nei riguardi della lavorabilità e del risparmio di cemento: miscele di inerti di impropria granulometria danno luogo ad impasti di scarsa consistenza, tendenti alla segregazione durante il trasporto ed il getto, di difficile costipamento, e richiedono, se si vuole ottenere con esse un calcestruzzo non troppo scadente, un forte dosaggio di cemento, affinché la pasta legante possa riempire la grande quantità di vuoti che esse presentano anche dopo un energico costipamento.
In generale l'optimum della granulometria viene raggiunto quando la miscela degli inerti presenta, dopo il costipamento, la minima percentuale di vuoti. In tal caso il getto acquista la massima densità ed è minimo il dosaggio di cemento necessario per ottenere la voluta resistenza.
Un eccesso di elementi fini, che però richiede un maggior dosaggio di cemento, aumenta la lavorabilità dell'impasto; mentre un eccesso di elementi grossi dà luogo ad impasti di difficile lavorabilità, ma che, energicamente costipati, possono essere ridotti a grande compattezza.
In pratica la granulometria degli inerti di un conglomerato viene definita mediante la curva granulometrica, determinata setacciando la miscela con vagli di diametro decrescente e riportando in un diagramma cartesiano sull'asse delle ascisse i diametri dei fori dei setacci e sull'asse delle ordinate le percentuali della miscela passanti attraverso i setacci dei varî diametri. Le modalità della vagliatura e le caratteristiche dei setacci sono normalizzate.
Fra le numerose curve granulometriche proposte, quella più nota e più largamente usata è la curva del Fuller:
in cui D è il diametro massimo degli inerti e p è la percentuale di inerti di diametro minore di d.
La curva granulometrica del Laboratorio Federale di prova dei materiali di Zurigo:
dà luogo a miscele più ricche di elementi di grande diametro.
Il Bolomey, onde tener conto, nella determinazione della granulometria ottima, dell'influenza della quantità di cemento e della consistenza che si vuol conferire all'impasto, in relazione alle caratteristiche del getto ed alle modalità del costipamento, propone, per la miscela cemento-inerti, la legge granulometrica:
in cui A è un coefficiente, dipendente dalla consistenza dell'impasto e dalla natura degli inerti, che assume i seguenti valori:
Noti i rapporti in peso
(C ed I essendo i pesi del cemento e degli inerti per metro cubo di calcestruzzo) si ricava dalla formula precedente la curva granulometrica dei soli inerti:
Le leggi granulometriche sopra riportate non tengono conto della forma e delle dimensioni dei getti di calcestruzzo e della eventuale presenza, densità e ripartizione in essi delle armature metalliche. Recenti studî del A. Caquot e del J. Faury hanno messo in evidenza l'importanza di questi fattori sulla determinazione della granulometria ottima. Essi sono basati sulla considerazione che in vicinanza di una parete gli spazî compresi fra gli elementi di maggior diametro degli inerti sono maggiori che nel caso del getto in massa illimitata, non potendo, per l'impedimento offerto dalla parete, detti elementi disporsi convenientemente l'uno rispetto all'altro. Questo effetto, chiamato effetto parete, è tanto più sensibile quanto minore diviene il rapporto fra il volume del getto (V) e la superficie dei casseri e delle armature che lo delimitano (S), definito quale raggio medio del getto: r = V/S. Per ottenere, a parità di altre condizioni, calcestruzzi di eguale densità è quindi necessario aumentare, al diminuire del raggio medio, la percentuale di elementi fini e medî della miscela degli inerti, e limitare il massimo diametro D.
Partendo da queste considerazioni e sulla base dei risultati sperimentali il Faury ha definito una legge granulometrica, con la quale si tiene conto, oltre che della natura degli inerti, e dei mezzi di costipamento, anche dell'effetto parete.
È difficile ottenere con gli inerti a disposizione, delle curve granulometriche coincidenti esattamente con quelle teoriche. L'esperienza di cantiere e di laboratorio ha però dimostrato che, se la curva granulometrica effettiva segue nel suo andamento generale quella teorica, scarti di non troppo grande entità, verificantisi nel campo degli elementi di medio e grande diametro, non alterano sensibilmente la qualità del calcestruzzo. Per questa ragione le norme indicano generalmente due curve limite della granulometria, entro le quali deve correre quella reale, affinché la miscela sia atta a dar luogo ad un calcestruzzo di buona qualità.
Nel campo degli elementi fini è invece necessario che la curva granulometrica reale segua quanto più fedelmente è possibile quella teorica; allo scopo è consigliabile, specialmente nei grandi cantieri, l'impiego di due tipi diversi di sabbia, opportunamente dosati, uno a forte percentuale di elementi di minor diametro e l'altro a forte percentuale di elementi di maggior diametro.
Nel caso di calcestruzzi per i quali si richieda la massima impermeabilità conviene aumentare la percentuale di elementi fini, onde assicurarsi che, non ostante le inevitabili irregolarità della granulometria e la non omogeneità del getto, tutti i vuoti fra gli elementi di medio e grosso diametro siano riempiti dalla malta.
Un indice globale della granulometria di una miscela di inerti è il modulo di finezza di Abrams, definito come la somma, divisa per cento, delle percentuali dei residui che si ottengono setacciando la miscela con i vagli della serie di Tyler, ciascun setaccio della quale ha fori di diametro metà del precedente. Si dimostra facilmente che, se si rappresenta la curva granulometrica riportando sull'asse delle ascisse i diametri dei setacci in scala logaritmica (log d/dmin con dmin = 0,1 mm.), l'area compresa fra la curva granulometrica, l'asse delle ordinate e la parallela dell'asse delle ascisse di ordinata 100 è proporzionale al modulo di finezza, essendo il coefficiente di proporzionalità uguale a 100 log 2.
A seguito di numerosissime esperienze l'Abrams constatò che calcestruzzi per i quali la miscela degli inerti abbia lo stesso modulo di finezza, purché risultino lavorabili (e cioè in pratica purché la loro granulometria non si discosti troppo da quella ottima), hanno, a parità di altre condizioni, la stessa resistenza. Inoltre una miscela di inerti è atta a dar luogo, a parità di altre condizioni, a calcestruzzi tanto più resistenti quanto maggiore è il suo modulo di finezza, e ciò si spiega facilmente, perché all'aumentare del modulo di finezza aumenta il diametro medio della miscela, diminuisce quindi il rapporto fra il volume e la superficie totale degli inerti, il che permette di diminuire, senza variare la consistenza, il rapporto acqua-cemento.
Poiché, a parità di legge granulometrica, il modulo di finezza cresce con l'aumentare del massimo diametro della miscela, è conveniente che detto diametro sia quanto più grande è possibile; in pratica però si hanno dei limiti. Nel caso di calcestruzzi gettati in grandi masse (ad es. per dighe) il limite è posto dalle difficoltà di trasporto e di getto, a causa della tendenza a segregarsi che hanno gli elementi di diametro eccessivo; in tal caso il diametro massimo varia fra 100 e 150 mm. Per i calcestruzzi per cemento armato il limite è posto dall'ingombro delle armature e delle casseforme; le norme prescrivono in questo caso il diametro massimo di 30 mm., elevabile fino a 70 mm. nel caso di strutture a grande sezione con ferri opportunamente distanziati.
3) Acqua d'impasto. - L'acqua d'impasto, che deve essere pura, limpida e priva di sostanze chimicamente aggressive, costituisce con il cemento e con gli elementi più fini degli inerti la pasta lubrificante che permette al getto di agglomerarsi in una massa continua. Al variare della quantità d'acqua di impasto varia la consistenza dei calcestruzzi; in pratica si distinguono tre gradi di consistenza:
Per i normali calcestruzzi di cemento armato, dosati con 300 kg. di cemento, 0,4 mc. di sabbia e 0,8 mc. di ghiaia per mc. di getto in opera, la quantità d'acqua d'impasto risulta approssimativamente di 120, 150 e 180 litri per le tre consistenze sopra riportate.
Per un esatto dosaggio dell'acqua d'impasto conviene applicare la formula del Bolomey:
dove A ed I + C sono i pesi per mc. di getto in opera rispettivamente dell'acqua d'impasto e della miscela cemento-inerti, mi+c è il modulo di finezza della miscela cemento-inerti ed H è un coefficente dipendente dalla consistenza che si vuol conferire all'impasto:
Se in luogo del modulo di finezza della miscela cemento-inerti si considera quello della miscela dei soli inerti
la formula precedente si trasforma nella seguente:
L'esatto dosaggio dell'acqua d'impasto è di fondamentale importanza per la resistenza del calcestruzzo. L'eccesso d'acqua, aumentando il fattore acqua-cemento, diminuisce notevolmente la resistenza (v. formula [1]) e può dar luogo a segregazioni per la tendenza degli elementi di maggior diametro a portarsi verso il basso nella massa troppo fluida. D'altra parte il difetto d'acqua d'impasto rende difficile il costipamento del calcestruzzo, e può dar luogo a porosità. Nel dosaggio dell'acqua di impasto si deve tener conto del grado di umidità degli inerti e delle eventuali dispersioni per assorbimento da parte delle casseforme o per trapelamento attraverso i loro interstizî. Nelle stagioni calde è necessario proteggere il calcestruzzo fresco dall'evaporazione dell'acqua d'impasto, che provoca l'arresto delle reazioni di presa ed indurimento.
4) Sistemi di costipamento del getto. - Il getto si costipa normalmente a mano (pilonatura o pestellamento) o con la vibrazione.
Mentre il costipamento a mano richiede l'impiego di calcestruzzi a consistenza plastica, la vibrazione, correttamente eseguita ed applicata a calcestruzzi di buona granulometria, permette il costipamento di impasti molto consistenti a basso rapporto acqua-cemento, e in conseguenza di ottenere resistenze molto elevate. Essa diminuisce l'attrito fra i grani dell'impasto e fra questi e le superfici delle casseforme e delle armature, cosicché anche i calcestruzzi molto consistenti sotto la sua azione assumono le caratteristiche di una massa fluida, penetrano facilmente e si costipano anche nelle zone meno accessibili dei getti.
La vibrazione si esegue con vibratori esterni applicati ai casseri, con vibratori ad ago che si immergono nel calcestruzzo, con vibratori superficiali per solette, piastre, pavimentazioni stradali, ecc., e con tavole vibranti, per piccoli elementi prodotti in serie.
La potenza e la frequenza della vibrazione devono essere determinate in relazione alle dimensioni del getto ed alla composizione del calcestruzzo. Affinché la vibrazione sia efficace la frequenza non deve essere troppo bassa; attualmente si considera come frequenza normale di vibrazione quella di 6000 cicli/min. Recentemente, per aumentare l'efficacia della vibrazione, sono stati sviluppati sistemi di vibrazione a cicli non armonici, con forti accelerazioni istantanee.
La durata della vibrazione non deve essere prolungata oltre il necessario, per evitare segregazioni e formazione di zone porose. Nell'eseguire la vibrazione, deve essere posta la massima attenzione a che questa non disturbi il processo di presa ed indurimento di calcestruzzi gettati in precedenza. La vibrazione inoltre deve essere applicata solamente ad impasti molto consistenti; con impasti fluidi essa, invece di favorirne il costipamento, dà luogo a segregazioni.
Nella costruzione di elementi di calcestruzzo di sezione anulare, la centrifugazione permette di ottenere calcestruzzi di elevata resistenza e compattezza. Essa sottomette l'impasto ad un processo di costipamento molto energico, mentre una parte dell'acqua d'impasto si elimina allo interno. I calcestruzzi centrifugati risultano particolarmente impermeabili, grazie alla formazione di uno strato interno molto ricco di cemento e di elementi fini.
5) Impiego di sostanze che migliorano la lavorabilità del getto. - L'aggiunta all'impasto di piccole percentuali di sostanze (plastiment, farina fossile) che rendono l'impasto più plastico, permette di diminuire, senza alterare la lavorabilità, il rapporto acqua-cemento, e quindi di ottenere calcestruzzi più resistenti ed impermeabili.
Nella costruzione di pavimentazioni stradali in calcestruzzo sono state di recente impiegate sostanze dette aereanti, le quali dànno luogo durante l'impasto alla formazione di microscopiche bolle d'aria che fluidificano l'impasto e ne aumentano la lavorabilità.
I calcestruzzi aereati, pur presentando caratteristiche meccaniche inferiori a quelle normali dei calcestruzzi a causa dell'alta percentuale di vuoti in essi esistenti, se eseguiti correttamente offrono una notevole resistenza al gelo ed agli agenti chimici.
Per la soluzione dell'importante problema della determinazione della composizione di un calcestruzzo, sulla base delle caratteristiche dei materiali (inerti e cemento) a disposizione, dei mezzi di lavorazione che si intendono adottare e della resistenza che si vuole ottenere, o del problema inverso della previsione della resistenza di un calcestruzzo di data composizione e per date condizioni di lavorazione, sono stati proposti varî metodi (Bolomey, Faury ed altri autori). Questi metodi si basano sull'impiego:
a) di una formula di resistenza, del tipo della [1] o [2];
b) di una formula di dosaggio dell'acqua, del tipo della [3] o [4];
c) di una formula granulometrica;
d) della formula che rappresenta la composizione volumetrica del calcestruzzo.
Qualora le condizioni effettive corrispondano a quelle presupposte nel calcolo, lo scarto fra le resistenze previste e quelle effettive si mantiene entro limiti per la pratica accettabili.
Trattamenti speciali dei calcestruzzi. - In applicazioni particolari, quali ad esempio quelle del cemento precomplesso, si ha interesse a che il calcestruzzo presenti resistenze elevatissime, e che la presa e l'indurimento di esso possano avvenire nel minor tempo che sia possibile.
Ciò è stato realizzato da E. Freyssinet sottoponendo il getto di calcestruzzo ad un'azione di costipamento estremamente energica ottenuta mediante la vibrazione, accompagnata dall'applicazione alla massa fluida di elevate pressioni, grazie alle quali si riduce la quantità d'acqua presente nel getto e si aumenta la densità della pasta di cemento. Affinché l'operazione abbia successo, il calcestruzzo deve avere appropriata granulometria e deve avere assunto in seguito alla vibrazione un assetto, tale che la pressione ad esso applicata si trasmetta in tutta la massa ed in tutte le direzioni attraverso la pasta di cemento, la quale di conseguenza deve avvolgere tutti i grani degli inerti. Le casseforme inoltre devono essere atte a resistere alla pressione esercitata sulle loro pareti e devono permettere l'evacuazione dell'acqua che si libera sotto l'azione della pressione. In queste condizioni l'indurimento del calcestruzzo risulta molto accelerato e la resistenza raggiunge valori estremamente elevati.
Altro trattamento applicato dal Freyssinet, che permette di accelerare le reazioni di presa e di indurimento del calcestruzzo, consiste nel riscaldare il getto con vapore saturo a circa 100 gradi. I due trattamenti ora descritti possono venire accoppiati.
Un procedimento che permette di raggiungere resistenze a compressione superiori ai 1000 kg./cmq. ed un elevato rapporto fra la resistenza a trazione e quella a compressione, consiste nel sostituire, in parte o completamente, gli inerti con elementi di klinker appositamente granulato (processo Walter). In tal modo anche l'indurimento del calcestruzzo viene accelerato.
Caratteristiche meccaniche dei calcestruzzi. - La caratteristica meccanica fondamentale dei calcestruzzi è la resistenza a compressione, in base alla quale vengono determinate le tensioni massime ammissibili. Poiché detta resistenza muta col variare della forma e della dimensione dei provini, questi sono normalizzati. La resistenza a compressione determinata su provini prismatici con rapporto di lati 1 a 3, è circa 0,8 volte quella dei provini cubici.
La resistenza a compressioni per carichi di lunga durata è circa 0,8 ÷ 0,9 volte quella risultante per carichi applicati in breve periodo di tempo (secondo le nomie con un aumento della sollecitazione di 10 kg./cmq. al secondo).
La resistenza a fatica per sollecitazioni di compressione pulsanti (cioè variabili fra lo zero ed il valore massimo), risulta uguale a ca. 0,6 volte quella statica.
La resistenza a trazione, misurata con la prova di flessione ed espressa convenzionalmente in base alla formula di Navier σ = M/W, varia normalmente a seconda delle caratteristiche del calcestruzzo da 1/8 a 1/12 della resistenza a compressione.
Per stati di tensione piani e spaziali risulta sufficientemente aderente al comportamento del calcestruzzo la teoria della rottura di Mohr (v. resistenza dei materiali, in questa App.).
Il modulo di elasticità dei calcestruzzi diminuisce all'aumentare della sollecitazione; comunque per le normali sollecitazioni ammesse nelle costruzioni (minori di 1/3 del carico di rottura) esso può essere considerato praticamente costante; il suo valore medio risulta in tal caso dipendente dalla resistenza a compressione, e questa dipendenza può essere espressa dalla formula (del Laboratorio Federale di prova dei materiali di Zurigo):
dove σR rappresenta la resistenza a compressione determinata sui provini cubici regolamentari (espressa in kg./cmq.).
In detto campo di sollecitazioni il coefficiente di Poisson risulta nell'ordine di grandezza di 1/6.
Sotto l'azione di carichi agenti per lunga durata il calcestruzzo subisce deformazioni lente nel tempo, che si chiamano deformazioni viscose, la cui entità dipende: a) dalle caratteristiche del cemento, b) dalle intensità del carico: le deformazioni viscose aumentano all'aumentare del carico, e, per carichi inferiori di 1/3 del carico di rottura, risultano praticamente proporzionali all'intensità del carico stesso. In questo campo di sollecitazioni si può quindi definire una viscosità specifica, deformazione viscosa prodotta da una tensione unitaria Evs, per cui la deformazione viscosa prodotta da una tensione σ risulta: εv = εsv σ; c) dalla durata del carico: le deformazioni viscose aumentano nel tempo tendendo, per sollecitazioni inferiori alla resistenza a rottura sotto carichi di lunga durata, asintoticamente ad un valore limite. La dipendenza delle trasformazioni viscose dal tempo può essere espressa dalla formula:
essendo εv,∞ la deformazione viscosa per un tempo infinito; d) dall'età del calcestruzzo al momento dell'applicazione del carico; quanto maggiore è detta età, tanto minori risultano, a parità di condizioni, le deformazioni viscose; e) dal dosaggio di cemento e dal rapporto acqua-cemento: le deformazioni viscose sono tanto maggiori quanto maggiori sono detti fattori. Ciò si spiega facilmente se si pensa che, verificandosi i fenomeni viscosi essenzialmente nella pasta legante, essi devono risultare tanto maggiori quanto più grande è la percentuale di pasta legante presente nel calcestruzzo e quanto minore è la sua densità; f) dal grado di umidità dell'ambiente in cui stagiona il calcestruzzo: le deformazioni viscose sono tanto minori quanto maggiore è l'umidità relativa ambiente, e sono minime per stagionatura in acqua.
Dopo un breve aumento di volume, provocato all'inizio della presa dal riscaldamento cui il processo di idratazione del cemento dà luogo, il calcestruzzo, che si faccia stagionare in ambiente a grado di umidità costante, subisce una contrazione la cui entità aumenta nel tempo per tendere asintoticamente ad un valore finale.
Questo fenomeno si chiama il ritiro del calcestruzzo; la sua entità dipende:
a) dalla natura del cemento e dalla sua finezza di macinazione;
b) dal dosaggio di cemento e dal rapporto acqua-cemento: quanto maggiori sono questi fattori, tanto maggiore generalmente risulta il ritiro, che ha la sua sede nella pasta legante;
c) dal grado di umidità dell'ambiente in cui stagiona il calcestruzzo: il ritiro è tanto minore quanto maggiore è detto grado di umidità ed è minimo per la stagionatura in acqua.
Il ritiro dà luogo a forti tensioni interne nel calcestruzzo che producono fessurazioni microscopiche nella pasta legante. Negli elementi di cemento armato esso dà luogo a tensioni di compressione nelle armature, mentre il calcestruzzo circostante è sollecitato a tensione. Nelle strutture iperstatiche il ritiro dà luogo a stati di coazione generali.
Al variare dello stato igrometrico ambiente il calcestruzzo subisce rigonfiamenti e contrazioni della stessa natura del ritiro: la loro entità diminuisce al crescere dell'età del calcestruzzo.
Il Freyssinet ed in seguito altri autori, applicando le leggi dei fenomeni capillari allo stato dei corpi pseudosolidi in relazione al grado igrometrico ambiente, alle sue variazioni ed allo stato di sollecitazioni del corpo, hanno sviluppato una teoria che, pur presentando ancora molte cause di incertezza, specialmente per quanto riguarda la validità delle leggi della capillarità per gli interstizî esistenti nella pasta di cemento idrato, dei quali ancora mal si conoscono la natura e le dimensioni, permette di dare un'interpretazione qualitativa dei fenomeni del ritiro, delle deformazioni viscose, dei fenomeni di elasticità susseguenti, nonché delle deformazioni che il calcestruzzo presenta al variare del grado di umidità della atmosfera ambiente.
Bibl.: L. Santarella, Il cemento armato, I, 10ª ed., Milano 1945; E. Freyssinet, Une révolution dans la technique du béton, Parigi 1936; J. Bolomey, articoli varî in Bulletin Technique de la Suisse Romande; Institut Technique du Bâtiment et ds Travaux Publics, Parigi, numerose pubblicazioni negli Annales, Circulaires, Comptes Rendus (R. L'Hermite ed altri autori); J. Faury, Le béton, Parigi 1942; Makcheef, Manuel du béton vibré, Parigi 1939; R. Grün, Der Beton, Berlino 1943; A. Hummel, Das Beton-ABC, Berlino 1939; A. Voellmy, Bindemittel, Zurigo 1943; Handbuch der Werkstoffprüfung, III, Berlino 1941; Taschenbuch für Bauingenieure, Berlino 1943; Civil Engineering Handbook, New York e Londra 1940.