calcio
Tribù in campo
Sport di squadra che ha origini antiche, ma che nella sua versione moderna è nato in Gran Bretagna a metà dell'Ottocento, il calcio, grazie alla televisione, è diventato il più grande spettacolo del mondo: 40 miliardi di telespettatori hanno seguito il campionato mondiale del 2002
Nessuno poteva immaginare che il gioco del calcio, seguito nei suoi primi passi da pochi appassionati, avrebbe conosciuto, nell'arco di poco più di un secolo, una diffusione così impetuosa e universale. Le ragioni del suo enorme successo sono tuttora oggetto di analisi. Fra gli sport di squadra, il calcio (o, all'inglese, football, da foot "piede" e ball "palla") è uno dei più semplici e di più immediata comprensione. Per entrare nello spirito del gioco non occorre essere intenditori raffinati.
Secondo le suggestive interpretazioni di alcuni studiosi, il calcio è profondamente radicato nell'animo dell'uomo, perché riproduce su un campo sportivo l'antica logica della tribù: un gruppo in serrata competizione con altri gruppi per imporre la propria superiorità. Sarebbe quindi una simulazione della lotta per il potere. È un fatto che i successi nel calcio stimolano al massimo l'orgoglio nazionale. L'inattesa affermazione della Grecia nel campionato d'Europa 2004 ha dato vita a imponenti manifestazioni che hanno coinvolto per giorni l'intero paese, a partire dalle sue massime autorità. A livello nazionale, la rivalità fra le città, le cui squadre di calcio si contendono il titolo di campione, è molto accesa e purtroppo non di rado degenera in fenomeni di violenza.
Giochi con la palla esistevano sin dalla preistoria e in tutti i continenti. Il calcio moderno, nella sua versione attuale, è però nato in Gran Bretagna, nell'ambiente studentesco dei college. Il fatto che si giochi in 11 è quasi certamente dovuto alla struttura delle camerate, dove alloggiavano 10 studenti e 1 istruttore. All'inizio il gioco veniva praticato con i piedi e con le mani, poi si arrivò a una separazione che diede vita a due diverse discipline sportive: il rugby e il football. In quest'ultimo gioco, soltanto il portiere può toccare il pallone con le mani, stando nella propria area. Gli altri giocatori devono manovrarlo con i piedi o con la testa. La nascita ufficiale del gioco del calcio si fa risalire al 26 ottobre 1863, quando 11 squadre dell'area di Londra si diedero appuntamento per unificare i loro regolamenti e diedero vita al primo codice comune di norme.
Dalla Gran Bretagna, dove raggiunse presto una solida organizzazione, il football, nell'ultima parte del 19° secolo, si diffuse a macchia d'olio in Europa e nell'America Meridionale. La potente flotta inglese manteneva stretti rapporti commerciali con i principali porti del Mediterraneo e dell'Atlantico; i marinai, una volta scesi a terra, davano vita ad accanite partite di calcio, attirando la curiosità delle popolazioni locali, che si univano a loro. Non a caso, le città di mare furono le prime a conoscere e a sviluppare il nuovo sport.
In Italia la prima squadra calcistica nacque a Genova, nel 1893: si chiamava, appunto, Genoa 1893. Cinque anni dopo, nel 1898, fu disputato il primo campionato italiano e il Genoa vinse le tre edizioni iniziali. Cominciarono intanto a svilupparsi le prime competizioni internazionali, ma soltanto nel 1930 fu possibile organizzare un campionato del mondo di calcio, che si sarebbe ripetuto ogni quattro anni: lo vinse l'Uruguay, che ospitava la manifestazione, alla quale rinunciarono a partecipare quasi tutte le nazionali europee per gli alti costi della spedizione e la difficoltà dei trasporti. Quattro anni dopo toccò all'Italia organizzare il secondo campionato del mondo, questa volta onorato da una partecipazione molto più nutrita. La squadra italiana trionfò nella finale di Roma contro la Cecoslovacchia e confermò la sua superiorità nella successiva edizione dei mondiali, nel 1938 a Parigi. L'Inghilterra, ritenendosi troppo superiore agli altri, non partecipava alle competizioni internazionali.
Con la Seconda guerra mondiale in pratica si chiuse l'epoca del calcio dei pionieri. Alla ripresa dell'attività, in Italia si affermò una squadra imbattibile, il Grande Torino. Il 4 maggio 1949 l'aereo che riportava in patria i calciatori torinesi da una trasferta in Portogallo si schiantò contro la collina di Superga: tutti i giocatori e i tecnici morirono nel rogo. Per l'Italia fu un'emozione tremenda.
Dagli anni Cinquanta in poi si è sviluppato impetuosamente il fenomeno del professionismo, che nel tempo ha portato i calciatori al livello dei divi dello spettacolo, quanto a popolarità e ricchezza. In Italia il concorso pronostici sulle partite di calcio, il totocalcio, ha finanziato a lungo l'intero sport nazionale.
L'avvento della televisione ha proiettato il calcio in una dimensione universale. Continenti quali l'Africa e l'Asia, che erano sempre stati esclusi dal calcio importante, si sono affacciati alla ribalta. Il campionato del mondo del 2002, disputato per la prima volta in Asia (Giappone e Corea del Sud), è stato l'avvenimento con il maggior numero di telespettatori di tutti i tempi: 40 miliardi di presenze complessive, nel mese di gare. Il Brasile, vincitore di cinque titoli mondiali dal 1958 al 2002, è diventato la prima potenza calcistica del mondo. Un brasiliano, Pelé, vincitore di tre titoli mondiali dal 1958 al 1970 e autore di più di 1.000 goal in carriera, è considerato il più forte calciatore di tutti i tempi. L'Italia non è più riuscita a ripetere i trionfi d'anteguerra, pur vincendo un campionato d'Europa nel 1968 e il suo terzo campionato del mondo nel 1982.
Da sempre argomento di dispute accese, da bar ma non solo, il calcio negli ultimi anni è stato spesso oggetto di polemiche vere e proprie: a essere in discussione, però, non sono più soltanto il valore dei giocatori, la loro abilità in campo, le scelte degli allenatori o le sviste degli arbitri. I titoli dei giornali spesso riportano notizie che ci mostrano aspetti di degenerazione di questo sport: a fare scalpore sono gli ingaggi stratosferici dei calciatori, il ricorso al doping come garanzia di prestazioni spettacolari, gli episodi di violenza delle tifoserie fomentate da un clima generale di esaltazione che ha ben poco di sportivo.
Ci si chiede che cosa abbia portato al determinarsi di questa situazione: certo, ha concorso l'attenzione spasmodica dei media, che ha sollecitato la moltiplicazione delle gare, scatenando la parallela disputa sui diritti televisivi e costringendo i non appassionati a slalom tra dirette, differite e serrati dibattiti prima e dopo la partita. Insomma, poco o niente a che vedere con la genuinità dello sport di cui sono stati indimenticabili protagonisti Pelé, Di Stefano e altre glorie del passato calcistico.
Il gioco del calcio oppone due squadre formate da 11 giocatori ciascuna, su un terreno di gioco lungo da 100 a 110 m e largo da 64 a 75. Alle estremità del campo sono collocate due porte, larghe 7,32 m e alte 2,44, formate da due pali sormontati da una traversa. La partita ha la durata di 90 minuti, suddivisi in due tempi di 45 minuti ciascuno. Un arbitro, affiancato da due collaboratori che agiscono sulle linee laterali, è incaricato di far rispettare il regolamento. Vince la squadra che riesce a segnare più goal (parola inglese che significa "meta, traguardo"), cioè a mandare il pallone nella porta avversaria. Solo uno degli undici giocatori, il portiere (che veste una casacca diversa dai compagni di squadra e che ha il compito di evitare il goal) può toccare il pallone con le mani, nella propria area.
A differenza di altri giochi di squadra, il calcio consente il pareggio, ma nel caso che la partita debba attribuire un titolo, se i 90 minuti terminano a parità di goal, vengono disputati due tempi supplementari di 15 minuti ciascuno. In caso di ulteriore parità, un tempo si procedeva al sorteggio, mediante il lancio della monetina da parte dell'arbitro. Attualmente si battono 5 calci di rigore (a 11 m di distanza dalla linea di porta): vince la squadra che ne mette a segno il maggior numero.