calciopoli
calciòpoli. – Termine giornalistico con cui si designa lo scandalo che, per le sue dimensioni e conseguenze, ha stravolto il calcio e in generale tutto lo sport italiano. Nella primavera del 2006 una serie di intercettazioni telefoniche effettuate dalla magistratura ordinaria, nell’ambito di una precedente inchiesta, portava alla luce una complessa vicenda di possibili condizionamenti, connivenze e striscianti privilegi in cui sembravano coinvolti importanti dirigenti di alcune squadre di serie A, ma soprattutto alcuni vertici della FIGC (Federazione italiana gioco calcio) e del mondo arbitrale. In partic., le designazioni dei direttori di gara, teoricamente legate in parte a un meccanismo casuale e in parte alla discrezionalità degli organi preposti, si rivelavano invece rispondere, in un torbido gioco di contatti in apparenza assai abituali, a una logica di attenzione e deferenza verso alcuni specifici soggetti, dai contorni difficili da definire, come hanno dimostrato le violente polemiche innescatesi e a distanza di anni tutt'altro che sopite. La magistratura ordinaria in alcuni casi si è limitata a segnalare alla Federazione episodi e conversazioni di suo possibile interesse; e in altri ha aperto diverse inchieste in alcune città italiane, ipotizzando vari reati e di fatto travolgendo vertici e credibilità di tutto il mondo del calcio. Uno degli aspetti cruciali della vicenda è stato proprio il rapporto tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria: quest'ultima, infatti, era ed è caratterizzata, necessariamente, da autorevolezza e mezzi di indagine ben diversi da quelli a disposizione di una federazione sportiva, ma anche da tempi più lunghi e fisiologicamente del tutto inadeguati a quelli di un campionato sportivo e agli eventuali provvedimenti sanzionatori da prendere in tale ambito. L'eventualità di un dualismo di percorsi e i rischi di possibili strumentalizzazioni della loro diversità erano rumorosamente evidenti. Nel panorama già così martoriato da possibili irregolarità e sospetti si inserivano i punti interrogativi riguardanti una struttura di assistenza a professionisti dello sport, la Gea world, di cui facevano parte alcune figure legate, a volte da vincoli anche familiari, a personaggi o ambienti del panorama bancario, del versante tecnico, del mondo dell’informazione. In passato era stata messa da più parti in discussione già la figura del singolo procuratore, sostenendo che per essa, nell’assistere in qualche caso più atleti, esisteva la possibilità di rafforzare determinate richieste per qualcuno di loro ponendo sul piatto della bilancia, implicitamente o meno, le sorti e gli indirizzi professionali di un altro. A maggior ragione, questo dubbio si poneva per un soggetto che, anche lasciando da parte le contiguità con certe leve non più trascurabili nel mondo dello sport (banche, stampa ecc.), poteva annoverare un gran numero di assistiti. L’apertura delle inchieste da parte di diverse procure e lo scandalo ormai inarrestabile hanno rappresentato, di fatto, la fine di tale soggetto nei mesi successivi. Nel giro di poche settimane, a partire dal maggio 2006, si susseguivano le dimissioni del presidente della Federazione F. Carraro e dei responsabili delle strutture di indagine federali, e l’autosospensione, al vertice dell’AIA (Associazione italiana arbitri), di T. Lanese; successivamente, pur dichiarando l’estraneità della scelta rispetto alle vicende in atto, lasciava il proprio incarico anche il presidente della Lega calcio A. Galliani. La Juventus, il club italiano più popolare e titolato a livello nazionale, rinnovava radicalmente sia il consiglio d’amministrazione sia l’organigramma societario, in partic. in seguito alle dimissioni dei due principali suoi dirigenti, il direttore generale L. Moggi e l'amministratore delegato A. Giraudo. Per quel che concerne il corso della giustizia sportiva, mai interrottosi ma condizionato dall’enormità del materiale a disposizione e dalle controversie sulla sua ammissibilità giuridica, le richieste della procura federale sono state pesanti, così come indignate e accorate sono risultate molte difese, che hanno lamentato sostanzialmente di non essere state messe nelle migliori condizioni di spiegare fatti e responsabilità e hanno minacciato in più occasioni il ricorso alla giustizia ordinaria, seguendo in qualche caso anche questa strada. Al termine dei diversi gradi di giudizio sportivo in ambito federale e in seguito alle sentenze pronunciate della Camera di conciliazione e arbitrato del CONI (Comitato olimpico nazionale italiano), le decisioni principali hanno riguardato la Juventus, che veniva privata dei titoli italiani del 2005 e 2006, retrocessa d’ufficio in serie B e sottoposta a un'ulteriore penalizzazione di 9 punti nel campionato seguente; il Milan, sanzionato con 8 punti di penalizzazione; la Lazio (3 punti); la Fiorentina (15 punti); e, successivamente, la Reggina (11 punti). A questo si aggiungeva la perdita del titolo a disputare eventuali competizioni internazionali grazie alla classifica acquisita nel proprio torneo (ma il Milan riusciva a riguadagnare l’accesso alla Champions league disputando una fase preliminare). Le sanzioni nei confronti dei dirigenti sono state invece diramate in varie date successive e i provvedimenti più pesanti si sono resi definitivi diversi anni dopo, sostanzialmente a causa dei ricorsi ai vari organi competenti e alle modifiche nel frattempo apportate a determinate normative statutarie: nell'aprile 2012 Moggi, Giraudo e l'ex vicepresidente federale I. Mazzini esono stati definitivamente radiati dalla FIGC. Nel frattempo si erano svolti i processi penali, a Roma per quel che riguardava la Gea e a Napoli, sede dell'inchiesta principale, nel cui ambito l'accusa più grave era quella di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. La sentenza di primo grado del cosiddetto processo Gea è arrivata nel gennaio 2009, quella di secondo grado nel marzo 2011: quest'ultima ha riconosciuto Moggi colpevole di violenza privata e il figlio Alessandro di tentata violenza privata. L'accusa di associazione per delinquere era caduta; gli altri imputati sono statiassolti, come già in primo grado. A Napoli il dibattimento per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato è iniziato nell'autunno 2008 ed è terminato nel dicembre 2009 con quattro condanne (Giraudo, T. Pieri, P. Dondarini e Lanese); gli imputati assolti sono stati sette. Il dibattimento con rito ordinario è cominciato nel gennaio 2009 e si è concluso nel novembre 2011, con altre sedici condanne: tra le più pesanti quelle di Moggi, P. Bergamo, Mazzini, P. Pairetto e M. De Santis; otto gli imputati assolti. Escluse, invece, tutte le istanze risarcitorie contro la Juventus. Tali esiti sono relativi soltanto al primo grado di giudizio. Nel corso dei procedimenti la difesa di alcuni imputati ha prodotto e ha reso noti altri documenti, che avrebbero dimostrato il coinvolgimento nella vicenda di ulteriori società e dirigenti: tale materiale, secondo i legali, avrebbe dovuto essenzialmente ridimensionare la portata dei comportamenti ritenuti illeciti o avrebbe comunque chiamato in causa altri soggetti. In partic., il nodo del contendere riguardava i contatti telefonici tra dirigenti di club e designatori arbitrali, una prassi rivelatasi piuttosto abituale nel nostro Paese. Tra mille polemiche, di merito e di metodo, il dato che emergeva era che tale documentazione era stata necessariamente assente nella sede del processo sportivo, ormai concluso. Il procuratore federale S. Palazzi ha dovuto quindi aprire tra il 2010 e il 2011 un nuovo filone di inchiesta sportiva (calciopoli-bis). Tali indagini si sono chiuse nel giugno 2011 con la contestazione di violazioni delle norme di lealtà, correttezza e probità a diverse società e tesserati che non erano stati coinvolti nei processi sportivi del 2006, soprattutto a carico dell'Inter; tuttavia in tale occasione non si è proceduto ad alcun deferimento perché i fatti erano ormai caduti in prescrizione. La Juventus, che già in diverse sedi sportive aveva in sostanza chiesto, inutilmente, la revoca dello scudetto 2006 assegnato d'ufficio all'Inter, nel febbraio 2012 ha inoltrato ricorso alla Corte d'appello di Roma contro tali sentenze sportive.