CALCO (dal gr. χάλκεος, χαλκοῦς "moneta di bronzo")
Presso i Greci era l'unità monetale del bronzo. Questa, fatta di solito di brutti pezzi e di pessimo conio, era dagli Ateniesi tenuta in poco conto in confronto delle monete antiche d'oro e d'argento, ben tagliate e sonanti (Aristoph., Ranae, v. 725).
Il calco era diviso normalmente in 7 λεπτά, dette ad Atene κόλλυβα (Polluce, IX, 63, 65, 72, 92; cfr. VII, 170) e aveva i suoi multipli (dicalco, tetracalco, ecc.). Par certo che in Atene, nel sec. V a. C., il rapporto monetale fra rame e argento era di 1:48, occorrevano quindi 48 calchi o 336 kollyba per fare 1 dramma d'argento; il calco equivaleva perciò all'ultima divisione dell'obolo, l'ἡμιταρτημόριον, che era pure = 1/48 di dramma; e occorrendo poi 6 oboli per fare 1 dramma, 1 calco equivaleva a 1/8 d'obolo. Tale rapporto fra rame e argento andò però variando col tempo: il Lenormant (in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq., s. v. Chalcus) tentò di fissare tali variazioni per il periodo alessandrino e lagida; recenti studî hanno modificato le sue conclusioni. Nel bronzo alessandrino tardo si classifieano come καλκοῖ alcune delle monete anepigrafi descritte da G. Dattari, in Riv. it. di Num., 1900, p. 378 segg. Il χαλκοῦς, un ottavo di obolo, manca alla serie imperiale alessandrina dopo Vespasiano, e riappare solo nei documenti dal secolo II al III d. C., specie nei conti delle imposte, citato coi suoi multipli. Dal sec. V in poi, per la riforma di Anastasio (498 d. C.), l'Egitto pose in circolazione anche i χαλκοῦ μυριάδες "le miriadi di rame (cfr. Milne, The currency oj Egypt in the fifth century, in Num. Chron., 1926, pp. 43-92; A. Segrè, Metrologia e circolazione monetaria degli antichi, Bologna 1928, p. 488 e nota 4).