CALEGARI (Callegari)
Famiglia di musicisti attivi nel Veneto. I più noti sono Giuseppe e il fratello Antonio, detto il seniore rispetto al nipote Luigi Antonio. Secondo il Garbelotto, sarebbero figli di Angelo e di Anna Albanese, padovani.
Giuseppe nacque a Padova nel 1750 c. e fu compositore e impresario teatrale nella sua città. Tenne tale carica, insieme con altri soci, al teatro Nuovo nelle stagioni 1787-1791, poi ancora nelle stagioni 1792-1796 insieme con il fratello minore Antonio. Fin dall'inizio del suo incarico dovette far fronte a numerose difficoltà: l'assenza di molti validi compositori che si trovavano all'estero, il mutamento del gusto del pubblico orientato verso l'opera napoletana a partire dal 1763, anno in cui era stata eseguita in Padova L'Olimpiade di A. Sacchini, e la forte concorrenza del teatro degli Obizzi. Egli tentò di sollevare le sorti del teatro Nuovo fondandosi su una politica teatrale che proponesse al pubblico un opportuno equilibrio tra novità e opere di solido repertorio. Nel dicembre 1790 allestì così Gli zingari in fiera di G. Paisiello (novità) e nel febbraio 1791 Giannina e Bernardone, capolavoro di D. Cimarosa ben noto al pubblico, il cui esito trionfale gli rese possibile scritturare la celebre cantante Luigia Todi per la stagione estiva. L'incarico d'impresario fu così rinnovato ed egli tentò di risolvere i contrasti con il teatro degli Obizzi.
Delle quattro stagioni teatrali, tradizionalmente due - carnevale e fiera del Santo - spettavano al Nuovo, due - autunno e primavera - agli Obizzi. Giuseppe presentò un progetto che prevedeva l'apertura del Nuovo per tutte e quattro le stagioni, con il seguente programma: primavera: commedia; fiera del Santo: opera seria; autunno: opere buffe con balli; carnevale: commedia con intermezzi in musica e opere buffe con balli. Tale progetto fallì, come si ricava da una deliberazione in data 27 ag. 1792 firmata da A. Foscarin e G. Renier. Al teatro Nuovo furono assegnate le stagioni di fiera giugno luglio e di autunno, agli Obizzi quelle di primavera e, fatto di grande importanza, di carnevale.
La fortuna di Giuseppe cominciò a declinare da questo momento per l'impossibilità di allestire spettacoli durante la fondamentale stagione di carnevale e per l'incapacità a seguire ancora una volta il mutato gusto del pubblico. In sostanza egli si trovò a operare nel momento storico che segnò il massimo successo e poi il rapido declino dell'opera napoletana nel gusto del pubblico padovano. Già nella stagione 1791-92 si verifica il significativo insuccesso de Le trame deluse di Cimarosa e della Modista raggiratrice di Paisiello (quest'ultima opera ben nota e di sicuro successo, secondo il punto di vista del Calegari). Nel 1796 la situazione del teatro Nuovo appare compromessa: l'incarico non gli fu rinnovato ed egli entrò definitivamente nell'ombra. Morì a Padova nel 1812.
L'attività di compositore può essere considerata minore a tutti gli effetti: compose le opere L'isola disabitata (libretto di Metastasio, Padova, seminario, 1770); Il convitato di pietra (libretto di P. Pariati, teatro S. Cassano, Venezia 1777); Zenobia in Palmira (libretto di Metastasio, teatro di corte, Modena 1779); Artemisia (libretto del conte M. N., teatro S. Benedetto, Venezia, maggio 1782);inoltre, l'oratorio Betulia liberata (libretto del Metastasio, seminario, Padova 1771)e il componimento sacro Il Natal d'Apollo (libretto di S. Mattei, accademia privata, Padova 1783).Controversa è l'attribuzione della cantata Ezzelino (Padova 1776), riferita dal Brunelli ad Antonio, ma recante il nome di Giuseppe nel manoscritto conservato all'Archivio del Santo in Padova. Coltivò forse anche la musica sacra, ma nulla di certo è pervenuto.
Antonio, nato a Padova il 17 febbraio del 1757, fu allievo di un certo J. Scalabrin, detto il Fantoncino, ed entrò presto in contatto con F. Turrini, illustre allievo di F. Bertoni in Venezia. Passò anche lui nella cerchia del Bertoni e, tornato a Padova, dove cominciò a svolgere attività di direttore al teatro Nuovo, contribuì a divulgarne l'opera, curando fra l'altro una esecuzione oratoriale dell'opera lirica Orfeo e Euridice.Ottenuta la carica di direttore, compose l'opera Telemaco in Sicilia (libretto di A. S. Sografi), che andò in scena al teatro Nuovo di Padova il 4 luglio 1792. Il tentativo di adeguarsi allo stile napoletano, soprattutto del Traetta non convinse il pubblico: l'opera, per il cui allestimento erano state spese circa diecimila lire, cadde clamorosamente. La sua carriera non subì tuttavia flessioni ed egli restò al fianco del fratello Giuseppe come impresario nelle stagioni d'opera dal 1792 al 1796. Partecipò, come era nel costume dell'epoca, anche ad accademie private e in una di queste, che si tenne in casa Santorini a Pontecorvo nel 1806, fece rappresentare Laconversazione ossia la farsa in casa,azione familiare drammatica…, da lui scritta e musicata. L'operina è interessante in quanto egli nomina i compositori più ragguardevoli del momento e cioè Cimarosa, Farinelli, Pavesi, Mayr, Palazzi, Paisiello, Traetta, Gazzaniga, oltre naturalmente se stesso e il fratello Giuseppe.
Nel 1801 venne assunto come primo organista nella basilica del Santo; in quel periodo dette anche concerti come violoncellista. Molto incerto è se sia stato a Parigi. Nominato maestro di cappella nella basilica del Santo nel 1814, compose parecchia musica sacra in cui cercò di equilibrare lo stile teatrale (uso naturalistico di certi strumenti quali l'arpa o letrombe; scrittura a forti stacchi tonali tra un versetto e l'altro, per esempio del Gloria o del Credo), con un dotto contrappuntismo alieno, però, da eccessivi artifici. Continuò la tradizione teoretica e speculativa dell'ambiente padovano seguendo le dottrine di F. A. Calegari, del Tartini, del Vallotti e del Sabbatini. Condivise l'ammirazione di quei maestri per la musica di B. Marcello, nel cui stile compose sei Salmi. Non pubblicò le proprie teorie nel campo dell'armonia, ma esse furono divulgate dal discepolo Melchiorre Balbi in Padova nel 1828 (e Milano 1829) nel Trattato delsistema armonicodi A. Calegari.
Morì a Padova il 28 luglio 1828.
Significativo è nel suo trattato il tentativo di assorbire nella speculazione armonica tradizionale le nuove idee implicitamente affermate da G. Rossini fin dai primissimi melodrammi. La teoria del sistema delle modulalazioni secondo la natura delle tonalità segue esplicitamente il p. Vallotti; tuttavia il Balbi, dichiarando di seguire gli orientamenti di Antonio, afferma che la pratica teatrale offre suggerimenti che possono essere accolti in un coerente sistema armonico, specie per quanto riguarda il problema delle modulazioni improvvise e quello più generale dei collegamenti tonali rapidi. Fondamentale in questo senso è il nuovo concetto della "metamorfosi" (viene portata ad esempio la preghiera "Dal tuo stellato soglio" del Mosè rossiniano) in base al quale è possibile giustificare quei cambiamenti tonali non contempiati dall'antica teoria ma motivati dalle esigenze espressive. Interessante, infine, la sua dottrina sul problema delle combinazioni armoniche, che egli considera elevatissime di numero ma non infinite. Riferimenti alle sue teorie sono presenti anche nel suo trattato Modi generali del canto premessi alle maniere parziali onde abbiano a rifiorire le nude e semplici melodie e cantilene giusto il metodo di G. Pacchierotti (Milano 1836). Antonio pubblicò inoltre il Gioco pitagorico musicale col quale potrà ognuno, anco senza saper di musica, formarsi una serie quasi infinita di piccole ariette… composto e dedicato agli amatori delle belle arti, Venezia 1801 (ricordato anche da G. F. Malipiero, nel Filo d'Arianna, Torino 1966, p. 134). Nel 1802 l'opera fu tradotta in francese e pubblicata a Parigi col titolo L'art de composer de la musique sans connaître les elements.In questo piccolo libro s'insegnano semplici formule fisse per inventare una melodia su un metro poetico prestabilito e gli esempi sono condotti su versi del Metastasio; esso, però, ebbe critiche acerbe per l'apparente casualità del metodo.
Le composizioni di Antonio, conservate in manoscritto nell'Arch. della cappella musicale del Santo, comprendono numerosissimi pezzi sacri, azioni sacre, feste teatrali, cantate occasionali, ecc.; si ricordano ancora l'opera Le due sorelle incognite, Padova 1783, e la cantata Il Medoaco e le sue ninfe, Bassano 1784.
Luigi Antonio, nato a Padova nel 1780 circa, fu conosciuto come nipote di Antonio Calegari il seniore e fu forse figlio di Giuseppe. Operista di notevole fama, fu sufficientemente noto anche fuori dell'ambiente padovano. Nel primo quarto dell'800 prevaleva al teatro Nuovo l'opera buffa, ma il gusto del pubblico si era sensibilmente affinato. Allineato fortemente con le tendenze della scuola napoletana, egli dette buone prove nelle sue prime opere Il matrimonio scoperto (libretto di G. Artusi, Padova, autunno 1804), Erminia (libretto di Buonavoglia, teatro S. Moisè, Venezia 1805), La serenata (teatro Nuovo, autunno 1806) e Amor soldato (libretto di M. Tassi e G. Rossi, Venezia aprile 1807, teatro S. Benedetto). Quest'ultima opera può essere considerata il più importante successo raggiunto dal musicista e fu ripresa più volte a Padova nel 1809 e a Trieste nel 1812. La sua fortuna declinò rapidamente a seguito della prepotente affermazione del melodramma rossiniano (La cambiale di matrimonio fuinfatti rappresentata a Padova nel 1811 durante la stagione della fiera del Santo). Morì a Venezia nel 1849.
Altre opere composte da lui furono: La giardiniera (Roma, teatro Valle, autunno 1808), Irene e Filandro (Venezia, teatro S. Giovanni Grisostomo, 1808e anche Padova, teatro Nuovo, fiera del Santo 1808), Raoul di Crequi (libretto di G. Artusi, Parma, teatro Imperiale, carnevale 1808, e anche Padova, teatro degli Obizzi, autunno 1816), Il prigioniero (libretto di G. D. Camagna, Venezia, teatro S. Moisè, carnevale 1810), Saul (da V. Alfieri, Venezia, esecuz. privata 1821, con l'utilizzazione del forte piano organistico inventato da G. Trentin). Nell'Archivio della cappella musicale del Santo a Padova sono conservate manoscritte sei cantatine di F. Pimbiolo degli Engilfreddi da lui musicate con l'accompagnamento del pianoforte; sono datate: Padova, 15 apr. 1808.
Bibl.: L. Menin, Elogio funebre di Antonio C., Padova 1828; F. Caffi, Storia della musica sacra nella già cappella ducale di S. Marco in Venezia dal 1318 al 1797, I, Venezia 1854, p. 463; G.Tebaldini, L'arch. musicale della cappella antoniana, Padova 1895, pp. 88-102, 117, 129; B. Brunelli, I teatri di Padova, Padova 1921, pp. 162, 180, 216-311, 331, 333-335, 355, 448; A. Garbelotto, Piccola encicl. musicale padovana, in Padova e la sua provincia, XVII(1971), 10, pp. 20-23; F. J. Fétis, Biographie univ. des musiciens, II, Paris 1860, p. 152; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 277; Suppl., p. 146; Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 20; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 1510-1511; La Musica, Diz., I, Torino 1968, p. 326.