CALENDA DI TAVANI, Andrea
Nacque nel 1831 a Nocera Inferiore (Salerno). Nel 1853 entrò, con il fratello Vincenzo, nella Consulta di stato napoletana - tre anni dopo fu promosso sottoprefetto nel circondario di Geraci. Nel 1859 era sotto intendente a Gallipoli quando fu sospeso dal governo borbonico per aver lasciato festeggiare la vittoria di Solferino. Dopo la liberazione del Mezzogiorno, nel 1860, fu governatore della provincia di Lecce. Nel 1862 fu inviato in missione a Torino presso il ministero dell'Interno, dove collaborò con i ministri Peruzzi e Spaventa fino al trasferimento della capitale a Firenze. In uno scritto del 1865 sulle circoscrizioni amministrative mostrò di aderire pienamente alla tradizione liberale di decentramento amministrativo e sostenne la tesi - approfondita trent'anni dopo - di un ordinamento regionale che superasse la tradizionale divisione in province, circondari e mandamenti. Nel 1867 fu nominato direttore generale delle imposte. Fu quindi prefetto a Forlì, Ravenna, Alessandria, Messina, Bari, Ancona, Palermo e infine Roma. Nel 1890 fu nominato senatore, partecipò attivamente ai lavori dell'assemblea e fu, tra l'altro, relatore del progetto di riforma delle funzioni delle autorità governative e amministrative nelle province. Era prefetto di Roma quando il 19 ag. 1893 scoppiarono violente dimostrazioni di protesta per i sanguinosi incidenti tra operai italiani e francesi a Aigues-Mortes. A Roma venne assalito il palazzo Farnese, sede dell'ambasciata francese, abbattuti gli stemmi pontifici del seminario francese di S. Chiara, assediata anche l'Accademia di Francia. Il 20 agosto, assente Giolitti, il sottosegretario all'Interno Rosano sospese il prefetto e nominò una commissione d'inchiesta - composta dal senatore Canonico, dal generale Dal Verme e dal consigliere di Stato Guala - per accertare le responsabilità della mancata protezione delle sedi diplomatiche della Francia.
Nel 1895 pubblicò a Roma un saggio su La regione nell'ordinamento amministrativo italiano in cui rilanciava la tesi del decentramento istituzionale, "cioè la gestione degli affari negli scompartimenti del territorio del Regno a fronte del potere centrale, per quanto concerne tutela dell'ordine pubblico, finanze, lavori pubblici, agricoltura e commercio". Si trattava in definitiva di una proposta molto simile ai progetti fatti propri dal Alinghetti nei primi anni dell'unificazione, e si configurava la regione come un "consorzio obbligatorio tra le Provincie che la compongono per le spese relative: 1º agli Istituti d'istruzione superiore, agli Archivi Storici, alle Accademie di belle arti; 2º ai lavori pubblici per fiumi, torrenti, ponti, argini e strade…" e a poche altre attribuzioni. L'affermazione del C. di volere un decentramento istituzionale e non burocratico era contraddetta dal sistema di rappresentanza proposto: un governatore come commissario regio e un consiglio di delegati delle province. L'autorità non proveniva democraticamente dal basso ma scendeva oligarchicamente dall'alto.
Il C. morì a Roma il 4 ag. 1904.
Fra i suoi scritti: Ramondello Orsini. Storia napolitana del Trecento, Trani 1886; Patrizi e popolani del Medio Evo nella Liguria occidentale, Trani 1891-92; Fra' Tommaso Campanella e la sua dottrina sociale e politica di fronte al socialismo moderno, Nocera Inferiore 1895; Tre famiglie del Napoletano nel secolo che muore, Trani 1898.
Fonti e Bibl.: D. Farini, Diario di fine secolo, a c. di E. Morelli, Roma 1962, p. 320; B. Lomonaco, La regione nell'ordin. amministrativo italiano, in La giustizia amministrativa, VI(1895), pp. 29-35; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Milano 1940, I, p. 181; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica…, Milano 1964, p. 188; Diz. del Ris. naz., II, p. 485.