calendario giuliano e gregoriano
Al tempo di D. vigeva immutato da quattordici secoli il c. giuliano, introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.: si trattava di un c. soddisfacente che, seppur non perfetto, aveva eliminato gravi inconvenienti. La difficoltà di un buon c. è sempre consistita non tanto nella precisione del calcolo astronomico (sul quale gli antichi ottennero notevole precisione) quanto nell'applicazione pratica ed empirica di esso, cioè nella possibilità concreta di conciliare l'anno ‛ tropico ' con l'anno ‛ civile '. La rivoluzione tropica del sole, ossia il periodo che impiega il sole (in apparenza) per ritornare all'equinozio di primavera, ha la durata di 365d, 5h, 48' e 46". Il c. giuliano computava l'anno civile in 365 giorni e 6 ore: queste 6 ore naturalmente venivano tralasciate, ma si dovevano poi ricuperare, e per ricuperarle si intercalava un giorno ogni quattro anni (6h X 4 = 24h). Tale giorno venne detto ‛ bisesto ', da bis sextus (ante) Kalendas Martias, poiché veniva intercalato fra il sesto e il quinto giorno prima delle calende di marzo, ossia fra il 24 e il 25 febbraio, e l'anno di 366 giorni venne detto ‛ bisestile '. Il giorno bisesto quadriennale avrebbe rappresentato una soluzione semplice e pratica, se non fosse rimasta una piccola eccedenza. Infatti fra l'anno effettivo e l'anno giuliano c'è una differenza di circa 12 minuti in più per l'anno giuliano: 12 minuti che in 5 anni fanno un'ora e in 120 anni un giorno e in 1200 anni dieci giorni (ma con maggior esattezza la differenza è di 11′ 14″, e per ottenere dieci giorni di scarto occorre un maggior numero di secoli: v. sotto). Al tempo di D. l'anno civile era indietro rispetto all'anno tropico di circa otto giorni: il che significa che l'equinozio di primavera (primo giorno di primavera e inizio dell'anno astronomico) anziché il 21 marzo cadeva il 13 marzo, cosicché il 21 marzo era un equinozio convenzionale e non reale.
Ma prima che gennaio tutto si sverni / per la centesma ch'è là giù negletta (Pd XXVII 142-143): questa espressione mostra che D. era al corrente dell'eccedenza annuale del c. giuliano (problema del resto affrontato da Giovanni da Sacrobosco, Roberto Grossatesta, Ruggero Bacone). Tale eccedenza egli chiama (arrotondando) la centesma, ossia la centesima parte del giorno (che in realtà è: 24h X 60′: 100 = 14' 40″), e dice che col passare dei millenni, rimanendo non calcolata (negletta), avrebbe finito col far uscire dall'inverno (tutto si sverni) il mese di gennaio: nel senso che il presunto equinozio di primavera, già sensibilmente arretrato, avrebbe finito coll'arretrare così enormemente rispetto all'equinozio effettivo, che non sarebbe più caduto nel mese di marzo, né in quello di febbraio o di gennaio, al punto che il primo giorno di gennaio - sia pure in un futuro remotissimo - avrebbe coinciso con l'inizio della primavera. In tal modo il mese di gennaio sarebbe caduto in un periodo che erroneamente gli uomini avrebbero continuato a chiamare inverno. Tale eccedenza, in continuo aumento, fu compensata ed eliminata su iniziativa di papa Gregorio XIII, nel 1582, quando ormai la differenza fra equinozio convenzionale ed equinozio reale era di 10 giorni circa. L'equinozio fu ricondotto alla data del 21 marzo sopprimendo dieci giorni e passando dal 4 al 15 ottobre. Per evitare che l'inconveniente si ripetesse, si provvide con un nuovo sistema di anni bisestili. Si pensò di introdurre non un anno bisestile ogni 4 anni e quindi 100 anni bisestili ogni 400 anni; ma 97 anni bisestili ogni 400 anni, togliendo 3 anni bisestili in quattro secoli. In pratica si appuntò l'attenzione sugli anni secolari, che furono considerati bisestili solo se in essi il numero dei secoli (le prime due cifre) fosse divisibile per 4: es. 1600 divisibile, 1700 non divisibile, 1800 non divisibile, 1900 non divisibile, 2000 divisibile. In questo modo il c. gregoriano rappresentò un ulteriore progresso sul già progredito c. giuliano: l'anno civile venne ad avere una quasi perfetta coincidenza con l'anno tropico, poiché lo scarto fu di soli 26' in più, e ci sarebbero voluti 3000 anni perché l'eccedenza assommasse a 1 giorno: approssimazione ottimale, tuttora vigente.