CALIGA (lat. calĭga)
La càliga era calzatura dei Romani portata dai militi e dagli ufficiali inferiori, fino al centurione incluso (calceamentum militare; στρατιωτικὸν ὑπόδημα). Questa calzatura era così caratteristica che tutti quei militari che la portavano si dicevano caligati milites. Era formata da una forte suola, ferrata con chiodi spessi e puntuti (clavi caligares), alla quale era cucito un cuoio tagliato in strisce: queste formavano una specie di rete attorno al piede ed al tallone, lasciavano scoperte le dita, e si allacciavano al di sopra della caviglia. Ne abbiamo numerosi esempî nei rilievi storici e funerarî; la forma della caliga è anche riprodotta in alcune lampade fittili. Esemplari di caligae furono rinvenuti nelle regioni settentrionali di Europa (v. fig.).
Uno speciale tipo di caliga più leggiera, e propria degli esploratori (speculatores) era la caliga speculatoria. Al tempo di Diocleziano si ebbe la caliga equestris, menzionata nell'editto sul maximum dei prezzi, che fu probabilmente una specie di calceus proprio dei cavalieri, era di forma più chiusa e abbottonata sul collo del piede. Nello stesso editto di Diocleziano sono menzionate le caligae mulionicae sive rusticae e le caligae muliebres.
Il figlio di Germanico, Gaio Cesare, per il fatto d'essere stato educato al campo, in Germania, e per essere stato vestito da piccolo soldato con le caligae adatte al suo piede, fu chiamato dai soldati Caligola (v.). Rimase anche proverbiale la caliga Maximini, cioè dell'imperatore Massimino, che fu elevato alla dignità imperiale mentre era ancora nei bassi gradi della carriera militare. Con quel detto s'intese indicare ogni ascensione rapida di fortuna; anche di Caio Mario, Seneca (De brev. vit., 17; De ben., 16) disse: caligas dimisit, consulatus exercuit.
Bibl.: E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, I, ii, p. 849 seg.