CALLEGARI (Calegari, Caligari), Santo, il Vecchio
Capostipite di una famiglia di scultori che operò validamente a Brescia dalla seconda metà del secolo XVII agli inizi del secolo XIX, attraverso tre generazioni (il cognome è di origine latina, affine al cognome veronese "Caliari"), nacque a Brescia nel 1662. La tradizione bresciana lo fa scolaro di un discepolo dell'Algardi mentre alcuni (S. Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1887, pp. 88 s.), con un certo seguito, lo asseriscono discepolo dell'Algardi stesso, senza tener troppo conto delle date, essendo l'Algardi morto nell'anno 1654.
Se è evidente nello stile del C. una generica formazione classicheggiante, piuttosto rivolta a fondere la maniera del Bernini con quella dell'Algardi, non è agevole discernere di quale scultore romano di formazione algardiana egli possa essere stato discepolo. Si potrebbe fare il nome tanto del Ferrata, quanto del Raggi: lombardi ambedue, scomparsi però ambedue nel 1686, troppo presto forse per esercitare un efficace influsso sul Callegari. Sarà perciò più opportuno pensare che si sia formato nell'ambiente romano degli ultimi decenni del secolo, nel quale ormai prevaleva la tendenza a fondere le due maniere del Bernini e dell'Algardi in un linguaggio tra classicheggiante e barocco.
Non si hanno però documenti su un suo viaggio a Roma: tutto si fonda sulla tradizione di scrittori locali, oltre che, naturalmente, sulla maniera dello scultore, nella quale gli elementi romani sono abbastanza evidenti.
Le opere che gli furono attribuite con sicurezza dalle fonti contemporanee e dagli scrittori posteriori non sono molte; tra queste parecchie sono perdute, anche per la demolizione delle chiese e dei palazzi dove si trovavano.
Le prime che si conoscono di lui sono le statue di S. Rocco e S. Sebastiano (1690circa) nella chiesa parrocchiale di Trescore Balneario (Bergamo) che con S. Pietro e S. Paolo, oggi sui cornicioni, erano originariamente sulla facciata; le ultime Marte e Pallade, scolpite e datate 1715, per la facciata del palazzo Martinengo Palatini a Brescia (oggi sul cornicione). Delle altre sue statue non si conosce con certezza la data di esecuzione.
Morì a Brescia nel 1717.
Diamo qui l'elenco delle opere sinora non databili: Bergamo, cattedrale: S. Pietro e S. Paolo (finite dal nipote Santo Callegari il Giovane). Borgo San Giacomo (Brescia), facciata della chiesa parrocchiale: S. Pietro, S. Paolo, S. Rocco.Brescia, chiesa di S. Agata: nella cappella del Sacramento, Carità, Fede, putti ai lati del paliotto dell'altare; nel presbiterio, i Quattro Evangelisti (statue lignee) e putti di stucco alle pareti; S. Maria del Carmine: bassorilievo nel paliotto dell'altare di S. Maria Maddalena dei Pazzi; S. Maria delle Grazie: statua della Vergine sulla fontana del chiostrino; basilica dei SS. Faustino e Giovita: in facciata, due Santi vescovi, S. Faustino, S. Giovita, bassorilievo con il Martirio dei santi patroni;nell'interno, all'altare della Natività, Angeli e Cherubini sulla cimasa, putti sotto la mensa; palazzo Bettoni: fontana con Nettuno e mostri;palazzo Bruni-Conter: fontana con Nettuno.Verolanuova (Brescia), palazzo Gambara: statue ornamentali per il giardino, tra cui Marte e Pallade sui pilastri d'ingresso.
Nel complesso della sua opera il C. non si stacca gran che dalla statuaria del suo tempo: corretto, espressivo ma senza particolare forza, capace di intendere con buon intuito la funzione decorativa delle sue sculture, specie quelle che inseriva nelle facciate, come a S. Faustino, o negli altari come a S. Faustino e a S. Agata; funzione questa che certamente l'esempio della statuaria romana doveva avergli trasmessa. Nel bassorilievo della facciata di S. Faustino riesce, in alcuni punti, piuttosto stentato, specie nell'accordare le figure allo sfondo e tra loro.
Costituiscono una felice eccezione, per forza espresssiva e finezza di modellato, due opere: il piccolo bassorilievo al Carmine di Brescia, con Cristo flagellato che appare a s. Maria Maddalena de' Pazzi;e la statua di S. Sebastiano di Trescore Balneario (Bergamo), lavorata alla martellina in pietra zandobbina d'un bianco cenere.
Dei suoi figli furono scultori Antonio e Alessandro.
Fonti e Bibl.: A. Pasta, Le pitture notabili di Bergamo, Bergamo 1775, p. 16; F. Maccarinelli, Le glorie di Brescia 1747-1751, a cura di C. Boselli, Brescia 1959, p. 114; G. Suardi, Memorie stor. intorno a Trescore e alla sua chiesa, Bergamo 1839, p. 57; P. Guerrini, IlSantuario delle Grazie, Brescia 1923, p. 118; Id., La basilica di S. Giovanni e le sue opere d'arte, Brescia 1930, p. 15; Id., La chiesa prepositurale di S. Agata…, Brescia 1936, p. 27; G. Nicodemi, La scultura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano XI, Milano 1958, p. 537; G. Vezzoli, La scultura dei secoli XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 409-416; C. Boselli, Fatti, opere notizie per la st. della scultura in Brescia…, in Arte lombarda, XVII(1972), 2, pp. 134 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 387.