CALLIMACO (Καλϕλίμαχος, Callimăchus)
Scultore e cesellatore ateniese. Lavorò negli ultimi decennî del sec. V a. C., perché era sua opera la lampada d'oro del tempio d'Atena Poliade all'Eretteo, terminata nel 406. Il serbatoio dell'olio bastava per un anno a fiamma continua, e lo sfogatoio del fumo in bronzo aveva la forma di una palma (Paus., I, 26, 7). Pausania stesso (IX, 2, 7), ricorda pure una statua di Era seduta, detta la sposa, nel tempio della dea a Platea; Plinio (Nat. Hist., XXXIV, 92) accenna alle Spartane danzanti, figure di bronzo nelle quali la finitezza esagerata dell'esecuzione rendeva sgradevole il lavoro. Già i contemporanei avevano dato all'artista l'appellativo di κατατηξίτεχνος, cioè struggitore e consumatore dell'arte, per la minuzia del suo stile, in cui il virtuosismo dei particolari sopraffaceva la creazione plastica. Dionigi d'Alicarnasso (De Isocr., 3) ne vantò la finezza e la grazia, mettendo C. accanto a Calamide (v.). Secondo una tradizione trasmessaci da Vitruvio (IV, 1, 10), C. sarebbe l'inventore del capitello corinzio, per il quale avrebbe preso lo spunto dalle foglie d'acanto cresciute intorno a un cestello coperto da una tegola, posto sulla tomba di una fanciulla a Corinto. Nessun'opera del maestro s'è potuta finora identificare in monumenti antichi. L'artista omonimo che ha firmato un rilievo assai grossolano del Museo Capitolino (Catal. ancient sculpt. Museo Capit., p. 264 segg.) non ha che fare con il nostro artista.
Bibl.: Rumpf, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIX, Lipsia 1926, p. 475.